Recensione di Marina Morassut
Autore: Graham Greene
Editore: Sellerio
Traduzione: Alessandro Carrera
Genere: Gialli classici
Pagine: 364
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Una ballerina, un medico, un uomo d’affari, una giornalista, un ladro; da uno scompartimento all’altro si intravedono i segreti che ciascuno di loro nasconde in un giallo ad altissima tensione. Ognuno è salito sul treno per un motivo diverso, la giovane Coral è diretta a Costantinopoli per un nuovo lavoro, ma ha un malore e il medico le prescrive assoluto riposo, solo che la donna non ha neanche una cuccetta, così è il ricco Carleton Myatt a cederle il suo posto. Correndo attraverso l’Europa il treno giunge a Colonia, dove salgono due nuovi viaggiatori, poi il convoglio si ferma in Jugoslavia, una sosta per qualcuno dalle conseguenze fatali. Il treno per Istanbul appartiene a quelli che Greene chiamava «divertimenti». Pubblicato nel 1932, fu il primo vero successo per lo scrittore britannico, quello che gli dette fama e notorietà; ma il romanzo è molto di più di un giallo raffinatissimo: è una fotografia dell’Europa tra le due guerre con le sue contraddizioni e drammi e dove aleggia il presentimento di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. È anche un romanzo moderno per i tanti temi trattati, la razza, la povertà, la frustrazione sessuale, il fallimento politico. A dominare su tutto l’Orient Express (così doveva intitolarsi il romanzo), un treno che è diventato mito grazie a scrittori come Agatha Christie e Ian Fleming e che ha avuto nel cinema la sua consacrazione definitiva.
Recensione
Un treno lungo tutta un’Europa, in un periodo a cavallo tra le due Grandi Guerre.
Da Ostenda in Belgio a Costantinopoli in Turchia, tra fermate previste a Colonia, Vienna, Subotica – e qualche fermata imprevista e foriera di tragedie.
La pioggia che arriva dalla Gran Bretagna e si abbatte sulla costa belga e che nell’oscurità e nel freddo ci fa intravvedere i primi passeggeri che in questo 1932 abbandonano il battello che li ha portati ad Ostenda per un rifugio sicuro, l’Orient Express, che li condurrà in diverse località di un’Europa ripresasi dalla Prima Guerra Mondiale ma che ha già in sé i semi per un’ancora più devastante Guerra, ciascuno in cerca di un futuro, di una possibile convivenza felice, di un sogno rimandato da tempo, di un’opportunità di vita migliore, di una debacle a cui si va incontro ad occhi aperti.
Cinque personaggi sempre e miseramente soli e che in sé incarnano una buona parte del campionario umanoe della società del tempo, e tutti indistintamente votati alla distruzione, ciascuno a modo suo, nello stesso modo in cui il continente si sta dirigendo a rotta di collo verso il disastro e il fallimento di tutto ciò che è l’umanità nella sua più alta declinazione.
E quindi questo romanzo, dove si estrinseca tutta la pietas di un uomo che già da ragazzo aveva manifestato la sua insofferenza per la disciplina e un’intima inquietudine che aveva messo in serio pericolo la sua vita e che nell’età adulta lo ha portato ad abbracciare la religione cattolica e lo ha fatto diventare al contempo romanziere e spia, ci trascina di fronte alle schegge di vita di cinque persone, le une più diverse dalle altre.
La ballerina Coral, diretta a Costantinopoli per un lavoro come ballerina, sfuggita momentaneamente alla miseria e agli ingaggi temporanei di Londra, abituata alla povertà e alle lusinghe degli uomini da poco, che mantiene intatta tutta la sua innocenza e che si fa umilmente bastare il poco che ha ed è capace di goderne sinceramente, mai vilmente furba quel tanto che le consentirebbe di cambiare vita.
Il ricco e giovane industriale ebreo, che si muove con sicurezza nella ricchezza delle grandi città e che invece nelle piccole cittadine, come pure nella campagna o nella violenza dell’esercito, si trova a dover fare i conti con il proprio aspetto e con la propria ebraicità, che viene guardata da ricchi e poveri con sospetto e cattiveria. La sua bravura e capacità con cifre ed economia e con donne navigate e di dubbia reputazione, ma completamente impreparato ed insicuro nel dialogare e nel rapportarsi con una giovane e virginale fanciulla.
Il dottore comunista, che cinque anni prima, a causa di un processo iniquo in cui aveva cercato di fare la cosa giusta, aveva dovuto lasciare Belgrado, sua città natale, scappando così dalla sua attività di medico e dalla carica di capo dei socialdemocratici per non essere assassinato e che, nonostante le sue convinzioni, inizia a dubitare dei suoi ideali e non riesce più a pensare di ritornare alla nuova vita di insegnante – provvisoria – che si era costruito in Gran Bretagna sotto mentite spoglie.
