A cura di Loredana Cescutti
Autore: Claudio Coletta
Editore: Fazi Editore
Pagine: 220
Genere: thriller
Pubblicazione: 2020
Sinossi. Una notte, il cadavere di un uomo viene ritrovato impiccato a una gru in un cantiere della metropolitana di Roma. Sembra si tratti di suicidio, ma c’è qualcosa di poco chiaro che rende il caso subito sospetto. Il primario di Medicina Lorenzo Baroldi non ha tempo di seguire la cronaca, specialmente ora che la burocrazia dell’ospedale si è fatta sempre più complicata. Non riesce neanche più a seguire i suoi pazienti come vorrebbe ma al pronto soccorso è appena capitato un caso che non smette di tormentarlo: un giovane ragazzo nigeriano è morto improvvisamente in maniera assai misteriosa. A questa strana morte, Baroldi ne collega altre che sente riportare dai suoi colleghi, episodi troppo simili tra loro per non avere qualcosa in comune. Le morti coinvolgono tutte giovani immigrati provenienti dall’Africa, ragazzi forti e in buona salute fino al collasso fatale. Il dottor Baroldi vuole vederci chiaro, ma da solo non può farcela, soprattutto quando scopre un pericoloso collegamento fra queste morti apparentemente accidentali e il recente suicidio per impiccagione di un capace biologo.
“… l’inganno sull’ordine del mondo inizia presto, già da bambini, quando provano a convincerci che siamo uguali come le spighe del grano, appunto. Tutti a ripetere la stessa storia, maestre, sacerdoti, e noi stessi ai nostri figli, più tardi, ma è solo un modo per tollerare il male ricevuto, accettare le ingiustizie, farcela a tirare avanti. E non puoi più nasconderti, quando vedi persone costrette a vendere il proprio corpo in cambio di un po’ di speranza…”
Recensione
Confesso di aver deciso di leggere questo libro a scatola chiusa. Si trattava, per me, di un autoremai sentito prima e di conseguenza, ignoravo totalmente in cosa mi sarei imbattuta.
Grazie a Thrillernord e alla casa editrice che mi hanno permesso di avere il libro fra le mani quasi un mese prima dell’uscita, invece, ho fatto una gran scoperta.
Ho letto “Il taglio dell’angelo” fra una domenica piovosa e sonnacchiosa e un lunedì e sono rimasta stupita dal fatto che, seppur in 220 pagine, l’autore sia riuscito a dare vita ad una storia che si è autoalimentata da sé fino all’ultima pagina, suscitando nel lettore emozioni forti e vere.
Da subito, con la scrittura c’è stata affinità, da subito sono entrata nel mondo del dottor Lorenzo Baroldi e immediatamente, mi sono ritrovata catapultata nei suoi pensieri più reconditi, nelle sue riflessioni così intense e acute e nella sua vita.
Lui, racconta e si racconta e lo fa con semplicità, spontaneità e onestà.
Il personaggio del dottore è una di quelle figure che ognuno di noi vorrebbe incontrare in caso di bisogno, non perché dotato di super poteri particolari ma bensì, poiché ricco di quell’empatia e di quella umanità di cui, ognuno di noi, nel momento del bisogno avverte di voler percepire in chi sarà al nostro fianco. Ma purtroppo non sempre è così.
Un dottore che non ama ciò che comporta il suo ruolo di dirigente, poiché si associa più a un direttore d’azienda che ha un medico il cui compito dovrebbe essere esclusivamente quello di occuparsi dei suoi pazienti. Un uomo che soffre nel vedere colleghi ben più giovani che non hanno la stessa sua vocazione e che, invece di dedicare del tempo ai pazienti, preferiscono mantenere un distacco emotivo totale, privando così il malato di quell’empatia necessaria per avere fiducia e riuscire a risollevarsi.
“Aveva visto la medicina cambiare in fretta sotto i suoi occhi, le macchine prendere sempre più spazio e l’arte di saper curare, appresa al prezzo di fatiche e di errori, trasformarsi in un inutile fardello. Una sola cosa era rimasta identica in tutti quegli anni: la malattia, con il suo strascico di sofferenza, paura, speranza, per questo si ostinava a leggere ogni volta l’anamnesi, a parlare con i pazienti, a visitarli di persona sotto lo sguardo perplesso, a volte annoiato, più spesso spazientito dei colleghi più giovani.”
Filo conduttore di questa storia saranno quattro decessi inspiegabili: un suicidio e tre morti in ospedali diversi, fra cui uno proprio nella struttura dove opera il dottor Baroldi e sarà proprio da lì che tutta “l’indagine” si metterà in moto.
Lorenzo non ama non riuscire a capire e per lui, ogni perdita significa un fantasma in più che verrà a cercarlo, soprattutto perché in lui una morte lascia sempre addosso la sensazione di non aver fatto abbastanza.
Grazie all’aiuto del suo amico Nario Dominicucci inizierà una caccia serrata che lo condurrà alla verità.
Ma siamo sicuri che conoscere la verità sia l’equivalente di ottenere in seguito giustizia?
“Nonostante quello che tutti pensano, la possibilità di ottenere giustizia è rara, nel nostro mestiere, e non puoi tirarti indietro quando ne hai l’opportunità. Non conta se riuscirai o, molto più probabilmente, fallirai, l’importante è trovarsi a posto con la coscienza, sentire di aver fatto tutto quello che dovevi, nelle tue capacità. È il solo modo per non trascinarsi dietro troppi fantasmi e continuare a vivere.”
Giunta a questo punto, ritengo giusto non addentrarmi oltre nella storia e fermarmi, per non rovinarvi la lettura del romanzo.
Invece, posso affermare con assoluta sicurezza che l’autore, nella costruzione dell’intera storia, ha fatto un gran lavoro. Ogni personaggio, a partire da Lorenzo che sarà colui che dovrà mettere insieme tutti i tasselli, è stato curato attentamente e di fatto avrà un ruolo importante poiché, chi più chi meno, servirà per aggiungere ulteriori frammenti che col tempo verranno uniti e serviranno per fare chiarezza nell’intera vicenda.
Una storia triste, dove per interessi ben più grandi, compresi i nostri purtroppo, vengono prese delle decisioni e fatte delle scelte che possono risultare definitive. Per taluni.
La scrittura si presenta vellutata, ricca di emozioni e sentimento e la lettura si trasforma da semplice inchiesta in un viaggio ben più profondo dentro noi stessi e le nostre coscienze, che va a smuovere emozioni e sentimenti fino ad ora abilmente ignorati e che, ci porta a riflettere su temi esistenti e vicini a noi.
I temi dell’etica, dei profughi disposti a tutto per migliorare la loro condizione di vita e delle multinazionali, che passano sopra tutto e tutti pur di fatturare il più possibile di anno in anno si abbatteranno con la forza di una tempesta, facendo crollare ogni filo di speranza e ogni certezza. Sia quella dei protagonisti che la vostra.
Non può esistere una vita che abbia meno valore di un’altra.
Proprio per questo, mi complimento con l’autore per il tatto con cui, nonostante gli argomenti, sia riuscito a rendere il romanzo scorrevole e senza particolari punti ostici nei quali ritrovarmi a dire: “Ok, respiro un attimo, mi prendo una pausa e poi ricomincio a leggere!”, un bisogno che talvolta, a cospetto di certe letture del passato e, soprattutto dinnanzi a certi temi si è impadronito di merischiando di bloccarmi.
Non mi resta che consigliarlo caldamente e a me, non resta che recuperare i precedenti anche perché, non ci crederete ma, eccezionalmente non sono partita dal primo libro con protagonista Baroldi e Dominicucci. Ebbene sì, mi sono sbagliata, si vede che sto invecchiando.
“La verità … è che sono le spighe più deboli a saltare, le altre non si toccano, rovinano il taglio della lama.”
Buona lettura!
I PERSONAGGI
Non spaventatevi nel leggere tutti questi nomi. Ho scelto di citare quasi tutti, perché a mio avviso ognuno ha fornito una traccia per giungere poi, a quella che sarà la soluzione finale dell’inchiesta portata avanti dal dottore.
PERSONAGGI
(in ordine di apparizione )
Lorenzo Baroldi: da cinque anni direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina in un ospedale romano. Soffre d’insonnia. Riesce a dormire per due o tre ore in modo profondo e successivamente si risveglia di colpo e non riesce più a riaddormentarsi e così, ha trovato il modo di riempire queste lunghe notti, divorando libri di ogni genere. Alla macchina e agli autobus affollati preferisce il tram che lo rilassa, e gli permette altro tempo da dedicare alla lettura. Anche a casa, la sera, ora che i figli vivono altrove, gli piace ritagliarsi dei momenti di solitudine e nei confronti della moglie, che ha la stessa necessità, le concede il medesimo spazio per leggere in tranquillità prima di andare a dormire. Sua moglie si chiama Carla, ex insegnante di liceo e brava cuoca e hanno tre figli: Andrea, Federico e Claudia. Andrea vive e lavora in Germania, Federico sta facendo un dottorato in America e poi Claudia, che da poco ha preferito andare ad abitare in un appartamento al Pigneto assieme ad altri studenti.
Giulio Piersanti: Il più anziano rianimatore dell’ospedale. Fra lui e Baroldi vi è grande rispetto e profonda stima a livello professionale e, l’unico punto sul quale non convergono sono le rispettive squadre di calcio che finiscono per costringerli a battibecchi accalorati.
Adriano Papaleo: Primario del reparto di Rianimazione, ha lavorato parecchi anni all’università di Mogadiscio. Avrebbe raggiunto da un pezzo l’età della pensione ma ancora non vuole decidersi a lasciare. Ha sopracciglia lunghe, folte e bianche comeanche la barba che è altresì abbondante e di un bianco niveo, ad eccezione dell’alone attorno alle labbra dovuto ai sigari che il medico fuma con piacere.
