Intervista a Dario Correnti




A tu per tu con l’autore


 

A beneficio dei nostri lettori, ricordiamo che Dario Correnti è uno pseudonimo dietro cui si nascondono due autori.

Innanzitutto, ne approfitto, per esprimere qui la mia gioia per il ritorno di questi due personaggi “diversamente carismatici”, che in questo periodo di silenzio, mi avevano lasciato un vuoto, poiché nelle loro semplici imperfezioni mi avevano catturata.

Proprio ripensandoli a partire dall’inizio del loro percorso, quando tutto ha avuto origine, quando le loro strade si sono incrociate e il dopo ha assunto una sua dimensione, vi chiedo, come e quando ha avuto luogo prima, il vostro personale incontro con Marco Besana e Ilaria Piatti e perché no, anche con l’ormai imprescindibile Beck’s?

Sono arrivati un po’ per caso, quasi da soli. Si sono presentati un’estate, al mare. Già con i loro nomi, proprio come delle persone. In compenso, non sapevamo ancora quale nome dare all’autore, quello è venuto molto dopo. Probabilmente sono apparsi in modo così naturale perché erano in giro, nel senso che il mondo dei giornali di carta stampata, che è un mondo in crisi, è pieno di Besana e di Piatti. Beck’s invece è ispirato al cane di una nostra amica.

Entrando nello specifico, Marco Besana è un giornalista di nera, quella vera, su carta, ormai sul viale del tramonto sia professionalmente parlando che sul fronte personale, con un divorzio difficile e un rapporto altrettanto stanco e difficoltoso col figlio studente universitario. Ha un fiuto ancora ben funzionante per quanto riguardo le indagini ma anche disincantato per come il lavoro di giornalista stia cambiando. Ilaria Piatti, la “Piattola”, invece si porta addosso un’infanzia tragica e un passato che non le dà tregua. È impacciata, introversa, a tratti comica ma quando si tratta di seguire una pista o di usare una penna è imbattibile e nonostante tutto, è ancora una precaria che si arrabatta come può. Insomma, diversi ma uguali. Qual era il vostro intento iniziale, in veste di autori che decidono per i loro personaggi, quando avete pensato a un rapporto di collaborazione fra loro e cosa, invece, si è generato poi, in modo spontaneo all’interno dei romanzi?

Ci sembravano due figure complementari, che rappresentano bene le fasce più deboli della categoria: i giovani precari che non riescono a trovare un posto stabile nonostante il talento e i pensionati che vengono tagliati fuori nonostante la loro esperienza e bravura. E così abbiamo creato un’alleanza fra due vittime del sistema. Insieme cercano una rivincita. Poi fra loro piano piano nasce un’amicizia vera, profonda, che non sconfinerà mai in un amore perché vogliamo che duri per sempre e che non venga rovinata da altri sentimenti. Guai a loro.

Nella scrittura di qualsiasi tipo, dalla recensione al commento o ancora meglio nella stesura di un romanzo, un’impronta di chi scrive rende il testo sicuramente più completo. Nei vostri libri, accantonando per un attimo l’efferatezza dei delitti, si respira una buona dose di calore, empatia e umanità data da Marco e Ilaria e quindi, se doveste fare un’autovalutazione, in quale dei due riuscite a rispecchiarvi meglio, tenendo conto di ciò che forse -involontariamente o meno – avete lasciato di voi stessi a entrambi? Con chi vi trovate maggiormente in sintonia?

Noi siamo molto diversi da entrambi, però cerchiamo di calarci nei nostri personaggi. Difficilmente diamo a loro qualcosa che ci appartiene. Semmai succede il contrario. A volte facciamo delle cose e poi ci diciamo «Sembri Piatti» oppure «Sembri Besana». E a volte ci chiediamo: «Ma secondo te, a chi di noi due vogliono più bene?»

Nei vostri romanzi l’indagine investigativa ha un ruolo dominante, come anche la storia del crimine in sé. Passato e presente si intrecciano, catturando dalla realtà del passato tasselli utili per ricomporre fatti accaduti nel tempo recente. Perché questa scelta stilistica?

Siamo sempre molto attenti ai fatti di cronaca reali, che a volte vengono citati nel romanzo e altre volte vengono reinterpretati in forma di fiction. In tutti e tre i libri abbiamo sempre mescolato passato e presente, casi famosi e invenzione. La chiave della serie è l’imitazione. In Nostalgia del sangue l’assassino imitava il primo serial killer italiano, nel Destino dell’orso imitava un’avvelenatrice del Settecento e qui, in Tutti i nomi della morte l’assassino si ispira a un pittore del Cinquecento.

