Sinossi. Nella mente di Eva Carini c’è un vuoto. Un periodo di due anni è andato perso a causa di un incidente, lasciandole in cambio una dipendenza da ossicodone e benzodiazepine. Dopo, non se l’è più sentita di lavorare come criminologa, esperta in delitti a sfondo sessuale. Per gettarsi alle spalle il passato, con i soldi ricevuti per l’invalidità ha comprato a un’asta fallimentare un impianto di cremazione, Fabbrica Kronos, vicino a un paese incassato nel Canale del Brenta. Ma la vecchia professione sta per tornare nella sua nuova vita. La società di sicurezza e intelligence con cui ha mantenuto un contratto di prestazione la informa che il mostro al quale avevano dato la caccia ha ucciso una quarta ragazza. Dagli esami autoptici risultano diversi elementi comuni alle vittime precedenti. Compresa l’incisione tracciata a coltello: l’otto rovesciato che va da una spalla all’altra è la firma di Infinito. È giunto il momento di prendere l’assassino, a qualsiasi costo. E i mesi trascorsi in Messico a studiare i casi di femminicidio le hanno insegnato come. A Juárez, Eva ha capito che ci può essere un secondo modo di fare le cose.
IL SECONDO MODO DI FARE LE COSE
di Roberto Zannini
Mondadori 2023
Collana, Il Giallo Mondadori
Genere, thriller
Recensione di Salvatore Argiolas
“Ci sono due modi di fare la cose. Uno convenzionale, sicuro ma non sempre efficace, e un altro che mira ai risultati quando con il primo non se ne possono avere.”
Questo principio guida la vita di Eva Carini ex criminologa che ora di occupa di cremazioni funebri, protagonista di “Il secondo modo di fare la cose” di Roberto Zannini, vincitore del prestigioso premio Tedeschi nel 2023 che ha consentito anche la pubblicazione nel “Giallo Mondadori” di luglio dello stesso anno.
La sua carriera è stata interrotta dalla strana caduta da un edificio in costruzione, che le ha causato diversi danni fisici e una persistente amnesia, proprio mentre indagava sui delitti dell’Infinito, serial killer che firmava i suoi crimini proprio con il simbolo matematico dell’otto rovesciato.
Quando un nuovo omicidio mostra i soliti punti di riferimento, Eva viene chiamata a dare il suo contributo alla squadra che indaga sul mostro.
Grazie al suo “modo” di affrontare i problemi, Eva riesce a salvare la giovane figlia di un’amica dai tentacoli della tratta delle bianche e in cambio del suo intervento il nonno della ragazza, il criminale di origine lituana Oleg Bolkov le confida inediti particolari del primo omicidio dell’Infinito, tanto importanti che mettono in grado la criminologa di riconsiderare il caso da una nuova visuale, tanto originale quanto sorprendente.
Eva Carini, in seguito all’incidente, dipende dai farmaci e malgrado tanti vuoti nella memoria ha come obiettivo principale catturare l’assassino che si nasconde dietro il simbolo dell’infinito e, forte delle sua competenze, maturate anche in Messico studiando i femminicidi di Ciudad Juarez, riesce a creare un convincente profilo del killer.
La sua indagine però poggia sulle sabbie mobili della sua memoria labile, senza punti fermi e talvolta si trova a ripercorrere piste e ipotesi investigative già battute in passato ma quando si profila un possibile colpevole con tutte le caratteristiche idonee a definirlo il “killer dell’Infinito”, il suo istinto le fa pensare che non tutte le prove sono compatibili con il profilo del serial killer che ha pazientemente costruito.
La sua inchiesta personale crea inquietudine in certi ambienti e la criminologa sfugge con abilità ad un agguato che era destinato ad essere fatale e ciò la convince di essere sulla pista giusta e le consiglia di giocare “la mossa del cavallo”, sparigliando ogni certezza e cercando di sorprendere chi sta seguendo le sue iniziative.
Eva Carini è un personaggio ben delineato, sofferente ma deciso ad andare sino in fondo al caso, seguendo le sue intuizioni che divergono totalmente dai pareri ufficiali e in questa sua ricerca si imbatte in un misterioso incidente dove morirono sei calciatori che le fornisce un valido punto di partenza per una nuova teoria investigativa, azzardata ma foriera di risultati clamorosi.
“Il secondo modo di fare le cose” è un thriller convincente che rappresenta in modo lucido il fenomeno dei femminicidi e di chi indaga e si espone totalmente per combatterli, inserendo ciò in una cornice narrativa di estremo interesse che spazia dall’incanto della Valsugana alla parte amazzonica dell’Ecuador passando per l’inferno di Ciudad Juarez, dove il femminicidio è una pratica usuale per addestrare i giovani assassini, in una caccia spietata e ricca di pericoli all’Infinito, carnefice di donne che ha per tanto tempo terrorizzato il Nord Italia.
Eva Carini però, nelle sue indagini da cane sciolto, con la memoria con tante zone d’ombra, mette in evidenza anche silenziose complicità, mancanza d’iniziativa e in definitiva un certo lassismo di chi è preposto alla cattura di questo feroce killer e fornisce un preciso capo d’imputazione per chi potrebbe fare per affrontare il fenomeno dilagante e non fa, per mille inspiegabili motivi.
Nella trama si scontrano modernissimi metodi informatici come “ALGIO” “una complessa rete neuronale, specializzata nell’analizzare dati relativi a crimini. Il suo centro di calcolo è dislocato nel più potente computer a disposizione, il Summit dell’Oak Ridge National Laboratory” e l’ancestrale potere della mente umana evocata dal nome Pandora, la prima donna della mitologia greca, e non è detto che nella contrapposizione tra modernità ed antichità, tra techne e psiche sia la seconda a soccombere.
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Roberto Zannini
è nato nel 1959 a Mestre, ma trascinato dalla passione per l’alpinismo, abita in montagna fin dall’età adulta. Ha lavorato per quarant’anni nel settore del consolidamento montano, depositando una serie di brevetti e promuovendo progetti di sviluppo per teleoperatori robotici. Come autore ha pubblicato una trilogia di romanzi gialli ucronici, “Le inchieste dell’ispettrice Sasha Trieste”, oltre a romanzi storici e di fantalpinismo, un genere da lui stesso coniato.