Massimo Marzano: collega capace e anche grande amico di Lorenzo.
Carmelina Giglio: è una giovane specializzanda del Policlinico Roma Est, che sta completando il tirocinio presso l’ospedale di Baroldi. È una catanese piccola e scura come un chicco di caffè, sveglia, allegra e dotata di sottile ironia. È empatica con i pazienti, sa come rivolgersi a loro, come toccarli, non si mostra mai disinteressata ma nemmeno invadente.
Luisa: segretaria personale del dottor Baroldi.
Sonia Scaringella: giovane e minuta con i lineamenti delicati di una vergine del Bellini, con i capelli biondi e fini portati raccolti e bloccati da un pettine d’ambra e gli occhi azzurri. È la patologa che si è occupata dell’autopsia di Milton Sissoko, il profugo deceduto nell’ospedale del dottor Baroldi.
Spartaco: ha sessantasei anni abbondanti, è il decano barelliere del reparto ed è ben voluto da tutti.
Aisha: profuga, moglie di Milton, una delle vittime inspiegabili. Risiede nel CARA di Tor Bella Monaca, ed è in attesa di un figlio.Chiederà espressamente al dottor Baroldi di scoprire cosa sia realmente successo al marito.
Elena Mecozzi: è piccola e graziosa, con una testolina rotonda e capelli neri e corti portati alla maschietta, divisi da una riga perfetta. Si porta sempre appresso una borsa molto pesante a tracolla. Ricorda una studentessa fuori corso del Sud, anche se un esame più approfondito la si può collocare attorno ai quaranta, ben portati. È una delle assistenti sociali al CARA (Centri diAccoglienza per Richiedenti Asilo) di Tor Bella Monaca.
Aristide Viviani: è un basso, obeso e quasi calvo ometto, di una cinquantina d’anni portati male a cui piaceva presentarsi come un medico all’antica e con un’intelligenza acuta.
Nario Domenicucci: poliziotto ligure che per lunghi anni ha lavorato a Roma, dove ha conosciuto Lorenzo Baroldi nel lontano 1974 durante un’indagine, quando quest’ultimo era ancora studente di medicina e con il quale l’amicizia poi, si è mantenutanel tempo. Su richiesta di Lorenzo, scende a Roma per aiutarlo in quella che al momento, appare come un’indagine informale. Èsposato con Annelise e ha un figlio, Edoardo.
Cristina Piepoli: una trentina d’anni, sorella di Fausto, trovatoimpiccato, apparentemente suicida, già da qualche tempo.
Dottor Tommasi: medico ambiguo, che si occupa dei pazienti del CARA di Tor Bella Monaca.
Commissario Diotallevi: anziano commissario di polizia, che si trova attualmente in una casa di riposo, ma è ben più arzillo della media dei suoi compagni di soggiorno.
Dottor Kauffman: è alto, magro, con occhiali di metallo sottile dalle lenti ottagonali, il naso affilato, capelli a spazzola spruzzati d’argento e di gel. Ricopre il ruolo di Chief Executive Research e Europe – Middle East (Swisslife – Canton Ticino)
Ispettore aggiunto Jules Lapize: lavora presso la questura di Losanna. È un quarantenne bruno e asciutto dai baffetti neri ben sagomati, i capelli lucidi di gel e un sorriso da simpatica canaglia stampato sulle labbra stile Belmondo. Parla bene l’italiano.
Eleonora Selvini: Molto alta, una folta chioma grigia raccolta da un pettine d’ambra, e senza trucco, a parte un filo di rossetto. A colpire di lei era il taglio dei grandi occhi azzurri, sfumati di grigio come una lastra di ghiaccio e capaci di confondere naso e mento, forse troppo pronunciati, in una disarmonica bellezza facile da immaginare straordinaria, in gioventù. È la proprietaria dell’azienda farmaceutica.
VITTIME
(che sono le vere protagoniste di questa storia)
Persone delle quali si è potuto sapere poco, ad eccezione del marito di Aisha, ma che in realtà hanno dato la vita in questa storia.
Milton Sissoko: marito di Aisha e una delle tre persone morte improvvisamente, in modo apparentemente inspiegabile.
Mohamed Segené: nato a Bamako nel 1989, professione imbianchino, venticinque anni, nazionalità del Mali. Morto improvvisamente in modo inspiegabile.
Kemo Diarra: ventitré anni, nato a Bamako, nazionalità del Mali. Morto improvvisamente in modo inspiegabile.
Fausto Piepoli: Fratello di Cristina, biologo ricercatore di buon livello, impiegato in una società di servizi in svizzera, trovato morto impiccato. Apparente suicidio.
Claudio Coletta
È cardiologo e docente presso l’Università degli Studi di Roma «La Sapienza». È stato membro della giuria internazionale del Roma Film Festival nel 2007. Tra i suoi romanzi Viale del Policlinico (Sellerio, 2011), Amstel blues (Sellerio, 2014), Il manoscritto di Dante (Sellerio, 2016) e Prima della neve (Sellerio, 2019).
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