Recensione di Nunzia Esposito
Sinossi. La piccola Tove vive con i genitori e il fratello maggiore in un quartiere operaio di Copenaghen. Il padre, uomo schivo dalle simpatie socialiste, si barcamena passando da un impiego saltuario all’altro. La madre è distante, irascibile e piena di risentimento: non è facile prevedere i suoi stati d’animo e soddisfare i suoi desideri. A scuola Tove si tiene in disparte, dentro di sé è convinta di essere incapace di stabilire veri rapporti con i coetanei; fa però amicizia con la selvaggia Ruth, una bambina del suo quartiere che la inizia ai segreti degli adulti. Eppure anche con lei Tove indossa una maschera, non si svela né all’amica né a nessun altro. La verità è che desidera soltanto scrivere poesie: le custodisce in un album gelosamente nascosto, soprattutto da quando il padre le ha detto che le donne non possono essere scrittrici. Sempre più chiara, in Tove, è la sensazione di trovarsi fuori posto: la sua capacità di osservazione, lucida, inesorabile, ma al tempo stesso sensibilissima, le fa apparire estranea l’infanzia che sta vivendo, come se fosse stata pensata per un’altra bambina. Le sta stretta, quest’infanzia, eppure comincerà a rimpiangerla nell’attimo stesso in cui se la lascerà alle spalle. Tove Ditlevsen, impeccabile ritrattista di una femminilità punteggiata di chiaroscuri, ci ha generosamente aperto le porte delle molte stanze da lei abitate negli anni, lasciandoci delle pagine indimenticabili, destinate a restare.
Recensione
Se attraverso la parole della piccola Tove potessimo indicare una protagonista, io credo che l’infanzia in sé stessa, sarebbe il personaggio principale di questo romanzo. Primo di una trilogia, il romanzo autobiografico poteva lasciare presagire un’infanzia povera ma serena, in realtà quello che Tove ha da raccontare è ben diverso.
Il rapporto tormentato con la madre:
Quello complice ma altalenante con il padre. L’ ingombrante figura del fratello maggiore “bello e bravo”(e maschio) che mette perennemente in ombra anche solo l’esistenza della piccola Tove.
Co-protagonista del racconto è la poesia, da un lato unica vera amica per Tove, dall’altra possibile via di fuga sebbene in famiglia sia percepita come prerogativa maschile. Una dote del tutto inutile per una bambina.
Conoscere la piccola Tove significa riprendere contatto con il bambino dentro di noi. Questa è la forza che la scrittrice affida alle sue pagine. E’ la chiave per interpretare e comprendere quanto del noi-bambino è rimasto rinchiuso nella nostra infanzia e quanto invece è riuscito a sopravvivere, accompagnandoci nell’età adulta.
Tove Ditlevsen
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