Infanzia




Recensione di Nunzia Esposito


Autore: Tove Ditlevsen
 
Editore: Fazi Editore
 
Traduzione: Alessandro Storti
 
Genere: Autobiografia
 
Pagine: 150
 
Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. La piccola Tove vive con i genitori e il fratello maggiore in un quartiere operaio di Copenaghen. Il padre, uomo schivo dalle simpatie socialiste, si barcamena passando da un impiego saltuario all’altro. La madre è distante, irascibile e piena di risentimento: non è facile prevedere i suoi stati d’animo e soddisfare i suoi desideri. A scuola Tove si tiene in disparte, dentro di sé è convinta di essere incapace di stabilire veri rapporti con i coetanei; fa però amicizia con la selvaggia Ruth, una bambina del suo quartiere che la inizia ai segreti degli adulti. Eppure anche con lei Tove indossa una maschera, non si svela né all’amica né a nessun altro. La verità è che desidera soltanto scrivere poesie: le custodisce in un album gelosamente nascosto, soprattutto da quando il padre le ha detto che le donne non possono essere scrittrici. Sempre più chiara, in Tove, è la sensazione di trovarsi fuori posto: la sua capacità di osservazione, lucida, inesorabile, ma al tempo stesso sensibilissima, le fa apparire estranea l’infanzia che sta vivendo, come se fosse stata pensata per un’altra bambina. Le sta stretta, quest’infanzia, eppure comincerà a rimpiangerla nell’attimo stesso in cui se la lascerà alle spalle. Tove Ditlevsen, impeccabile ritrattista di una femminilità punteggiata di chiaroscuri, ci ha generosamente aperto le porte delle molte stanze da lei abitate negli anni, lasciandoci delle pagine indimenticabili, destinate a restare.

Recensione


Una bambina alta e mingherlina attraversa la strada. Si dirige orgogliosa e incerta incontro al suo sogno, forse il suo futuro. Osserva i passanti che sfiorano il suo cammino e si chiede come si sentiranno a sapere che un giorno una poetessa è passata loro accanto, in una strada qualunque, in un giorno qualsiasi…

Se attraverso la parole della piccola Tove potessimo indicare una protagonista, io credo che l’infanzia in sé stessa, sarebbe il personaggio principale di questo romanzo. Primo di una trilogia, il romanzo autobiografico poteva lasciare presagire un’infanzia povera ma serena, in realtà quello che Tove ha da raccontare è ben diverso.

Il rapporto tormentato con la madre:
 
una volta la cosa più importante al mondo era se mia madre mi amasse o meno, […]ora penso che mia madre mi voglia bene, ma questo non mi rende felice.”

Quello complice ma altalenante con il padre. L’ ingombrante figura del fratello maggiore “bello e bravo”(e maschio) che mette perennemente in ombra anche solo l’esistenza della piccola Tove.
 
Queste relazioni non fanno altro che rafforzare l’idea di quanto la solitudine pervada l’esistenza della piccola Tove e di quanto lei stessa veda l’infanzia come una gabbia, una trappola dalla quale non le sarebbe stato mai possibile uscire.

Co-protagonista del racconto è la poesia, da un lato unica vera amica per Tove, dall’altra possibile via di fuga sebbene in famiglia sia percepita come prerogativa maschile. Una dote del tutto inutile per una bambina.
 
La prosa potente, gli episodi narrati e le riflessioni della scrittrice ci lasciano percepire un mondo solitario e nascosto nel quale la protagonista è rassegnata a restare e nel quale io stessa mi sono trovata a riflettere a rievocare episodi della mia infanzia.
 
Conoscere la piccola Tove significa riprendere contatto con il bambino dentro di noi. Questa è la forza che la scrittrice affida alle sue pagine. E’ la chiave per interpretare e comprendere quanto del noi-bambino è rimasto rinchiuso nella nostra infanzia e quanto invece è riuscito a sopravvivere, accompagnandoci nell’età adulta.

 

 

Tove Ditlevsen


E’ nata a Copenaghen ed è cresciuta nel quartiere operaio di Vesterbro. Le sue esperienze infantili sono state i punti focali del suo lavoro. Era figlia di un intellettuale socialista, letterato mancato che per gran parte della vita si arrabattò con lavori saltuari e sottopagati che consentivano alla famiglia a malapena un poco di agiatezza.
Nella sua vita, Ditlevsen ha pubblicato 29 libri tra cui racconti, romanzi, poesie e memorie. L’identità femminile, la memoria e la perdita dell’infanzia sono temi ricorrenti nel suo lavoro. Ha iniziato a scrivere poesie all’età di dieci anni. Il suo primo volume di poesie fu pubblicato poco più che ventenne. Nel 1947, ha riscosso successo con la pubblicazione della sua raccolta di poesie “Blinkende Lygter” (Flickering Lights). La Danish Broadcasting Corporation le commissionò di scrivere un romanzo, “Vi har kun hinanden” (“Abbiamo solo l’un l’altro”), che fu pubblicato nel 1954 e trasmesso in puntate radiofoniche. Ditlevsen ha anche tenuto una rubrica sul settimanale “Familie Journalen”, rispondendo alle lettere dei lettori.
Tre dei suoi libri, “Infanzia”, “Gioventù” e “Dipendenza”, formano una trilogia autobiografica, denominata la Trilogia di Copenaghen.
Per tutta la sua vita adulta, Ditlevsen ha lottato contro l’abuso di alcol e droghe ed è stata ricoverata più volte in un ospedale psichiatrico, un tema ricorrente nei suoi romanzi successivi. Nel 1976 morì suicida per un’overdose di sonniferi.
 

 

Acquista su Amazon.it: