Recensione di Costantino Giordano
Autore: Gianni Simoni
Editore: TEA
Genere: Giallo
Pagine: 245
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Milano, via Cesare Correnti: un anziano violinista di strada muore in circostanze confuse. Poco prima, un incontro con un uomo, vestito in modo eccentrico, che si dilegua senza lasciare traccia. L’unico testimone, un venditore ambulante della zona, telefona in Questura. Il commissario Lucchesi è sconvolto dalla notizia: conosceva la vittima solo di vista, ma la loro era una strana intesa, piena di rispetto per quanto senza parole. Decide allora di far chiarezza su quella morte così insolita, sebbene le indagini si rivelino complesse sin dall’inizio, a partire dall’identità misteriosa del violinista. Nemmeno sul piano personale c’è serenità per il commissario: mentre la sua compagna Lucia Anticoli si sta riprendendo da un brutto trauma, la figlia Alice ha bisogno di tutto il suo sostegno per affrontare delusioni e paure per le quali non è preparata. Così, mentre cerca di essere presente per le donne più importanti della sua vita, Lucchesi procede nella sua ricerca, ricostruendo una vicenda che affonda le radici nella seconda guerra mondiale e nella tragedia della deportazione, e che lo condurrà a un finale drammatico e inaspettato.
Recensione
“Commissario, contavo i giorni, facendo un segno su una tavoletta di legno. Ogni giorno era un giorno di vita guadagnato e io alla vita ci tenevo.”
Quanto può essere profonda una ferita?
Quanto può restarti nel corpo e nell’anima con la consapevolezza che non potrà mai cicatrizzarsi?
Ogni volta che quel marchio verrà visto, impresso a vita sulla pelle e nel cuore, un numero, che fa perdere qualsiasi diritto, diritto di parola, diritto di giudizio, diritto alla vita, diritto di essere uomo, quella ferita si riaprirà in un ciclo infinito di dolore e disperazione che non potrà mai assopirsi.
Sono tutte queste emozioni e considerazioni che guideranno il cuore del commissario Lucchesi durante una indagine che andrà ben oltre le sue aspettative, una indagine che prenderà subito una direzione certa ma che metterà il commissario difronte a delle scelte e delle azioni che, inevitabilmente, cambieranno il suo modo di percepire l’odio razziale e il suo rapportarsi con esso.
“Il singhiozzo del violino” è un libro scritto in modo elegante e chiaro che ha la forza di voler evidenziare come, anche a distanza di tanti anni, l’odio nei confronti di una persona può essere immutato e soprattutto come l’odio razziale, ancora troppo presente, possa creare dei pregiudizi da parte delle persone spesso immotivati e superficiali.
La narrazione è diretta e l’autore riesce, attraverso di essa, a catapultare il lettore nella quotidianità del commissario Lucchesi, nella sua intimità, senza mai farlo sentire fuori luogo o a disagio; il lettore riesce a scoprire tutti i lati del carattere di Lucchesi e riesce ad interpretare ogni suo malessere e agitazione.
Anche quando è preoccupato per la figlia Alice, ormai adulta, ma mai troppo grande agli occhi di un padre, si riesce a percepire tutta la sua agitazione, fatta di gesti come le tante sigarette accese e non finite, le notti insonni a pensare e rigirarsi nel letto, gesti che evidenziano l’umanità e la fragilità del commissario che non passano inosservate al lettore che crea, con il protagonista, una empatia molto forte.
Un Giallo ben costruito, che affonda le sue radici in un dolore grande per tutta l’umanità, un dolore che provoca vergogna, una vergogna così grande che, spesso, si fa fatica ad accettare.
Ed è proprio questo dolore e questa vergogna che, sotto sotto, sono intrinseci in ognuno di noi, a guidare le azioni del commissario che agirà d’impulso perdendo la bussola che gli indica la retta via, trascinandolo in un turbinio di emozioni che rischieranno di fargli perdere tutto; d’altronde come scrive anche Primo Levi nel suo capolavoro “Se questo è un uomo”:
“Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.”
Gianni Simoni
Vive a Milano dal 1985, ex magistrato, si è occupato della maggior parte dei processi di sequestro di persona a scopo di estorsione e di alcuni dei processi “politici” di quegli anni, svolgendo indagini sulle cellule bresciane legate alle BR e a Prima Linea. Nel 1985 si trasferisce alla Procura Generale di Milano, tratta come pubblico ministero alcuni dei principali processi di criminalità organizzata (Wall Street, Count Down) e il processo d’appello per l’omicidio Ambrosoli. Conduce l’inchiesta sulla morte per avvelenamento di Michele Sindona nel carcere di Voghera. Con Garzanti ha pubblicato Il caffè di Sindona, in collaborazione con Giuliano Turone. È autore dei casi dell’ex giudice Petri e del commissario Miceli e delle indagini del commissario Lucchesi, due serie premiate da un progressivo consenso di pubblico e critica.
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