Recensione di Claudia M. Cocuzza
Autore: Gaetano Savatteri
Editore: Sellerio Palermo
Genere: Giallo
Pagine: 152
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. I vecchi e i giovani. Su questo motivo di fondo Gaetano Savatteri costruisce l’indagine, ricca di energia comica, del «giornalista disoccupato, di successo, Saverio Lamanna» e del suo compare Peppe Piccionello. Muore Steve, un milionario americano deciso a investire in Sicilia. Non era soltanto un uomo d’affari, era un idealista che voleva contribuire a una scossa salutare contro l’immobilismo gattopardesco. Attorno a lui una squadra di giovani entusiasti, venuti da ogni parte. Tra di loro c’è Suleima, la splendida compagna di Saverio che, andato a consolarla, si trova a curiosare nelle attività dell’imprenditore appena deceduto. Steve è precipitato dal ciglio di una strada, ma non si sa come, e non è ben chiaro nemmeno come sia arrivato in quel posto. Per Lamanna troppe cose non tornano e inizia a sospettare che non si tratti di un incidente. Si sa inoltre che due personaggi, come ombre scure in contrasto con la luminosità dei giovani collaboratori, incombevano sul percorso di vita e d’affari della vittima, il vecchio don Cesare e il potente imprenditore Nicodemo. Sembrano la vecchia mafia delle campagne e la nuova mafia del business. O è solo un’apparenza? Lo scenario, in questo nuovo capitolo della serie, non è il mare azzurro e blu di Màkari. Ma siamo sulle Madonie dell’antica città di Castelbuono, che, seppure a pochi chilometri dal mare di Cefalù, si trova in montagna in mezzo alla neve. L’intero romanzo è attraversato da alcune domande cruciali. È possibile in Sicilia, laboratorio sociale d’Italia, una svolta che veda protagonisti i giovani? È possibile in questo scorcio di millennio per un giovane restare nel nostro paese, affermarsi professionalmente e contribuire al suo sviluppo? Ma soprattutto è ancora possibile un dialogo tra generazioni? Di fronte a questi interrogativi Saverio Lamanna appare del tutto spaesato, attraversa infatti l’età di mezzo, quella in cui si pagano i biglietti a prezzo pieno, senza riduzioni né per giovani né per vecchi.
Recensione. Ho appena finito di leggere, il libro ancora tra le mani e un sorriso stampato in faccia. A pensarci bene, non sono sicura che questa espressione, che a prima vista potrebbe apparire divertita, sia da attribuire soltanto al mordente ironico della narrazione.
Forse è perché io, come Savatteri e i suoi personaggi, Saverio Lamanna e Peppe Piccionello, sono siciliana e come loro riesco a trovare il lato comico anche nelle situazioni tragiche; ma la drammaticità di fondo noi siciliani la vediamo bene, la riconosciamo, ci conviviamo, solo che cerchiamo di non farci sopraffare.
La Sicilia in cui i protagonisti dei gialli di Savatteri si muovono in questo romanzo non è la consueta terra del sole e del mare. È una Sicilia anomala, fatta di neve e di freddo, tanto che in più occasioni a Piccionello viene in mente la sua esperienza su una nave spaccaghiaccio in Alaska. Siamo a Castelbuono, nel cuore delle Madonie, a pochi chilometri da Cefalù, ma sembra di stare in un romanzo della Lackberg.
Eppure, anche questa è Sicilia e ce ne rendiamo conto da come i personaggi si muovono, parlano e ragionano.
È una Sicilia in un cui un milionario americano, Steve Parker, decide di investire, puntando su giovani talentuosi richiamati dai vari angoli del mondo in cui erano stati costretti a rifugiarsi nel tentativo di uscire dalle sabbie mobili della terra natìa, dove più che il merito troppo spesso conta come ti chiami e che tipo di amicizie hai.
La vicenda ruota attorno alla morte violenta di questo mecenate, bollata inizialmente come incidente. Della squadra di giovani arruolati da Parker fanno parte Suleima, la compagna di Saverio Lamanna, ed Emma, la nipote che Peppe Piccionello ha cresciuto come una figlia, ed è questo l’espediente utilizzato affinché la strampalata coppia investigativa entri in azione.
