Il marchio dell’inquisitore




Recensione di Chiara Sardelli

Autore: Marcello Simoni

Editore: Einaudi

Pagine: 341

Genere: Thriller

Anno Pubblicazione: 2016

Marcello Simoni abbandona le ambientazioni del Medio alle quali ci ha abituato con le trilogie che l’hanno reso famoso e ci trasporta nella Roma del XVII secolo, creando uno scenario storico in cui la città campeggia con i suoi rioni, le strade, le dimore storiche e le catapecchie, gli edifici visibili in superficie ma anche le vestigia sotterranee care alle consorterie e alle società segrete.
In questa città si muove tra intrighi, arti magiche e tentazioni diaboliche il nuovo personaggio nato dalla sua fantasia , Girolamo Svampa il frate domenicano che agisce in qualità di commissario straordinario al servizio della Congregazione dell’indice e del Sant’Uffizio riconoscendo solo il primato della verità.Chi vuole conoscere l’ultimo romanzo di Marcello Simoni si prepari a una lettura impegnativa.
Ci troviamo di fronte ad un giallo colto.
Una finestra letteraria, come l’autore stesso ama definire i propri romanzi, che si apre sul secolo di ferro e getta lo sguardo sulla Roma papalina dell’anno 1625, combattuta tra le sfide della controriforma e l’attesa del XIII Giubileo indetto per l’anno successivo dal pontefice Papa Urbano VIII. Sono in primis le ambientazioni a rendere particolare e a svelarci il marchio impresso nella storia, quell’appunto dell’Inquisizione.
I luoghi in specie parlano da soli.Penso al Convento di Santa Maria sopra Minerva, sede della Congregazione dell’Indice, noto nei secoli a venire perché ospita le spoglie di Caterina da Siena e perché Galileo Galilei nel 1633 vi pronunciò la propria abiura.
In questo luogo Francesco Capiterro, segretario della Congregazione, darà il primo appuntamento al protagonista Fra’ Girolamo Svampa.
O ancora a Porta dei Cavalleggeri e a Piazza del Sant’Uffizio dove ha sede l’Inquisizione e “lo Svampa” riceverà da Monsignor Ridolfi la licenza di ‘commissarius’ e gli speciali poteri che favoriranno lo sviluppo dell’indagine.O piuttosto alle segrete del carcere di Tor di Nona. Girolamo vi farà imprigionare i malcapitati che lo intralciano nella propria attività.
E perché no al Tempio di Iside e alle Grottesche del Colle Oppio che risvegliano l’interesse di Francesco Capiterro lanciato sulle orme dei seguaci di Tommaso Campanella.Quel Tommaso il cui pensiero riveste un ruolo non marginale nel racconto e che, all’epoca dei fatti, è rinchiuso a Napoli nel Castel dell’Ovo.Penso anche ai luoghi minori: il Convento della sacra Concezione che ospita Suor Matilde la figlia di Cagnolo il bravo che mette i propri servigi a disposizione di Girolamo Svampa, le bettole che si confondono nei vicoli malfamati e ospitano le compagnie licenziose degli studenti e dei teatranti, il Casino dell’Aurora dove lo Svampa visita il gabinetto alchemico di Ludovico Ludovisi evitando che si compia l’ultimo delitto.
Essi pure sono significativi.Ci parlano di una Roma segreta, di una vita sotterranea e che con l’aiuto di arti o divine o malefiche si sottrae alla violenza dei tempi presenti.
Tra le arti divine campeggia anche la musica e la scena teatrale.
 
