UNA STORIA DI SARA
Autore: Maurizio de Giovanni
Editore: Rizzoli Collana: Nero Rizzoli
Collana: Nero Rizzoli
Genere: thriller
Pagine: 252 p., Brossura
Anno edizione: 2025

Sinossi. Una nuova, attesissima indagine di Sara Morozzi, l’ex agente dei Servizi segreti più amata dai lettori.
Al parco, seduti su una panchina vicino ai bambini che giocano, potrebbero sembrare due innocui vecchietti, Sara Morozzi e Andrea Catapano. Nessuno indovinerebbe che sono stati per anni i migliori agenti sulla piazza. A sorpresa, ora, i Servizi hanno di nuovo bisogno della donna invisibile e del cieco dalle straordinarie doti investigative. Si tratta di un’operazione in cui non possono usare mezzi tecnologici, solo l’intercettazione personale alla vecchia maniera, che i due maneggiano come nessun altro. Decidono di accettare: se hai fatto quel lavoro, ti resta nel sangue, non riesci a tirarti indietro nemmeno dopo anni. Ma Sara e Andrea capiscono presto di aver sbagliato a rimettersi in attività. L’incarico potrebbe portarli a rischiare grosso, stretti in un ingranaggio troppo più grande di loro. Per fortuna non è sola, Mora: Teresa è sul piede di guerra, e ci sono i fidatissimi Pardo e Viola, oltre al Bovaro del Bernese Boris, a vegliare sul suo destino incerto e su quello di Andrea, in un’indagine che rivelerà, una svolta dopo l’altra, un intricato groviglio di interessi segreti.
Recensione
di
Sabrina De Bastiani
Il peso di un passato che non sarebbe passato mai, di un futuro che non aveva futuro, di un presente fuggiasco in cui Sara non poteva nemmeno camminare per strada per paura di essere uccisa.
- E la cantatrice calva?
- Si pettina sempre allo stesso modo.
Questo notissimo scambio di battute, da La cantatrice calva di Ionesco, racchiude in poche parole l’essenza di un concetto importantissimo e più che mai attuale, ossia quello della reale incomunicabilità, della perdita o fortissima carenza dell’ascolto, l’uno verso l’altro, che porta a comunicare attraverso botta e risposta nonsense, che hanno sostanza nell’essere suono, ma sono privi contenuto.
Il pappagallo muto, nuovo importante capitolo della serie che Maurizio de Giovanni dedica a Sara Morozzi, scava e declina questa materia applicandola strettamente al nostro oggi, che ci trova a rischio di immersione in un paradosso sottile: più ci rendiamo visibili, per esempio sui social, più sembriamo scomparire. Finendo per diventare invisibili, non nel senso dell’assenza, ma della perdita di profondità. La narrazione di sé, spezzata in contenuti rapidi, smette di raccontare davvero chi siamo. Le immagini, moltiplicate fino alla saturazione, smettono di parlare.
La vera presenza richiede silenzio, ascolto, densità. Ma questo, spesso, non trova spazio nello scroll incessante. Così, nell’epoca della connessione continua, si fa strada una nuova solitudine: quella di essere ovunque e in nessun luogo, sotto gli occhi di tutti, ma fuori dallo sguardo di chi davvero ci vede.
Lei non mi vede. E sa perché? Perché io non esisto.
lo sono morto.
Ecco allora come da questo spunto di riflessione così ampio, muova i passi il capitolo a oggi più toccante, intimo, potentemente vitale dell’universo narrativo di Sara.
In una Napoli che l’Autore, con grande raffinatezza, restituisce nella sua dimensione strategica, più che topografica, con il suo porto al centro del Mediterraneo, la sua popolazione ribollente e cosmopolita, la possibilità di arrivarvi e ripartirne restando
inosservati avrebbe potuto coprire un ruolo fondamentale nello scenario attuale, un’incontro ai vertici dei poteri forti, quelli che muovono i fili senza che le marionette sapessero di averli attaccati addosso, non può essere coperto dai mezzi, neppure quelli di più assoluta avanguardia, dell’Agenzia.
Non basta ‘vedere’, occorre la capacità di capire la gente al di là di quello che dice.
Serve dunque altro, in questo caso specifico. Ben altro.
… c’è un elemento che i tuoi satelliti non possono rilevare, al contrario di un cieco e di una vecchietta: il fattore umano.
Ed è esattamente così che Sara viene richiamata in campo, contattata da un giovane elemento dell’Agenzia, Bianco, nuovo personaggio che già si ricava un posto da titolare inamovibile nella saga, per la presenza scenica e la forza irruente delle sue contraddizioni, del suo essere spiazzante eppure totalmente affascinante, affiancato da Teresa, quale, in qualche maniera, garante.
Sara, ritiratasi nella sua vita di nonna del piccolo Massimiliano, finisce per accettare.
Ci sorprende perchè sembra non tenere in alta considerazione i rischi di un’operazione della quale le viene rivelato pochissimo, proprio perchè tutto è da scoprire.
Quello che non ci sorprende è che la clausola sia avere accanto Andrea Catapano.
«Dì la verità, Mora: non ti solletica l’ego, che abbiano bisogno di noi? Di due ferrivecchi in apparenza inutili?». Sara non rispose, ma sorrise. Andrea esclamò: «Stai sorridendo! Ti vedo, sai? Stai sorridendo». E sorrise anche lui.
Questa discesa in campo, avrà esiti imprevedibili, la prima tessera di un effetto domino implacabile e perfettamente congegnato. E per questo inarrestabile.
