Il passato negato
di Simonetta Pavanello
Io Scrittore 2023
narrativa, pag.294
Sinossi. Si possono riannodare i fili spezzati dal male degli uomini e ricominciare a vivere? Federica vive a Lugano con la madre e il fratello da oltre vent’anni, a malapena rammenta il suo vero nome e la città dove è nata; per sopravvivere ha dovuto morire, cambiare paese e identità. Palermo è una voce lontana, l’eco di affetti, bugie e ossessioni che rimangono sul fondo dell’anima, uniche tracce di una verità che non trova voce. Perché Federica e la sua famiglia usufruiscono di un programma di protezione, che li tiene lontani dalla vendetta mafiosa. Anche Salvo ha alle spalle una storia complessa, intrisa di dolore, che crede di poter domare, lasciata la Sicilia, grazie all’attività di psicoterapeuta in collaborazione con il tribunale dei minori. Ed è in questa veste che incontra Federica una prima volta; un incrocio che sembra non lasciare traccia in nessuno dei protagonisti. A volte però il destino è l’unica forza capace di restituire un significato a una vita lacerata: a decine di anni di distanza, i due si ritrovano per caso nella casa di cura svizzera dove la ragazza collabora come lettrice. La casa di cura diventa un non luogo capace però di riannodare i molti fili strappati. Sebbene inconsapevoli, le confessioni si salderanno ai ricordi passeggeri, dove ognuno, rincorrendo qualcosa, proverà a ricostruire il senso della propria esistenza. Come in un erebo, il luogo dei morti della mitologia greca, le tenebre servono a determinare la verità e a rinsaldare le intenzioni, così Federica avrà l’occasione di frantumare la lastra di piombo che l’ha oppressa e liberarsi definitivamente dai propri fantasmi.
Il passato negato
A cura di Chiara Forlani
Recensione di Chiara Forlani
«Lo sapete che vostro nonno, buonarma, si addormentò nel sonno come ‘na creatura e senza dare fastidio a nessuno? Era davvero una brava persona, che Dio lo accolga, mischino.»
Già dalle parole di questo dialogo si capisce che la Sicilia, il mondo perduto sepolto nel passato dai protagonisti, è invece ancora ben presente e caratterizza questo libro, che è uno dei vincitori del Torneo letterario Ioscrittore del gruppo editoriale Mauri Spagnol. Molti personaggi risentono dell’ambiente di questo meridione chiuso e fatale, dal quale sono stati costretti a scappare, ma che comunque ha determinato le loro vite.
La narrazione si sviluppa dal presente al passato. Si apre con uno squarcio sulla vita della protagonista, Federica, che dedica le sue ore domenicali a un’occupazione inconsueta: quella di lettrice per persone che non riescono più a farlo, che a volte si assopiscono mentre lei è presente e altre volte nemmeno la ricevono. La casa di cura dove lavora è avvolta in un’atmosfera fredda e misteriosa, ma chi legge non fa in tempo a immedesimarsi in quell’ambiente, perché viene catapultato nel passato, nelle spire di una realtà dura, fatta di bambini che muoiono ancor prima di nascere, di pazzia e di rifiuto, in un microcosmo sociale dove le questioni di interesse hanno spesso la meglio sui sentimenti.
“Avrebbe voluto lanciarlo contro il muro. Un orologio per compensare la loro mancanza di amore, pensavano di cavarsela così, nel solito modo: soldi e potere, arroganza e posizione sociale.”
Anche il mondo di Salvo è intriso di perbenismo e di superficialità, di cose che si devono e non si devono fare, per apparire superiori agli occhi degli altri. Lui si ribella e segue invece la sua passione, lo studio della psichiatria, forse per ripiegarsi nella propria interiorità sincera, quella dove custodisce i veri affetti, che non necessariamente coincidono con quelli indicati dalla società dei benpensanti.