L’assassino si lascerà tradire dalla passione per le maschere. Fin dall’inizio Girolamo Svampa è sulle tracce dell’uomo che indossa la maschera di Capitan Spaventa, ma riuscirà a ricostruirne l’identità solo indagando sull’Accademia della Trappola, e sull’opuscolo, il “Mercurio” che vi circola. Una commedia satirica e allegorica che reca tra le pagine l’incisione della triplice morte e inneggia al dio alato in quanto protettore della divina arte della stampa.L’autore la descrive come si esercita nella città eterna pochi anni dopo l’invenzione di Gutenberg.
Con realistica immaginazione egli si muove tra le botteghe delle stamperie immaginando i loro padroni divisi e incespicanti, impegnati con prudenza al servizio degli uomini del clero e più in generale degli eruditi colti, degli squattrinati universitari e delle confraternite laiche.
Dalla filiera al prodotto il passo è breve e dunque, com’è consuetudine di Marcello Simoni, il suo libro ci parla di libri.Di archivi che li conservano, di fascinazioni demoniache e d’idee eretiche e pericolose che attraverso di essi potrebbero diffondersi.Guarda caso sono proprio i tutori dell’ordine a essere i maggiori esperti delle arti che combattono ivi compresa la negromanzia e la demonologia.Lo stesso Francesco Capiterro mantiene un ruolo preminente nella soluzione dei misteri grazie all’arte della memoria e alle stanze virtuali che abitano i suoi pensieri e gli consentono la consultazione a suo uso e consumo delle opere messe all’Indice o di quelle che comunque hanno avuto a che fare con l’attività censoria della Congregazione. Se questo giallo non avesse un’impostazione classica, certo rischierebbe la pesantezza dell’erudizione. Mi riferisco innanzitutto alla coppia degli investigatori e al metodo delle indagini che è continuamente indagato nelle pagine del libro. I primi risentono vistosamente dell’influenza dei personaggi creati da Conan Doyle. Solo che qui è il coprotagonista ad avere a che fare con pipe e tabacchi.
In ogni caso i due si bilanciano a vicenda.Girolamo Svampa, è un uomo schivo e scostante che evita accuratamente ogni contatto anche gioioso e innocente con il prossimo pur di non essere contaminato dai ragionamenti altrui.
Quanto al suo metodo d’indagine è interamente condizionato dai fatti già accaduti e preferisce affidarsi alla logica senza farsi influenzare dalle intuizioni e dai presentimenti. Girolamo è dunque un frate domenicano che non è affezionato al metodo inquisitorio e anzi prende le distanze dalla pratica del sospetto.
Francesco Capiterra invece ci si presenta come uomo ben più accomodante, più esperto della vita e dei compromessi che questa inevitabilmente richiede.
Consapevole degli eccessi dell’attività censoria, egli sa difendersi con la forza dell’immaginazione dalla noia e dalla frustrazione.
Le sue ricostruzioni certo sono più rocambolesche, non hanno il rigore proprio dei ragionamenti di Girolamo.
Eppure saranno indispensabili per la risoluzione del caso loro affidato.

Per certi aspetti la fine della storia si avvicina a una storia di spionaggio, in particolare quando lo scenario si allarga a ricomprendere altri orizzonti, che vanno oltre lo stato pontificio e coinvolgono potenze e signorie straniere.
Quando la suspense, e con essa lo spettro dell’isolamento, si fa strada nelle pagine e nella mente di Girolamo Svampa, egli avrà la certezza di essersi fatto strumento di giochi e d’interessi più grossi di lui e rischierà la revoca dell’incarico.

Solo da questo momento Girolamo apprezzerà il contributo e la sincera amicizia di Francesco Capoterra e accetterà senza riserve di agire in coppia.
Il marchio dell’Inquisitore, come lo stesso autore ammette nella nota a chiusura del romanzo, guarda dunque ai grandi classici del genere avventuroso e romantico, e ha tutti gli ingredienti del romanzo popolare.

L’unico rammarico è che la storia è declinata tutta al maschile, senza l’apporto immaginifico e talvolta eversivo dell’eterno femminino.
Chissà che nelle prossime avventure, già preannunciate, l’opera non si arricchisca proprio di questo elemento.

Marcello Simoni


è nato a Comacchio nel 1975. Ex archeologo e bibliotecario, laureato in Lettere, ha pubblicato diversi saggi storici; con Il mercante di libri maledetti, romanzo d’esordio, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° Premio Bancarella.