Recensione di Francesca Mogavero
Autore: Valeria Parrella
Editore: La nave di Teseo
Pagine (ebook): 23
Genere: Narrativa/Noir
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Può un antico mito rivivere in una crudele storia di amore e tradimenti che nasce e si sviluppa nell’inferno della società di oggi? Questo libro lo suggerisce con forza. La giovane Clitemnestra, ragazza borghese, si ritrova spaesata e incuriosita nell’ambiente del marito Agamennone, un boss: “Tutto ‘sto teatro me piaceva,” dice lei, stupita e come affascinata da un mondo crudele che ancora non conosce nei suoi dettagli drammatici. Ben presto, però, il “suo” boss la tradisce, e Clitemnestra si ritrova a fare i conti con le sue pulsioni: rabbia, vendetta, amore? Un amore che porta con sé il richiamo del sangue, la pulsione omicida. È una pulsione che viene da lontano, dall’antichità più oscura e profonda, e che non lascia scampo.
Recensione
Mi sono sempre chiesta se i tragici greci portassero sulla scena, al cospetto degli sguardi e delle lingue velenose, eroine “sbagliate”, esempi ritenuti negativi dall’intera comunità, a partire dagli autori stessi, oppure se, dipingendo caratteri controcorrente, dirompenti, che reclamavano spazio e ragion d’essere, volessero suggerire al pubblico e alle autorità che era già ora, era già possibile un cambiamento, una visione più ampia dei diritti e dei rapporti.
Medea, che oggi ci sembra così umana, ai tempi di Euripide era un’ingrata, una maga preda di una furia incomprensibile e insensata, una straniera che doveva sentirsi privilegiata e comprendere la scelta di Giasone di convolare a nozze legittime, oppure suscitava, se non una piena assoluzione (del resto, si è macchiata del crimine forse più atroce), quantomeno un moto di simpatia e di identificazione?
E che dire di Clitemnestra, armata di mannaia, gelosia e tradimento? Regina di Micene, ha visto la figlia Ifigenia sacrificata sull’altare di un’autorità più grande, ha covato vendetta per dieci anni e l’ha messa in pratica, assieme all’amante Egisto, non appena lo sposo Agamennone ha varcato l’ingresso della sua dimora assieme alla concubina (schiava, preda di guerra, per meglio dire) Cassandra: quale tracotanza, quale rancore assurdo! Lei, nobile moglie infedele, uccidere l’Atride, sovrano della sua terra, della sua vita, del suo letto, proprio sulla sacra porta di casa! Tuttavia come non sentire quei “ma” e quei “però” tra un verso e l’altro?
Per quella fiducia che provo nei confronti degli autori veri, antichi e nuovi, prosatori e poeti, vedenti oltre le diottrie, il presente e la realtà, voglio credere che Eschilo, Sofocle e tutti quelli di cui ora si sono perse le parole abbiano scorto qualcosa di più al di là delle leggi dello Stato e dell’oikos e instillato il dubbio.
Di certo, a distanza di quasi 2.500 anni, ci riesce Valeria Parrella, costruendo l’appassionato monologo di Clitemnestra, stabilendo fin dall’inizio della stesura
“Che tutto doveva essere già compiuto nel momento in cui ella avesse iniziato a parlare poiché la giustificazione che porta avanti non è una richiesta di comprensione, bensì la sua essenza stessa”.
La Regina, infatti, che ne Il verdetto è una figlia della borghesia partenopea che ha ceduto alla possanza grezza e verace di un aitante camorrista, dotato di “certe spalle così larghe e certi occhi così profondi”, sa già che la decisione è già stata presa, che la corte è unanime – del resto, lei è rea confessa e cosa l’aspetta nella prossima tragedia è noto a tutti – ma sceglie di fermarsi “per una questione di eleganza” e per chiarire un punto crociale: a chi appartiene il sangue versato?
Riportando alla mente i primi giorni di desiderio, i risvegli vuoti, i lutti, le fughe e le attese, l’aula di tribunale si popola di voci, quella di Clitemnestra, tonante e fascinosa – “come parli bello tu, eh?” le ripeteva sempre il marito – e quella di Agamennone, che nemmeno adesso, ormai freddo e sepolto, pare rassegnato a cederle il passo e a uscirle dal cuore e dai pensieri. E spariscono i banchi, i tomi di diritto, l’ombra del giudice e dei comprimari: resta solo un torrente rosso e impetuoso che, com’è nella sua natura, non può far altro che scorrere, travolgere e inondare, senza spiegazioni né scusanti.
Poche pagine intense che arrivano al lettore contemporaneo con il bagaglio dei secoli – reminiscenze letterarie, storia, archeologia – e il potere sempre dorato, sempre prorompente, del mito e soprattutto dell’amore, il mistero più profondo, la malia più grande, l’energia più vitale (e letale) che esista su questa terra, nei Campi Elisi e tra le acque dell’Acheronte.
A cura di Francesca Mogavero
Valeria Parrella
vive a Napoli. Mosca più balena, il suo libro d’esordio, ha vinto i premi Campiello Opera Prima, Procida e Amelia Rosselli. La sua seconda raccolta di racconti, Per grazia ricevuta, è stata finalista al premio Strega 2005 e ha vinto i premi Renato Fucini e Zerilli-Merimò. Tra i suoi romanzi, ricordiamo Lo spazio bianco (2008), da cui Francesca Comencini ha tratto l’omonimo film, Tempo di imparare (2011), Enciclopedia della donna. Aggiornamento (2017) e Almarina (2019), candidato al LXXIV Premio Strega. È autrice dei testi teatrali Tre terzi (2009, insieme a Diego De Silva e Antonio Pascale), Ciao maschio (2009) e Antigone (2012). Per Ricordi, in apertura della stagione sinfonica al Teatro San Carlo, ha firmato nel 2011 il libretto Terra su musica di Luca Francesconi. Ha inoltre curato la riedizione italiana de Il Fiume di Rumer Godden (2012). Da anni si occupa della rubrica dei libri di “Grazia” e collabora con “Repubblica”. Le sue opere sono tradotte in Francia, Germania, Spagna e negli Stati Uniti.
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