“Quando si congedarono, sua madre lo prese per un braccio e lo trattenne a sé, poi lo strinse, lo strinse forte senza dire altro. In quell’abbraccio, lui ci lesse tutto quello che nessuna parola avrebbe saputo esprimere. Le incongruenze di quella donna erano sempre state un problema, quel dualismo, sempre in bilico tra l’amore e l’insofferenza, avevano minato la sua stabilità affettiva e per la prima volta, si sentì parte di qualcosa che sapeva di famigliare.”
Il dialetto siciliano, spesso usato dall’autrice, risulta funzionale alla storia e rende più credibili dialoghi e passaggi significativi: peccato che chi non lo conosce a volte fatichi a comprenderlo e a causa di ciò possa trovare difficile calarsi in modo profondo nei personaggi. Per quanto mi riguarda, mi sono sforzata di “tradurlo” e sono riuscita a comprendere quasi tutto, ma penso che questo aspetto del libro possa essere apprezzato maggiormente da chi conosce questa lingua così peculiare.
La mafia, le bombe, gli assassini, il soggiorno protetto in un luogo lontano dalla Sicilia come può essere Lugano. Vite spezzate e ricomposte con fatica, sfilacciate ma ancora salde, pur se si reggono su gambe fragili. Federica, che porta un nuovo nome, la madre e il fratello sono
“liberi di farsi ammazzare da chiunque ne avesse voglia.”
C’è tanta carne al fuoco in questo libro, fatto di sentimenti, rabbia, delusione, speranze, ideali. Forse ce n’è un po’ troppa, tanto che il lettore può sentirsi sovrastato dalla mole di umanità che trasuda dalla narrazione. È chiaro che per l’autrice scrivere questa storia, il suo romanzo d’esordio, è stata un’esigenza ineludibile, la sua conoscenza dei luoghi e delle dinamiche interpersonali di una certa società di benpensanti, i suoi contrasti, i suoi pregi e le sue mancanze sono presentati in modo approfondito. “Macerare, consumare, rodere, sfinire, tormentare, affliggere, estenuare. Qualunque accezione le volesse dare, restava negativa.”
La mafia e i suoi tentacoli violenti, che arrivano ovunque e distruggono senza pietà, senza nemmeno rispettare gli affetti familiari. Il soggiorno protetto, che a volte protetto non è. La vita sotto falso nome in un luogo alieno alla memoria, dove si è come fantasmi. C’è tanta violenza e dolore in questo romanzo.
“Ma chi lo stabilisce che i legami di sangue non si possano diluire fino a farli diventare acqua? Acqua. Acqua che lava, purifica e se ne va.”
Il riscatto arriverà, per Salvo e Federica, sotto forma di un incontro in un luogo “sospeso”, libero da minacce ma denso di ricordi, come può essere una casa di cura. Arriverà e sarà denso di promesse, di sogni infranti, ma di una speranza possibile. Di nuove corrispondenze, che possano annullare un passato tanto sofferto e doloroso.
Concludo ancora una volta con le parole dell’autrice:
“Se avesse dovuto riassumere la sua intera esistenza, le parole che l’avrebbero meglio descritta erano due: inganno e menzogna.”
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Simonetta Pavanello
Simonetta Pavanello è nata e vive a Torino. Laureata in Storia dell’arte, insegna, collabora come curatrice indipendente alla gestione e promozione di eventi culturali e mostre d’arte e scrive per diverse testate nazionali di arte contemporanea. Accanita studiosa e ricercatrice, legge e scrive per professione, per puro diletto, per necessità esistenziale. Viaggiare, scoprire culture diverse e imparare cose nuove sono grandi passioni. Indecisa tra il sole caldo della Sicilia e l’intemperanza dell’oceano Atlantico, spera un giorno di poter scegliere entrambe come buen retiro lontano dalla frenesia della città. Il passato negato è il suo romanzo d’esordio.
A cura di Chiara Forlani