Intervista a Francesco Paolo Oreste




A tu per tu con l’autore


Quanta distanza c’è tra quello che scrive tra le pagine di “In un mare senza blu” e quello che quotidianamente vede?

Praticamente nessuna. In realtà scrivo cercando -tra la moltitudine di storie che vedo e vivo- quelle che meglio possono aiutarmi a spiegare le emozioni che provo quando queste esistenze le incrocio come fatti di vita e non come fatti di cronaca. Spesso si tratta di emozioni contrastanti, complesse, che mi portano a provare rabbia, pietà o compassione verso la medesima persona. Semplificare una complessità è un’operazione ingiusta o banalizzante.

Mario. Ciro. Michele. Qual è la storia che ha fatto più fatica a scrivere? Se ce n’è stata una più faticosa delle altre.

Sicuramente la storia di Ciro. E’ un personaggio molto diverso da me e molto più raro rispetto ai tanti Michele che conosco. Un personaggio diverso ma che sento incredibilmente vicino a me per la sua voglia di opporsi e di resistere alle tempeste della vita, anche quando – oggettivamente – non sembra avere la forza di farlo. Ciro è disperazione e salvezza. E non solo per se stesso.

Da dove è arrivata l’idea di raccontare le storie di questi personaggi? Di quel particolare quartiere?

Sono storie buie, che incontro quando –per lavoro- devo entrare in queste oscurità. Storie in cui il nero è ingiustizia che si fa ingiustizia. Questi ragazzi crescono senza un’infanzia, abbandonati a se stessi dalle istituzioni e dalle famiglie, diventando a loro volta adulti non idonei ai ruoli che dovranno incarnare e contribuendo alla creazione di nuove ingiustizie. Una spirale senza fine. Raccontare queste storie è il mio modo di restituire loro un po’ di luce e, magari, un po’ di giustizia (perché senza luce i colori non esistono e il mare non è blu)

Mi ha molto incuriosita il riferimento alla plastilina… come mai ha deciso di usare questo paragone?

Avevo bisogno di esprimere questo concetto della irreversibilità e della forza dei legami che si creano durante l’infanzia, quando tutto è nuovo e tutto si aggiunge. La plastilina mi ricordava questo tempo e mi sembrava adatta a spiegare l’impossibilità di scindere quello che si unisce.

A chi suggerisce la lettura del suo libro?

A chiunque non abbia paura di ritrovarsi a provare compassione per un assassino.

A cura di Stefania Ceteroni

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