Sinossi. Puoi ancora amare sapendo che sei sostituibile per chi ti sta accanto? La storia di un’ossessione che ci sfiora, o ci ha sfiorati, tutti. Un romanzo d’esordio che spiazza, manda in crisi, commuove. Tra pochi giorni lui avrebbe sposato la ragazza con gli occhi grandi, se non fosse morto in un incidente stradale. E adesso la vede tornare in quella che era la loro casa, trovare il suo computer sul tavolo e le ciabatte che lei gli aveva regalato in corridoio, dove lui le ha lasciate. La tazza invece è sul bordo del lavandino: lei ci infila il naso dentro e scoppia a piangere. Non vuole mangiare, anche se la madre insiste, ha perso la fame. Poi però, distrattamente, beve un sorso di caffè, morde un biscotto, e si stupisce di trovarlo buonissimo, come prima che lui morisse, come sempre. Forse è in quel momento che inizia il suo faticoso ritorno alla vita, ed è la voce di lui a raccontarlo. Giorno dopo giorno, vede scorrere l’esistenza di lei – che cambia città, si sposa, ha figli – catturando le istantanee di un tempo che non gli appartiene; le alterna ai ricordi di un amore che credeva unico. Ma se avesse l’occasione di vivere ancora, come reagirebbe alla certezza che del suo grande amore, nel giro di un attimo, potrebbe non restare niente? Con leggerezza e disincanto, Emanuele Aldrovandi si interroga sulla natura delle relazioni, mettendo in scena il desiderio indicibile che il mondo finisca con noi.
«Se l’universo restasse fermo, anche solo per un secondo, la gravità lo farebbe collassare su sé stesso. Per questo motivo, nonostante io sia appena morto, i pianeti continuano a roteare intorno alle proprie stelle, le galassie procedono nel loro costante allontanamento le une dalle altre e tu giri la chiave nella porta di quella che fino a qualche ora fa era casa nostra».
IL NOSTRO GRANDE NIENTE
di Emanuele Aldrovandi
Einaudi 2024
Collana Stile Libero Big
Narrativa, pag.178
Recensione di Roberta Canu
Una storia pensante e filosofica che porta il lettore a continue elucubrazioni mentali, ci si pongono infatti domande su domande circa l’esistenza, la vita stessa, e l’amore.
Non credo però che l’autore, in questo suo eccezionale romanzo d’esordio, abbia voluto scrivere esclusivamente una storia romantica, anche perché già il titolo include e soprattutto esclude quel sentimento che lega due persone.
Il “niente” sostituisce la parola “amore”, e già solo per questo elemento il romanzo è da considerarsi originale e d’effetto e in seguito, non appena si leggono le prime pagine si rimane abbagliati dalla bellezza e dalla drammaticità ricolme di tenerezza, che permeano la storia.
L’opera prima di Emanuele Aldrovandi si interroga sulla morte, e in quello stesso vortice d’assenza ne celebra, quasi per assurdo, la vita in modo eccellente avvalendosi di un linguaggio più che semplice ma non per questo poco elegante o meno raffinato.
Il romanzo è suddiviso in due parti, molto differenti tra loro ma che contengono un’armonia indissolubile e sembra quasi di sentire la voce perentoria dei protagonisti mentre lo scorrere del tempo non ha poi tutto questo grande effetto nel risanare le ferite, le fratture dell’anima.
L’autore riesce ad emozionare ed essere allo stesso tempo realistico talvolta, non manca infatti all’interno della storia, seppur romanticizzata, la contemplazione sociologica e scientifica dell’esistenza e del rapporto tra uomo – donna, che qui non si riduce infatti al semplice sentimento ma quasi ad un incredibile monologo (a tratti dialogo), in cui la trama filosofica prende a tratti il sopravvento, includendo esempi apparentemente fuorvianti ma in realtà perfetti.
Sono tante le sensazioni che si provano nel leggere il romanzo; ci si arrabbia, ci si immedesima molto nei personaggi, ci si addolora ma ci si rialza grazie alla forza della resilienza.
Un romanzo in cui eros e thanatos si legano in un vortice di emozioni infinite, in una storia talmente anticonformista da assomigliare alla musica punk così tanto asociale in un certo senso, non conforme alle leggi dell’universo e infine, sottraendosi alla chimica stessa dell’amore.
Una storia indimenticabile di sofferenza e strappi sul cuore che, se da una parte creano giochi di luce immensi e capaci di riportare alla vita, dall’altro ingombrano la luce stessa, divenendo presto buio e ombre sempre più fitte, minando il nome dell’amore stesso e conducendo forse al grande niente.
A cura di Roberta Canu
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Emanuele Aldrovandi
(Reggio Emilia, 1985) è autore e regista per teatro e cinema. Questo è il suo primo romanzo.