Recensione di Marina Toniolo
Autore: Stefano Vicario
Editore: La nave di Teseo
Genere: giallo
Pagine: 224
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. L’avvocato Andrea Massimi condivide con il fratello maggiore Giorgio lo studio legale ereditato dal padre. Tanto Andrea è infedele, vanesio, imprevedibile, quanto Giorgio è un uomo tutto d’un pezzo, rispettabile e dalla moralità granitica. Una sera Andrea viene travolto da una tragedia indicibile: la moglie e la figlia vengono uccise nella loro casa mentre lui si trova con l’amante. Andrea, disperato e perseguitato dai sensi di colpa, rifiuta il suo mondo agiato per vivere da barbone insieme a un gruppo di senzatetto in un vagone abbandonato alla Stazione Termini di Roma. In quell’esistenza tra gli ultimi, Andrea trova una sorta di pace, fino a quando non riconosce al polso di una trans un braccialetto che aveva regalato alla moglie e decide di far luce su quella notte che aveva cercato di dimenticare.
Recensione
Da un autore e regista televisivo mi aspettavo un ottimo uso dell’italiano e non sono stata delusa. Non è uno stile complicato, anzi, però le parole ricercate qui e là mi hanno fatto sorridere e spesso mi sono anche trovata a consultare il dizionario.
La storia è perfetta: un avvocato bello e dannato che, seguendo istinti pruriginosi rimane fuori casa una sera in compagnia dell’ennesima amante e al ritorno a casa trova moglie e figlia assassinate. Da lì la fuga e la nuova vita come clochard nella metropoli di Roma. Avrà al suo fianco un gruppetto eterogeneo di barboni con cui condivide la vita quotidiana, fatta di ricerca di immondizia, pasti alla Caritas e condivisione di un vagone treno come dimora. E’ la visione di un braccialetto che lo spingerà alla ricerca di se stesso e di cosa realmente è successo quella fatidica notte di due anni prima.
Ho trovato il libro molto poetico. Gli scorci di una Roma sconosciuta con le viuzze e il lungo Tevere con i suoi argini sono pagine intense.
Andrea è un uomo che si è perso in un attimo ed è caduto in un profondo baratro di vergogna e colpevolezza, medita solamente come punirsi. Ma attraversando completamente il dolore può rinascere un uomo nuovo, dignitoso, responsabile. Ho avuto la dolce sensazione che alla fine tutto andasse nel verso giusto.
Le scelte che si compiono portano a conseguenze di cui prendere atto e che vanno accettate con coraggio. Anche se si è invisibili agli occhi del mondo, c’è sempre qualcuno che si accorge della tua presenza: un’anima affine, un amico o anche un probabile nemico.
Non si è mai trasparenti anche se questo potere è auspicato. Andrea, essendo un barbone, riesce nell’intento e potrà proseguire nelle indagini affiancato da un magistrato che lo ha guardato negli occhi e lo ha visto.
Spero molto che possa esserci un seguito: mi immagino già una possibile trama e questo, per me, indica che l’autore ha colto l’obiettivo.
Non ci resta che attendere!
A cura di Marina Toniolo
https://ilprologomarina.blogspot.com/
Stefano Vicario
Stefano Vicario, nato a Roma nel 1953, è sceneggiatore e regista. Debutta nel 1973 come aiuto regista del padre, Marco Vicario, e di altri registi come Damiano Damiani. Si specializza nelle produzioni televisive e cura la regia per numerose trasmissioni e fiction, tra cui di Il pranzo è servito, La corrida, I Cesaroni e molti altri. È stato il regista di svariate edizioni del Festival di Sanremo, e ha curato la regia di spettacoli di Roberto Benigni di grande successo (Tutto l’Inferno, I dieci comandamenti, La più bella del mondo). Vicario ha anche diretto un lungometraggio cinematografico nel 2001 intitolato Sottovento! con Claudio Amendola e Anna Valle, di cui ha curato anche la sceneggiatura. Del 2018 è sua la regia di Conversazione su Tiresia, di e con Andrea Camilleri.
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