Ciò che colpisce della narrazione, una prima persona presente in cui il narratore coincide con il protagonista, Saverio Lamanna, è che il movente del delitto e l’individuazione dell’assassino sembrano non essere interessanti tanto quanto la ricostruzione dei battibecchi tra Lamanna e la sua spalla, Piccionello, o della vicenda amorosa tra Saverio e Suleima o ancora dell’ostilità quasi adolescenziale di Saverio nei confronti di suo padre; tuttavia, lasciando che il lettore si faccia trascinare da queste vicende, Savatteri dissemina indisturbato indizi che poi, quasi alla fine della storia, saranno indispensabili per la risoluzione del giallo.
Leggere Il lusso della giovinezza, poi, è come fare un tuffo in un mare di citazioni, spolverate qua e là, che Lamanna adopera in maniera spontanea e che spaziano dalla letteratura classica a quella contemporanea, dalla cinematografia alla poesia alla canzone italiana. Saverio è in grado di citare, nel giro di poche pagine o anche all’interno dello stesso discorso, Pirandello, Manzoni, Leopardi, Verga, Bufalino, Hemingway, Garcìa Marquez, Neruda per poi canticchiare Sapore di sale, sapore di mare o Quando finisce un amore, ritornare alla letteratura con Ammaniti e passare al cinema d’autore di Hitchcock per finire con citazioni latine, come omnia munda mundis, tratta dalla lettera di San Paolo a Tito. Ne vengono fuori dialoghi esilaranti, in cui la spalla è in genere il meno erudito Piccionello o la giovane fidanzata Suleima, che concludono inevitabilmente dandogli del cretino o incolpando delle sue attuali stranezze le cattive letture che ha fatto da giovane.
Mi ha molto divertita anche l’incursione nella storia dell’autore che, per bocca di Lamanna, presenta la propria opera come metanarrativa: Saverio in due occasioni rimprovera Piccionello, intimandogli di stare al suo posto di spalla e di non cercare di prevaricare rubandogli la scena, mentre parlando con Suleima, che gli propone di mettere su famiglia con lei, fa prima un autoritratto completo: “Questo ruolo di personaggio letterario, indagatore casuale, disoccupato di successo, giornalista in disarmo, ormai mi sta stretto”
per poi concludere come se fossimo di fronte a personaggi di un’opera teatrale rimasti incastrati nei loro copioni:
… “Suleima, i personaggi dei gialli non hanno figli. A chi li affidano? Ai lettori? All’editore? Alla SIAE?
[…] Non posso più uscire da questa dimensione. È meta-letteratura, capisci?”
Il tratteggio pirandelliano dei personaggi, il loro disincanto nei confronti dell’ineluttabilità del destino, come solo un siciliano può intenderlo e accettarlo, uniti alla leggerezza e all’ironia colta e pungente mi hanno senz’altro conquistata.
Infine, non ho potuto che concordare con l’autore, che fin dal titolo presenta la vicenda come se fosse incentrata su uno scontro generazionale per poi concludere:
”La storia di giovani contro vecchi è una stronzata. Siamo uomini e donne. Non esistono generazioni perdute o ritrovate. Siamo nel nostro tempo. Certi momenti ci incontriamo, facciamo un pezzo di strada assieme e poi proseguiamo per la nostra strada.”
Sarà “filosofia da caffè”, come dice Piccionello, ma come dargli torto?
Detto questo, corro a rimediare alle letture precedenti che, mea culpa, non ho avuto il piacere di fare.
A cura di Claudia Cocuzza
www.facebook.com/duelettricisottountetto/
Gaetano Savatteri
è nato a Milano nel 1964, da genitori di Racalmuto. A dodici anni è tornato, con la famiglia, in Sicilia, proprio a Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia. E qui, assieme ad altri giovani, nel 1980 ha fondato il periodico Malgrado tutto, piccola testata giornalistica che nel primo numero presentava un articolo di Sciascia. L’autore de Il giorno della civetta restò sempre affezionato a quel foglio locale, e spesso su quelle pagine si sono ritrovati altri interventi dello scrittore di Racalmuto. In pochi anni, attorno alla testata, si sono raccolte molte altre firme come quelle di Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo. Ancora oggi il giornale continua ad essere il luogo nel quale si ritrovano giornalisti e scrittori legati alla figura di Sciascia: Andrea Camilleri, Giuseppe Bonaviri, Matteo Collura. Nel 1984 Savatteri comincia a lavorare come cronista nella redazione di Palermo del Giornale di Sicilia. In seguito si trasferisce a Roma, prima come inviato dell’Indipendente, poi come collaboratore del Tg3. Dal 1997 è giornalista al Tg5.
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