Il Corredo




Patrizia Rinaldi


Editore: Piemme

Genere: narrativa

Pagine: 256

Anno edizione: 2025


Sinossi. UNA STORIA D’ALTRI TEMPI CHE INCANTA COME UNA FIABA AL PALAZZO DI CAPA GUASTA IL RICCO E DISPOTICO MARCHESE SAVERIO SI CIRCONDA DI GIOVANI VERGINI PER SFUGGIRE A UN DESTINO INFAUSTO MA UNA DI LORO NON È CHI DICE DI ESSERE.

Il cardo va innaffiato con l’acqua che non si aspetta, per estirparlo meglio se affina le spine.

Fine Settecento. Il palazzo di Capa Guasta riflette sull’abisso del mare il suo volto di granito. Alle spalle, una fitta vegetazione tiene lontani ospiti indesiderati. È la dimora del marchese Saverio, capriccioso e ricco nobiluomo che da una vita cerca di fuggire il morbo che ha fatto impazzire quasi tutti i suoi avi. Il suo piccolo feudo è governato da Lauretana, fattucchiera incontrata durante un viaggio. È stata lei a convincerlo che l’unico modo per eludere la malattia fosse isolarsi e unirsi soltanto a vergini: proprio per questo motivo la tenuta è rinomata per la grande accoglienza nei confronti di giovani donne che provengono da altre terre. Altagracia Valiago, bellissima gitana dagli occhi scuri, fugge da un marito violento e arriva con documenti contraffatti alla corte di Saverio, ottenendo l’auspicato asilo. La sua presenza sconvolge un equilibrio precario: il Marchese se ne innamora perdutamente e Lauretana, che vede crollare il suo incontrastato dominio, inizia a dedicarle un odio spietato. Nasce così uno scontro feroce: entrambe le donne arrivano a mettere le mani nei reciproci corredi, bauli colmi di tesori e insospettabili segreti taciuti per anni. Patrizia Rinaldi, maestra della narrativa di genere, scrive un romanzo storico dal fascino fiabesco ambientato in un feudo campano a cavallo di un secolo minore. Una storia che insegna come l’amore sia una forza indomabile, che può scardinare le gerarchie del potere e gettare interi regni nel caos. Lo fa con una lingua unica, partenopea, anticheggiante e magica.


 Recensione

di

Paola Iannelli


La fluida personalità del Marchese Saverio si mescola con l’ambigua pratica della magia nera di Lauretana, serva e governante del Palazzo di Capa Guasta.

Le due eccentriche personalità agiscono all’interno di un perimetro fisico, in cui la realtà si confonde con l’immaginazione, vittime e carnefici del loro agire, complici nel tenere in vita una comunità schiava dei loro subdoli voleri. Fino a quando appare all’orizzonte una giovane orfana, Altagracia Valiago, bella e austera, intenzionata a guadagnarsi l’amore del marchese.

Gli ingredienti per una favola nera ci sono tutti, la strega, la bella e la bestia, una triade che segue un ritmo vorticoso, attraversando gli abissi del male, per poi scoprire di aver fallito.

La tensione passionale anima il gioco, tutti i protagonisti cercano disperatamente di soddisfare i loro voleri, pronti a utilizzare qualsiasi mezzo o misura.

Un’antica maledizione imprigiona la verità, perseguita il Marchese, che cela la sua malinconia fingendo di essere altro da sé stesso. Il codice dei matrimoni combinati non risparmia questo racconto, anche lui è costretto a convolare a nozze con una donna brutta e poco appetibile, ma con una ricca dote.

Altagracia riesce, suo malgrado a solcare il mare in tempesta, per raggiungere la tenuta e divenire l’amante del marchese. Il destino però le riserva sorprese, sebbene riesca a vincere su Lauretana, non otterrà la ricompensa di una vita senza affanni.

Il corredo ricama i suoi orli lungo il telo che si stende lungo l’argine del passato e ci illumina sulla condizione delle donne. In un’epoca dove gli esseri umani pativano ancora la schiavitù, privati di ogni forma di rispetto, come la barbara considerazione che stabiliva il livello di sottomissione delle donne, in base al censo, alla ricchezza e alla loro capacità di procreazione.

Altagracia sfida la sorte avversa, cavalca con foga fuggendo dal deserto emotivo in cui era stata abbandonata, torva la sua oasi, ma tra le piante sono nascoste belve che neanche la più perfida immaginazione può creare.

Lauretana, la megera ricorda la figura della fattucchiera di una tragicommedia spagnola La Celestina, che disegna la figura di una donna avanti con l’età, avida, crudele, che si impossessa della vita del giovane Calisto, innamorato di Melibea. 

Le pratiche alchemiche, le sperimentazioni, sui cadaveri, la lenta agonia che distrugge la fragile personalità del marchese, si adoperano per la creazione di un intreccio che alberga nel labirinto oscuro della vanità.

Altagracia vincerà la sua personale battaglia, grazie a una cassa in cui deposita oggetti che le permetteranno di sopravvivere.

La poetica descrizione dei paesaggi si scontra con la crudezza del registro linguistico dei dialoghi, con i quali gli interpreti lanciano anatemi e amplificano vecchi rancori, rimestando, con cauta parsimonia, il miscuglio di interessi che nasconde le false intenzioni.

Dall’autrice del fantastico racconto poliziesco Blanca, un nuovo capitolo che cede il passo alla memoria, un romanzo che si ambienta nel ‘700, epoca illuminata che nasconde tra le pieghe storie lugubri.

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Patrizia Rinaldi


È nata a Napoli nel 1960. Laureata in filosofia, specializzata in scrittura teatrale, è autrice della fortunata serie gialla Blanca, pubblicata da Edizioni e/o, e della serie della Signora, edita da Rizzoli. Dal 2010 partecipa a progetti letterari presso l’Istituto Penale minorile di Nisida. Il corredo segna la sua prima, personalissima avventura nel territorio del romanzo storico.

A cura di Paola Iannelli

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