Il ladro di bambini tristi




Recensione di Simona Vallasciani


Autore: Belinda Bauer

Editore: Marsilio

Traduttore: Fabio Zucchella

Pagine: 441

Genere: Thriller

Anno di Pubblicazione: 2018

In alcuni casi si rivela non essere tutto oro ciò che luccica, altre volte invece ottengo addirittura più di quanto mi ero immaginata. “Il ladro di bambini tristi” rientra senza dubbio nella seconda categoria.

Dopo il successo di “Blacklands” e “Negli occhi dell’assassino”, la scrittrice e sceneggiatrice britannica Belinda Bauer conclude la trilogia con un vero coup de theatre, creando un thriller che fin dalle primissime pagine, anche senza necessariamente aver letto i due capitoli precedenti, si rivela incredibilmente intrigante e capace di rimanere impresso nella mente.

Ritroviamo i personaggi che avevano caratterizzato i capitoli precedenti: Steven Lamb, il bambino sopravvissuto diventato ormai un ragazzo, Jonas Holly, il poliziotto che dopo la morte della moglie si è chiuso totalmente nel suo mondo di oscurità e depressione, e l’ispettore Richards che, dopo aver fallito la promessa fatta al collega di trovare l’assassino della moglie, cerca di riscattarsi in un nuovo complicatissimo caso che vede come fulcro il rapimento di cinque bambini. Sono spariti la figlia adolescente del guardiacaccia John Took, il figlio di una coppia di turisti, il figlio speciale del maestro Peach e due tranquille e dolci bambine.

Le vittime sembrano non avere nulla in comune a parte il fatto che il loro aguzzino, soprannominato quasi immediatamente “il Pifferaio”, li ha rapiti mentre attendevano all’interno delle auto dei genitori o di chi li aveva in custodia per lasciare al loro posto un bigliettino che riporta un inflessibile giudizio “Voi non li amate”.

In una società basata sulla caccia, dove le persone imparano fin da subito a rimboccarsi le maniche ed obbedire agli ordini dei superiori, il terrore inizia a dilagare sotto forma di una mano guantata venuta a risanare un terrificante torto e portare via ciò che hanno di più caro.

Per buona parte della lettura la narrazione è tranquilla, scorrevole e dotata di un buon stile di scrittura, tranquillità che però viene improvvisamente distrutta quando si viene catapultati all’interno del cuore oscuro della vicenda, quando il Pifferaio si rivela in tutta la sua assurda follia.

Da quel momento in poi il lettore dovrà affrontare una lunga serie di descrizioni a dir poco cruente (forse un po’ troppo, per una persona impressionabile come me) ma assolutamente imperdibili per chi è alla ricerca di veri e palpabili brividi.

Una lettura che non può non sconvolgere e che scava nel profondo dell’animo umano, di tutto ciò a cui un uomo può tenere, e alle conseguenze a cui lo si porta privandolo di esso. Uno dei pochissimi thriller in cui si può addirittura arrivare a fare ciò che mai si sarebbe immaginato, ossia comprendere le azioni dell’assassino.

Belinda Bauer


È nata in Inghilterra il 24 dicembre 1962 ma è crescita prima in Sudafrica e poi a Cardiff dove ha iniziato a lavorare come giornalista e sceneggiatrice, aggiudicandosi un Bafta dedicato agli autori emergenti inglesi per la sceneggiatura di “The Locker Room”. Il suo esordio in letteratura è avvenuto nel 2009 con la pubblicazione di “Blacklands” primo romanzo della trilogia, con cui ha vinto il premio Gold Dagger assegnato alle Crime Writers’ Associasion.