Il Duca




IL DUCA 


Autore: Matteo Melchiorre

Editore: Einaudi

Genere: narrativa

Pagine: 464

Pubblicazione: 7 giugno 2022

Sinossi. L’ultimo erede di una dinastia decaduta, i Cimamonte, si è ritirato a vivere nella villa da sempre appartenuta alla sua famiglia. La tenuta giganteggia su Vallorgàna, un piccolo e isolato paese di montagna. Il mondo intorno, il mondo di oggi, nel quale le nobili dinastie non importano piú a nessuno, sembra distante. L’ultimo dei Cimamonte è un giovane uomo solitario che in paese chiamano scherzosamente «il Duca». Sospeso tra l’incredibile potere del luogo, il carico dei lavori manuali e le vecchie carte di famiglia si ritrova via via in una quiete paradossale, dorata, fuori dal tempo. Finché un giorno bussa alla sua porta Nelso, appena sceso dalla montagna. È lui a portargli la notizia: nei boschi della Val Fonda gli stanno rubando seicento quintali di legname. Inaspettatamente, risvegliato dalla smania del possesso, il sangue dei Cimamonte prende a ribollire. Ci sono libri che fin dalle prime righe fanno precipitare il lettore in un mondo mai visto prima. L’abilità dell’autore sta nel mimetizzarsi tra le pieghe della storia, e fare in modo che abitare accanto ai personaggi risulti un gesto tanto istintivo quanto inevitabile. È quello che accade leggendo Il Duca, un romanzo classico eppure nuovissimo, epico e politico, torrenziale e filosofico, che invita a riflettere sulla libertà delle scelte e la forza irresistibile del passato. Con una voce colta e insieme divertita, sinuosa e ipnotica – inusuale nel panorama letterario nostrano – Matteo Melchiorre mette a punto un congegno narrativo dal quale è impossibile staccarsi.

Recensione


Mai avrei creduto di incontrare la discordia proprio qui, a Vallorgàna, dove il peso del mondo si immaginerebbe che sia lieve, e il vivere essenziale e senza scorie, e le leggi umane, antichissime, sempre giuste e ottimamente operanti. Infida. Sleale. Subdola. Meschina. Cosí sarebbe stata la discordia destinata a imperversare, per mesi e mesi, nelle mie giornate, disseminandole di insensatezze, consumando il tempo, infettando e viziando ogni cosa”.

La forza dirompente e distruttrice, ma al tempo stesso (si rivelerà poi) creatrice, della discordia, dell’odio, dell’avidità. Una forza che riesce a travolgere persino il Duca, ultimo erede della casata dei Cimamomonte, che dopo aver venduto il palazzo di famiglia a Berua si rifugia in una quiete apparente nella villa dove si respira la storia della sua stirpe, nel piccolo paese di Vallorgàna. C’è il paese, e c’è la Montagna, coi suoi boschi, tanti boschi, ricchi di alberi, i quali diventano pretesto di una contesa fra il Duca, che vive nel suo mondo nel quale si è ritirato, e Mario Fastréda, anziano allevatore e possidente di Vallorgàna. Il vecchio lo sfida e il protagonista, anziché lasciar perdere, come ci si aspetterebbe da un uomo nobile e dunque superiore per censo e cultura, si lascia contaminare dalla smania di un potere che fino ad allora ha sempre quasi disdegnato.

È questo il filo della storia che Matteo Melchiorre ha intessuto ne Il duca”, romanzo epico, è il caso di dirlo, dove il “maligno” si insinua nel suo protagonista e assistiamo al suo lento e inesorabile cambiamento. Avrebbe potuto evitarlo, il Duca, evitare quella che un po’ alla volta assume i contorni di una vera e propria guerra, destinata a fare le sue vittime, in primis la sua presunta tranquillità, conquistata in dieci anni di convivenza serena in paese, dall’alto del suo privilegio di sangue e di possedimenti, ma con un approccio ben diverso da quello dei suoi avi, che per secoli hanno invece spadroneggiato. A differenza loro, il Duca è stato accolto, Vallorgàna è diventata il suo mondo, ma arriva improvvisamente la discordia a sparigliare tutto. Per altro viene messo sull’avviso da diversi membri della comunità dei rischi che corre a mettersi sulla strada del Fastréda, ma decide di ignorarli, scordando una delle regole numero uno: ascoltare sempre la vecchia saggezza popolare, a dimostrazione che forse lui fino in fondo dentro a questa comunità non era.


Il sangue… quanto è importante il sangue? E quanto lo è il passato?


Il Duca è uno studioso, un erudito, che
“Archeologo di se stesso” come viene definito ad un certo punto dalla giovane Maria, non fa altro che ricercare, ordinare, studiare, conservare, potremmo anche dire venerare, i tanti documenti storici dei Cimamonte.

Cos’altro facevo, infatti, se non scavare senza sosta? La villa, le carte dell’archivio, i dipinti e gli altri oggetti dei miei avi, la Chronica Cimamontium, Vallorgàna, la Montagna; qualsiasi cosa purché escavabile, qualsiasi cosa purché percorrendola al contrario mi consentisse di intravedere le plausibili regioni lontane dalle quali proveniamo io e il mondo in cui vivo”

Non è forse questo uno, se non IL, tema centrale del romanzo?

Qual è il peso specifico del passato nella storia dell’uomo e, in particolare, del Duca?

Egli è quasi dominato dalla propria storia, vive studiando quei documenti, in quegli stessi luoghi ivi raccontati, dove i suoi avi hanno dominato per secoli, ed ora sembrano essere i luoghi a dominare l’ultimo erede, che appartiene ineluttabilmente aVallorgàna.

Il passato è importantissimo, il passato è tutto, un peso però enorme da portare. Conoscerlo dunque dovrà arrivare a diventare non tanto un modo per non fare errori nel presente, ma quanto piuttosto per LIBERARSI.

Liberarsi dal peso di ingiustizie ed efferatezze che il Duca scoprirà fare parte del proprio patrimonio storico (e genetico?) attraverso un documento che l’amico Frangipane gli donerà: la ChronicaCimamontium, documento che approderà nelle sue mani dopo una lunga peripezia, un documento particolare dalla voce più profonda, più nitida, che getterà una luce completamente diversa sulla storia dei Cimamonte e gli farà scoprire un personaggio come Giuseppe Cimamonte, una specie di diavolo incarnato, dalla crudeltà senza confini.

È con questo peso addosso che il Duca si mette a duellare con Fastrèda, in un gioco al continuo rialzo, com’era inevitabile che fosse.

Al suo fianco troviamo diverse figure molto belle, come l’affascinante Maria, colei che scardina tutto, così diversa dal Duca e proprio a causa di queste differenze che lui ne sarà,inconsapevolmente, attratto e troverà in lei un interlocutore determinante in diversi momenticruciali.

Poi c’è Nelso, il boscaiolo, l’amico, il saggio, il fedele, prima di tutto a se stesso, ma anche al Duca.

Fastréda stesso, eroe negativo, dalle molte ombre, ma anche le luci, che andranno a scoprirsi un poco alla volta, è un personaggio degno della massima attenzione.

E poi c’è un altro protagonista importante, la Natura, sotto forma di bosco che si mangia tutto, anche i prati, di eventi atmosferici che modificano e conducono le vite degli esseri umani, estati, inverni, caldo, freddo, siccità, tempeste. Una Natura che l’uomo cerca di piegare ai propri interessi, ma sa anche ribellarsi e farsi sentire.

Un romanzo epico, con un antieroe come protagonista, che conduce il lettore dapprima forse un po’ lentamente, ma poi in modo sempre più spedito e avvincente, lungo i fili annodati dei suoi pensieri e del suo passato verso un presente e un futuro tutti da scoprire e capire. Fra le tele di ragno di Mario Fastréda, le allegre intemperanze di Maria, i consigli e le sfuriate di Nelso, la cura della signora Dina, le caratterizzazioni dei tanti personaggi del paese, il parroco, il barista, e così via.

Un microcosmo che avvince il lettore alla storia e lo condurrà passo passo fino all’epilogo, il tutto raccontato attraverso una scrittura davvero (finalmente) letteraria, anch’essa elegante e nobile come il Duca, cesellata e precisa, che sa arrivare contemporaneamente alla mente e al cuore.

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Matteo Melchiorre


Matteo Melchiorre (1981) dopo aver svolto attività di ricerca presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Università degli Studi di Udine, è diventato ricercatore assegnista presso lo IUAV di Venezia. Si occupa di storia economica e sociale del tardo Medioevo e di edizione di fonti. Tra i suoi saggi storici si ricordano: A un cenno del suo dito. Fra Bernardino da Feltre (1439-1494) e gli ebrei (Unicopli 2012), Conoscere per governare. Le relazioni dei Sindici inquisitori e il dominio veneziano in Terraferma (1543-1626) (Forum 2013), “Ecclesia nostra”. La cattedrale di Padova, il suo capitolo e i suoi canonici nel primo secolo veneziano (1406-1509) (Istituto Storico Italiano per il Medioevo 2014) e Il Chroniconbellunense (1383-1412) di Clemente Miari (Viella 2015). Tra le opere narrative si ricordano: Requiem per un albero. Resoconto dal Nord Est (Spartaco 2004, 2007); La banda della superstrada Fenadora-Anzù (con vaneggiamenti sovversivi) (Laterza 2011), La via di Schenèr. Un’esplorazione storica nelle alpi (Marsilio 2016, Premio Mario Rigoni Stern 2017 e Premio Cortina 2017) e Storia di alberi e della loro terra (Marsilio 2017). Matteo Melchiorre, nato nel 1981, è autore di numerosi saggi storici e reportage narrativi. Questo è il suo primo romanzo pubblicato da Einaudi.

 

A cura di Sara Zanferrari

 poesiedisaraz.wordpress