Recensione di Francesca Marchesani
Autrice: Leila Slimani
Editore: La nave di Teseo
Traduzione: Elena Cappellini
Genere: Narrativa
Pagine: 352
Pubblicazione: Giugno 2020
Sinossi. Nel 1944, durante la guerra, Mathilde, una giovane alsaziana, s’innamora di Amin, un soldato marocchino che combatte nell’esercito francese contro l’occupazione nazista. Lui è affascinato dalla vitalità e dalla libertà di Mathilde; lei è sedotta dalla bellezza e dalla sensibilità dell’uomo. Al termine della guerra decidono di sposarsi e di trasferirsi nei dintorni di Meknes, in Marocco, dove Amin aveva ereditato un terreno che sognava di trasformare in una fattoria moderna. Ma l’impatto con la nuova realtà è traumatico per entrambi. Mathilde deve imparare a vivere in un mondo fatto di regole che non comprende e non condivide, mentre Amin scopre a sue spese che non è facile essere un proprietario terriero né un marito moderno e liberale in un paese come il suo. Nonostante le difficoltà e i contrasti, il loro amore e la dedizione ai figli, Aisha e Selim, prevalgono anche quando, con l’esplodere della lotta per l’indipendenza del Marocco, la Storia torna a bussare alla loro porta. Tutti, in questa storia, vivono nel “paese degli altri”. Ci vivono i coloni francesi ospiti indesiderati dei marocchini che, a loro volta, sopportano a fatica il giogo degli europei. Ci vivono i soldati, costretti ad operare in un territorio ostile, così come i contadini che lavorano una terra che non appartiene a loro. Ma sono soprattutto le donne, costrette a vivere nel paese degli uomini, a dover lottare per la loro emancipazione.
Recensione
Questa è la storia di Mathilde, alsaziana che si innamora in un periodo storico, quello prima della fine della guerra, che non è adatto a gente che ragiona col cuore.
Amin è un marocchino con le idee chiare, prende in eredità un terreno e già vede i filari di alberi da frutto e i bambini che scorrazzano felici in mezzo ai campi.
La loro prima figlia Aisha, si rivela un portento a scuola, tanto da riuscire a saltare anche una classe per andare direttamente avanti di un anno.
Mentre Selim, il figlio più piccolo è in salute e promette bene, ma questo non basta a far sentire Mathilde accettata in un paese che non è palesemente il suo.
Si sente fuori posto, e suo marito non aiuta a farla integrare. Lei è troppo liberale, troppo moderna per lui, e le qualità che in principio lo avevano fatto cadere ai suoi piedi, ora lo irritano.
Ogni giorno entrambi rimpiangono la scelta che hanno fatto sposandosi e ogni giorno cercano di tirare avanti comunque, ignorando tutto il malessere e pensando ad altro.
È una scrittura malinconica quella di Slimani ma che al tempo stesso evoca atmosfere calde e familiari.
Oggi, in un momento storico molto lontano dal dopoguerra, ci ritroviamo a combattere con gli stessi demoni.
Persone che hanno paura del diverso come se quella parola fosse automaticamente una discriminante.
Certo, è innegabile che ci siano tanti popoli diversi fra loro, ma è proprio quando le nostre variegate caratteristiche ci uniscono, invece che dividerci a fare la vera differenza.
Leïla Slimani
è nata nel 1981 a Rabat, in Marocco, e vive a Parigi. Con il suo primo romanzo, Nel giardino dell’orco (Rizzoli 2016), ha vinto il prestigioso Prix Mamounia, il più importante premio letterario marocchino; il suo secondo romanzo, Ninna nanna (Rizzoli 2017), ha vinto invece il premio Goncourt 2016. Nel 2018 Rizzoli ha pubblicato I racconti del sesso e della menzogna, una raccolta di racconti sulla sessualità in Marocco.
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