Recensione di Laura Salvadori
Autore: Alan Parks
Traduzione: Marco Drago
Editore: Bompiani
Genere: noir
Pagine: 356
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Harry McCoy e i suoi colleghi sono sulle tracce di uno psicopatico violentissimo che, ossessionato dalla bellezza di Elaine Scobie, figlia di un gangster locale di cui fa il guardaspalle, ha ucciso in modo orribile il suo fidanzato, un giovane promettente sportivo. La scia di sangue è destinata ad allungarsi. Un impiccato in una cappella. Corpi di ragazze ritrovati nei canali. Nel seguire le tracce di un serial killer, o di un criminale che agisce come se lo fosse, McCoy deve venire a patti col proprio passato di bambino in istituto, alla mercè di un clan di insospettabili uomini di potere che è giunto il momento di punire, anche a costo di deviare dal corso della giustizia ufficiale.
RECENSIONE
Come abbiamo potuto vivere, fino a pochi mesi fa, senza conoscere Harry McCoy? Ignorando la sfuggente e tentacolare Glasgow degli anni 70, privandoci delle atmosfere di piombo, delle droghe che contaminano tutto ciò che trovano, dell’esaltazione e della trasgressione tipica di chi si sente intoccabile? A dire il vero, non saprei!
Ancora una volta, accantonata da diversi mesi la lettura dell’opera prima di Alan Parks e dichiarato ormai il mio amore per Harry McCoy, torno a parlare in termini entusiastici de “Il figlio di febbraio”, secondo episodio della serie.
Vi rammento, con l’ausilio di pochi spunti, chi sia Harry McCoy: un giovane ispettore dal passato tormentato, la cui missione in Polizia altro non è stata che un salvagente in un mare in tempesta, che gli ha impedito di imboccare la strada sbagliata. Un giovane ispettore che, pur conoscendo molto bene il mondo della malavita, pur sentendosene attratto e pur camminando quotidianamente sulla linea di demarcazione tra lecito e illecito, ha un alto senso della giustizia e nell’animo il desiderio e l’urgenza di inseguire i suoi principi. McCoy, che non sopporta la vista del sangue. McCoy, che guarisce il suo mal di vivere con alcol e droghe. McCoy che frequenta gli ambienti più degradati senza battere ciglio.
McCoy ha un trascorso tragico: orfano, ha vissuto l’inferno dell’abuso, un trauma che non ha mai elaborato. Con lui, in quegli anni difficili, c’è Steven Cooper, l’amico che più di una volta l’ha difeso dal male. Cooper però non ha avuto nessun salvagente ed è finito dall’altra parte della barricata, in un mondo fatto di violenza, droghe e ben lontano dalla legge, quella legge che è invece diventata il mantra di McCoy.
Difficile però separare McCoy da Cooper. Impossibile non distinguere ciò che è nero da ciò che è bianco. Difficile e pericoloso, per entrambi, indugiare in un mondo grigio, dove il confine tra bene e male è labile e corruttibile.
E’ impossibile per Harry star lontano da Cooper, perché insieme ne hanno passate tante. Il loro passato è costretto a tornare a galla in “Il figlio di febbraio”, proprio mentre McCoy è impegnato ad inseguire uno psicopatico che sta seminando morte e follie a Glasgow. Il passato li vedrà, uniti, travalicare un confine che fino a quel momento sono riusciti a rendere invalicabile. Il gesto contribuirà a spalancare l’abisso davanti a McCoy, un abisso dove però riuscirà a non precipitare, salvato, ancora una volta, da Murray, il suo superiore, che già in passato gli ha teso una mano.
Personalmente, trovo che in questo secondo romanzo l’indagine, seppure spettacolare e ad alta intensità, ceda il passo al personaggio. “Il figlio di febbraio” è decisamente incentrato sulla figura di McCoy, che non è solamente l’arguto ispettore irreverente, dalle dubbie connivenze con il modo della malavita e dalle abitudini sopra alle righe. In questo romanzo McCoy è soprattutto un uomo. Un uomo, cosciente dei propri trascorsi, consapevole dei propri limiti e delle proprie debolezze, che scende a patti con un passato scomodo e doloroso. McCoy lascerà che il vento inebriante e irresistibile della vendetta soffi sulla sua vita. McCoy lascerà che il vaso contente il suo passato scomodo sia scoperchiato, rivelando un lato sconosciuto di sé. McCoy, cedendo alle lusinghe della vendetta, conoscerà la consolazione e il sollievo del perdono, in un epilogo che riconcilia il lettore con la fatalità del destino.
Leggendo sono arrivata alla conclusione che solo un sottile diaframma separa il modo di vivere di McCoy da quello di Cooper. Entrambi condividono lo strazio di un’infanzia violata; entrambi hanno trovato una risposta nella vita che conducono, che è agli opposti ma che è anche molto simile. Entrambi vivono intensamente una pulsione allo scopo di mettere a tacere il passato una volta per tutte. Li va a distinguere solo l’elaborazione delle conseguenze del loro gesto. McCoy si tortura pensando alle conseguenze delle proprie azioni, animato dall’urgenza di fare solo ciò che è giusto. Cooper “fa male alla gente per mestiere” e come dice lui stesso, “fa solo quello che c’è da fare” per a andare avanti.
Sulla trama posso solo ribadire ciò che già scrissi per “Gennaio di sangue”. Ambientazione da dieci e lode, in una Glasgow umida e malavitosa, in cui le droghe iniziano la loro implacabile ascesa a corrompere e deviare una e più generazioni di giovani, in cui i cattivi sono davvero cattivi senza scrupoli, in cui il sangue è sangue, senza mezzi termini e niente è censurato né edulcorato.
Bellissimi i dialoghi, vere e proprie chicche. Realistici e caratterizzati tutti i personaggi. Un acuto la descrizione dell’ossessione verso Elaine, scritta in prima persona dall’assassino, come azzeccato e d’effetto è la digressione sulla lobotomia, una pratica medica spietata ancora in voga negli anni 70.
Insomma, avrete capito che il mio entusiasmo è alle stelle!
McCoy è il personaggio che mancava nel vasto panorama thriller. Parks è un autore che ha tantissimo da dire e che voglio al più presto leggere di nuovo!
Un anno è fatto di dodici mesi: una considerazione che mi consola e che spero accorci le distanze dal romanzo dedicato a marzo!
Alan Parks
Alan Parks è nato in Scozia e ha lavorato per oltre vent’anni nel mondo della musica. Vive e lavora a Glasgow. Gennaio di sangue, romanzo d’esordio pubblicato da Bompiani, ha ottenuto un enorme successo di critica ed è stato selezionato per il prestigioso Grand Prix de Littérature Policière. Il figlio di febbraio è il secondo episodio della saga che vede come protagonista l’ispettore Harry McCoy.
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