Troviamo anche il ladro furbo e profittatore, sempre in cerca di un lavoretto e di soldi da rubare, lesto ad approfittare di tutti e di qualsiasi situazione possa portargli profitto, anche a scapito della vita altrui e che come un gatto, cade e cadrà sempre in piedi.
E poi la coppia di donne, la signorina Mabel Warren, giornalista colta e aspirante uomo, dedita ai piaceri dell’alcol, che sarà il deus-ex-machina per la vicenda del dottore comunista e che coinvolgerà suo malgrado la gracile e fiduciosa ballerina Coral, portandole via il poco di felicità faticosamente conquistata. E insieme alla “vecchia” signorina, la giovane mercenaria ed opportunista Janet, sedicente dama di compagnia, di uno squallore, inconsistenza e amoralità uniche eppure ancora così individuabili nella nostra attuale società.
Un campionario umano rappresentante insicurezze, fragilità e tormenti, disillusioni – e di nuovo il paragone con la vecchia Europa è calzante.
Ma con l’avvicinarsi di Costantinopoli, con le interazioni a bordo dell’Orient Express, tra prima e seconda classe, con l’entrata in scena ad un certo punto della giornalista, che casualmente alla fermata di Coloniaintravvede il dottore e lo riconosce per l’uomo che cinque anni prima era fuggito da un processo e da morte certa, la vicenda si fa più cupa ed il giallo avanza, innestando nel corpus del romanzo un’ansia soffocante ed un terrore in crescendo per quello che potrà accadere una volta che il treno si fermerà a Subotica (ora Serbia) dove la polizia si sta attrezzando per fermare e fare sommaria giustizia di un uomo. Ma chi cercano? Il comunista pieno di ideali?
Il ladro assassino?
E perché Coral, che sembra aver trovato l’amore sul treno, segue il dottore tra i binari, tra scambi furtivi di missive?
Il mistero si infittisce e tutto sembra precipitare nella tragedia, complice un Graham Greene che non sembra avere fiducia nel genere umano e che sicuramente, nonostante abbia abbracciato la fede cristiana, non sembra credere nemmeno nei miracoli.
Una conclusione amara, nonostante per un attimo il velo dell’indifferenza si squarci e la generosità senza ricompense sembri vincere sui furbi, sui ricchi e sulla mercificazione di qualsiasi sentimento cristiano. La vicenda si concluderà a Costantinopoli, comminando a ciascuno l’amaro calice, nonostante che in un momento di grazia ciascuno di loro, con uno sforzo di volontà, avrebbe potuto cambiare il proprio destino.
Piccola curiosità: “Il treno per Istanbul” di Graham Greene esce nel 1932. L’anno successivo, pubblicato a puntate dal settimanale statunitense The Saturday Evening Post esce “Assassinio sull’Orient Express”, che viene poi pubblicato nel 1934 come romanzo in un unico libro. La Christie lo scrive durante un suo soggiorno a Istanbul, nella stanza 411 del Pera Palas Hotel (oggi adibita a piccolo museo in suo onore). E nel romanzo di Greene, il ricco industriale ebreo cena al Pera Palace di Costantinopoli. Due gialli completamente diversi, ma che quasi in contemporanea filano entrambi lungo le rotaie dell’Orient Express.
A cura di Marina Morassut
Graham Greene
Graham Greene (1904-1991) è stato uno scrittore inglese. Convertitosi al cattolicesimo intorno al 1927, scrisse romanzi che sono tra i più popolari della narrativa inglese contemporanea, come Il potere e la gloria (1940), Il nocciolo della questione (1948), La fine dell’avventura (1951). Versioni cinematografiche hanno avuto, fra l’altro, i racconti Il terzo uomo (1950) e Il nostro agente all’Avana (1958) e il romanzo Il tranquillo americano (1955). I suoi romanzi narrano, con toni in cui si equilibrano sottilmente commozione e ironia, storie realistiche e spesso violente: guerra, spionaggio, intrighi, casi polizieschi, su sfondi per lo più esotici e con personaggi tormentati e sinistri. L’ultima produzione di Greene, che comprende tra l’altro In viaggio con la zia (1969), Il console onorario (1973), Il fattore umano (1978), Il dottor Fischer a Ginevra (1980), Il decimo uomo (1985), L’uomo dai molti nomi (1988), sembra oscillare fra l’ironia e la narrazione cronachistica. Autore di un’interessante autobiografia, Una specie di vita (1971), cui ha fatto seguito Vie di scampo, Greene ha scritto anche saggi, racconti, sceneggiature e adattamenti radiofonici. Postumo è uscito il volume Un mondo tutto mio (1992), selezione del meticoloso diario dei sogni tenuto da Greene durante l’intera sua vita. Nel 2019 per Sellerio esce anche Il treno per Istanbul.
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