Dovrà fare i conti, Sara, con le ragioni più profonde del suo agire «Ma c’è differenza tra avere superato una certa età ed essere morti, Viola. Una differenza profonda. Solo che a volte si ha bisogno di provare a se stessi che si è ancora vivi.».
Con il bilancio e i dubbi di una vita vissuta senza sconti e senza farsi sconti
E chissà chi siamo adesso tu e io, gemelle molto eterozigoti, dopo che la vita ci è passata sopra come un trattore, senza pietà e senza mai chiedere scusa.
e con tante domande su quella che verrà
E tu, amico mio così diverso, disse la muta al cieco, tu che speranza e che futuro hai? Che cosa risponderesti, se potessi parlare?
Cosa ti aspettavi dal crepuscolo della tua vita, priva di colori e di immagini ma piena di memorie, di idee, di sentimenti?
Con gli inevitabili sensi di colpa e di responsabilità del non essere più sola
Parliamo di Mora, disse, ma secondo me dicendo Mora intendiamo anche Bionda, e Viola, e Pardo con Boris e il piccolo Massimiliano, Possiamo, no? Come se fossero una cosa sola. Diciamo come… come una catena, ecco. Una catena. Tu sei in contatto con un anello soltanto, ma se lo muovi si muove anche il resto.
I rischi, si diceva più sopra. Non sono quelli di essere arrugginiti e trovarsi nel bel mezzo di un’operazione senza rete di protezione.
O meglio sì, lo sono. Anche.
Ma più ancora e significativamente sono, appunto, le persone che si hanno accanto e quelle che si hanno di fronte.
Quand’era bambino, il padre gli diceva sempre che ai cani non bisogna far vedere che si ha paura, perché mordono.
E se mai aveva conosciuto un uomo simile a un cane feroce, ebbene, ora l’aveva davanti.
(…) Gli ricordava un coccodrillo sulla sponda di una pozza d’acqua, in attesa che il bufalo si avvicini abbastanza da potergli spezzare il collo con un unico morso.
Mai stata così vicina a perdere tutto, Sara Morozzi, che pure ha già perso così tanto.
Ma non i ricordi di quel tempo in cui, come per magia, i pezzi andavano a posto. Quando il quadro si componeva, e tutto ciò che era stato caos diventava ordine.
Un passato condiviso, un passato lontano, eppure a volte, pensò Sara, per fare un viaggio a ritroso basta una passeggiata.
La passeggiata che de Giovanni, sempre più innamorato, e noi con lui, della nostra Sara, ci conduce a compiere in queste pagine profonde e accorate, ci farà attraversare sentieri scoscesi, correre accelerando respiro e battiti, fino a mozzarlo, il respiro, negli snodi più tensivi e delicati.
Tanto che poi avremo necessità di appoggiarci a un muro, assecondando il saliscendi delle spalle e il rimbombare del cuore, provando a tirare quel sospiro di un sollievo che sembra così lontano, eppure allo stesso tempo tanto, tanto vicino.
Perché l’amore esiste, amico mio. Esiste, al di là dei corpi e dei sensi.
Esiste e resiste, vivaddìo, nelle pagine di Maurizio de Giovanni.
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Maurizio de Giovanni
è uno scrittore, sceneggiatore e drammaturgo italiano. È celebre soprattutto per il personaggio del Commissario Ricciardi, per i bastardi di Pizzofalcone, e per Mina Settembre, protagonisti di molte sue opere da cui sono state tratte serie televisive di successo.
Nel 2007 Fandango pubblica Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi, la prima opera ispirata alle quattro stagioni e che dà il via alle indagini del commissario, cui seguono nel 2008 La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi, nel 2009 Il posto di ognuno. L’estate del commissario Ricciardi e nel 2010 Il giorno dei morti. L’autunno del commissario Ricciardi. Dal 2011 la saga viene continuata e pubblicata da Einaudi. Le vicende di Ricciardi diventaranno una serie televisiva Rai con Lino Guanciale nei panni del commissario.
«Napoli è l’unica città che lascia il segno. È impossibile dimenticarla» – Maurizio De Giovanni, linkiesta.it
Al centro dei romanzi di De Giovanni troviamo sempre Napoli, bella e al tempo stesso inquietante, di cui lo scrittore riporta colori, voci, contraddizioni, luci e ombre. Dal 2013, sempre per Einaudi, inaugura la serie dei bastardi di Pizzofalcone, che segna il passaggio dal noir classico al police procedural. Tra i titoli ricordiamo, Buio per i bastardi di Pizzofalcone (2013), Cuccioli per i bastardi di Pizzofalcone (2015), Souvenir per i bastardi di Pizzofalcone (2017), Angeli per i bastardi di Pizzofalcone (2021), Pioggia per i bastardi di Pizzofalcone (2024). Il protagonista della saga, Giuseppe Lojacono è interpretato da Alessandro Gassmann in una serie tv di successo.
Sempre nel 2013 scrive un racconto per la raccolta antologica di Sellerio, Un giorno di Settembre a Natale, in cui fa il suo esordio l’assistente sociale Mina Settembre (interpretata in tv da Serena Rossi).
Tra le altre opere, ricodiamo la serie con protagonista Sara Morozzi, ex agente di un’agenzia di servizi segreti. Alcuni titoli: Sara al tramonto (Rizzoli, 2018), Una lettera per Sara (Rizzoli, 2020), Sorelle. Una storia di Sara (Rizzoli, 2023).
Nel 2025 esce per Mondadori, L’antico amore. Maurizio de Giovanni ha scritto anche per il teatro. Tra i suoi drammi, si distinguono l’adattamento di Qualcuno volò sul nido del cuculo (2015) e Il silenzio grande (2019), diventato anche un film diretto da Alessandro Gassmann.