Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Eugenia Rico
Traduzione: Pierpaolo Marchetti
Editore: Elliot
Pagine: 224
Genere: Narrativa
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. In cerca di risposte, una scrittrice decide di tornare alla casa della sua infanzia, nelle Asturie, dove si mantengono ancora intatti i culti atavici della natura, simboleggiati dalla figura di Ana dei Lupi, sacerdotessa-strega del XVII secolo. La ricerca porterà la scrittrice a incrociare anche la figura di Alonso de Salazar, l’uomo che per primo riuscì a fermare la caccia alle streghe. In un affascinante viaggio spazio-temporale tra i luoghi e le culture dell’epoca, impariamo a conoscere Ana la quale, appena tredicenne e stanca degli abusi subiti dallo zio, intraprende un cammino di riscatto di sé, attraverso comportamenti stravaganti che la condurranno a parlare con i lupi e a imparare l’uso medicinale delle erbe, diventando a poco a poco potente e temuta come una strega nelle comunità tra le foreste del nord della Spagna. Nel frattempo, l’inquisitore Alonso de Salazar viene inviato in quei luoghi, dove si ritiene sia concentrata la pratica della stregoneria. Una volta giunto lì, si rende conto però della follia e della barbarie che sono all’origine della persecuzione di migliaia di donne e uomini innocenti. Scriverà un libro che diventerà uno dei testi più letti della storia e che riuscirà a fermare quell’orrore prima in Spagna e poi nel resto d’Europa. A partire da questi due personaggi, avvolti nella leggenda e oggi purtroppo caduti nell’oblio, Eugenia Rico intesse un romanzo indimenticabile, fatto di miti, rituali e credenze antiche che ancora oggi condizionano la nostra società.
Recensione
Tre storie di donne e di un inquisitore-eroe legate da tanti fili: l’ambientazione spagnola, il percorso verso l’illuminazione del pensiero, l’essere fuori dal coro e dal tempo, fraintesi, tacciati di essere in intimi affari con il demonio.
L’autrice Eugenia Rico si mette in viaggio per scrivere (e riscrivere) – sulla carta e con i suoi passi – la storia di una terra più vera delle dicerie, oltre la fama che l’ha dipinta di oscurità e chiusura.
Come direbbero i Monty Python, “Nessuno si aspetta l’Inquisizione spagnola!”. O meglio, nessuno si aspetta che l’Inquisizione spagnola, anziché a torturare e ad allestire autodafé, fosse in realtà più interessata a porre un freno ai fenomeni di isteria collettiva, alle denunce che ne chiamavano altre e poi altre ancora, calpestando perfino vincoli familiari e di amicizia.
Nessuno si aspetta che questa istituzione, in Spagna, abbia mandato al rogo un numero di innocenti di gran lunga inferiore (sebbene una vittima soltanto sarebbe stato comunque troppo…) rispetto a quanto avvenuto, per esempio, in Francia o in Germania. Nella penisola iberica – a parte il caso isolato del 1809, di cui l’autrice parla – la caccia alle streghe ha avuto vita breve, soffocata dalla stessa Inquisizione.
Dicevamo che Rico si mette in viaggio, e la sua non è soltanto una ricerca storica, ma soprattutto, a mio avviso, un percorso iniziatico: come quello intrapreso da ogni persona alla ricerca di se stessa, da ogni prescelta dalla natura, dalla tradizione matriarcale, da quella magia che non ha nulla di inspiegabile o maligno, ma tutto da insegnare – la corteccia di salice è un rimedio noto da millenni, ma occorrerà aspettare la Bayer perché la comunità medica ne riconosca ufficialmente l’efficacia e la ribattezzi con il nome di Aspirina…
Con una scopa di saggina in una mano e nell’altra un bagaglio straripante di parole, curiosità e belle immagini, la scrittrice inizia il suo cammino, e ogni tappa fondamentale è una storia: di Ana, che parla con i lupi, ha maestre speciali e un amore profondo; di Alonso de Salazar, l’inquisitore che aprì gli occhi ai suoi correligionari e andò incontro all’oblio, alla dimenticanza, senza targhe né monumenti al valore; e dell’anziana cieca di Cadice, arsa quando i fuochi del XVI e XVII secolo non erano ormai che cenere spazzata via dalla modernità, tangibile o presunta.
Eugenia Rico si basa su fonti storiche, ma prende anche in prestito la voce dei protagonisti, diventando ora bambina, ora giovane donna, ora uomo di Chiesa, ora sciamana, in un fenomeno di transfert (o forse metempsicosi?) che in questo caso ha sì del prodigioso.
Forse perché, come rivela lei stessa, tutti gli scrittori sono viaggiatori e stranieri e, quelli veri, sono anche un po’ stregoni, capaci di incantare e compiere magie con le parole… e di riportare in vita memorie lontane, trame sepolte, spiriti senza cripta né pace.
A cura di Francesca Mogavero
Eugenia Rico
Eugenia Rico, nata a Oviedo, in Spagna, è laureata in legge. Tra le sue opere di maggiore successo, tradotte in varie lingue, ricordiamo: La muerte blanca (Premio Azorin 2002), il saggio En el país de las vacas sin ojos (Premio Espiritualidad 2005), El otoño alemán (Premio Ateneo de Sevilla 2006), Aunque seamos malditas. La sua opera ha ricevuto il riconoscimento Beca Valle-Inclán dall’Accademia reale di Spagna a Roma. Collabora regolarmente con «El Mundo» e «El País». È stata la prima scrittrice spagnola ad aggiudicarsi l’International Writing Program presso l’università dell’Iowa, al quale hanno preso parte scrittori come Raymond Carver e Flannery O’Connor. Vive e lavora a Venezia. Dell’autrice, Elliot ha pubblicato il romanzo Gli amanti (2017).