Besana e Piatti chiudono sempre la giornata, che sia stata buona ma anche quando va molto male, con almeno uno o due spritz o, come in quest’ultima indagine, Tutti i nomi della morte, addirittura con del buon vino e dell’altrettanto sfizioso cibo toscano. Questi momenti appaiono come irrinunciabili e, per altro, è sempre in queste occasioni che ne escono riflessioni profonde per entrambi. Insomma, il “momento conviviale” continua a dimostrarsi uno spazio che si frappone fra le difficoltà di una giornata totalmente storta e il noi ora, che ci fermiamo a respirare e a pensare. Anche per Dario Correnti vi è uno spazio del genere nella sua giornata di scrittore?

Sicuramente anche a noi piace bere bene e mangiare bene. E ci divertiamo molto a sperimentare i menù dei libri sulla nostra pelle. Parte della nostra creatività è affidata anche alla degustazione. In aggiunta, l’idea della serie è nata a tavola. Ma quel ristorante non era un granché, non ci siamo più tornati. 

Tutti i nomi della morte racconta di delitti che si intrecciano in modo brutale fra di loro e che richiamano alla storia dell’arte. Vorreste spiegarci quali sono i motivi che vi hanno spinti a creare questa sorta di collegamento fra l’indagine e un mondo così vasto, come quello degli artisti e delle opere d’arte del passato? E, dato che ci siamo, perché la scelta di ambientarlo proprio in un paese della provincia pisana?

Tutto è partito dall’opera del Pomarancio, perché siamo rimasti molto colpiti dalla violenza degli affreschi di Santo Stefano Rotondo. Una galleria degli orrori. Quando siamo entrati in quella chiesa, abbiamo subito pensato: «Ecco, qui c’è trippa per gatti» intendendo «trippa per Dario». Dato che il pittore era nato a Pomarance, in Toscana, dalle parti della Valle del Diavolo, siamo andati a fare un giro nella sua terra. E abbiamo scoperto il paesaggio sinistro delle Biancane e dei lagoni, drammatico, cupo, selvaggio, perfetto per ambientare un thriller. Facevamo chilometri e chilometri senza incontrare anima viva, e nemmeno telecamere di sorveglianza. E poi sullo sfondo, non lontano da lì, sempre in Toscana, aleggiava ancora il ricordo del Mostro di Firenze.

Mi permetto di farvi una domanda nata dalla curiosità che purtroppo fa parte dei miei difetti. Da tempo si vocifera che dietro al mantello dell’invisibilità, che indossate abitualmente, si celino due paia di mani assolutamente capaci, che anche in questo ultimo romanzo che ho avuto il piacere di leggere per Thrillernord, mi hanno fatta calare da subito nella storia, come nelle precedenti indagini e come se non ci fosse stata una pausa di tre anni dall’ultimo libro. Ora vi chiedo: ma quando queste mani sono nel momento di pura creazione, di assoluto aggrovigliarsi di cervelli, di dita che schiacciano tasti a più non posso, fra un fastidio, uno sbaglio, delle cancellature inappropriate, davanti a idee assolutamente divergenti, dico, Dario Correnti come reagisce? Si diverte o ogni tanto si trova costretto ad alzare la voce per mettere tutti al loro posto?

Tre libri insieme, e non abbiamo mai litigato. Un bel record, no? A volte possiamo avere delle idee diverse ma, chissà perché, finiscono per incastrarsi sempre. In effetti è un ménage à trois, perché noi pensiamo sempre: «Cosa direbbe Dario? Come risolverebbe questo passaggio?» Ci sembra anche di vederlo: è alto, magro, un po’ gobbo e un po’ nerd. E ha i ricci. Tendenzialmente è abbastanza flemmatico. Raramente lo abbiamo visto arrabbiato, ma non con noi.

Noi fan che siamo rimasti a stecchetto per un po’, ma che ora abbiamo riassaporato l’atmosfera calda e piacevole, nonostante tutto, creata da questi due personaggi, adesso ci chiediamo se e quando potremo ritrovare Marco e Ilaria. C’è già qualche nuova inchiesta che scalpita per uscire dal cassetto?

Grazie per il tifo! Per ora abbiamo mandato Dario in vacanza, lontano dalla Valle del Diavolo. Speriamo che si diverta e che non si scotti troppo perché è molto pallido.

Il “salottino” di Thrillernord, prima dei saluti, propone come da tradizione la domanda di rito: quali sono le vostre letture di riferimento? Fra queste c’è spazio anche per il genere nordico?

Ammiriamo soprattutto Jo Nesbø, fra i nordici. E ultimamente stiamo imparando molto anche dalle serie tivù, specialmente quelle di true crime. E poi leggiamo con attenzione i giornali, non ci perdiamo un caso di nera. 

Vi ringrazio per la vostra disponibilità a nome mio e di tutti gli amici di Thrillernord.

A presto!

Grazie a lei! Dario

Loredana Cescutti

 

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