A tu per tu con l’autore
La prima domanda che ti voglio fare e forse quella che ti hanno fatto in tanti, come mai proprio il 1924? un periodo storico molto importante e non direi proprio di passaggio per la storia italiana.
La storia che dovevo narrare esigeva un’epoca in cui onore e silenzio avessero un peso anche giuridico: l’onore, a quel tempo, attenuava l’omicidio, il silenzio era un atteggiamento che poteva spingersi ai limiti della connivenza, se non della complicità, senza perdere il suo valore. Nel 1924, sotto il cono d’ombra di un omicidio di Stato, giustificato pubblicamente dal capo del governo con l’onore e determinato dalla necessità di imporre il silenzio sui brogli elettorali appena consumati e sui finanziamenti illeciti a importanti uomini politici, matura un “piccolo” omicidio per cause tutt’affatto diverse, ma con radici nei medesimi sentimenti.
Mi voglio soffermare sui personaggi, tutti son ben calati nel contesto storico e son molto veritieri, come li hai pensati e come son nati? come hai approfondito le persone in quel contesto storico?
I personaggi? Se hai una storia da raccontare e avvenimenti che si sviluppano lungo una trama, sono loro che ti vengono a trovare. Il loro carattere diventa funzionale alla narrazione e la loro raffigurazione non può prescindere da una certa filologia che si nutre dell’esame dei giornali e delle fotografie dell’epoca. Con l’avvertenza, tuttavia, che il mio non è un romanzo storico ma una novella storicamente ambientata.
Gli abitanti di Borgodivalle sono persone molto chiuse e il clima che si respira è molto cupo e tetro, perché hai voluto dare questa visione di chiusura?
Il clima greve di Borgodivalle – che però non definirei né cupo né tetro – è quello di un isolato villaggio più di pastori che di agricoltori in cui i sentimenti sono arcaicamente sedimentati e sono al contempo poco permeabili al progresso. Un ambiente chiuso, con una visione circoscritta dell’esistenza che si ripete coi ritmi sempre uguali del lavoro, in cui i sentimenti umani si distinguono con chiarezza nella trama stessa della vita.
Cosa pensi della collana Nero Rizzoli? può essere una collana di riferimento per il noir italiano?
La collana Nero Rizzoli è la novità editoriale del momento. Per quello che posso cogliere oltre la denominazione, che è di per sé un programma, essa ha un respiro vasto non limitato ad ospitare opere di narrazione poliziesca e giudiziaria, come dimostra l’avere accolto il mio romanzo che pur essendo una crime novel, travalica il genere giallo.
Sei al lavoro su produzioni future?
Chi scrive narrativa è sempre teso a produzioni future, perché è scrivendo che fa ricerca e raffina la tecnica. Sono impegnato nella messa a punto di un romanzo che con L’onore e il silenzio si inscriva in un sistema complesso. Non un sequel, ma lo sviluppo di un apparato narrativo lungo una linea storica. In questo percorso, ricompariranno taluni personaggi che esigono d’essere ulteriormente conosciuti, ma molti altri entreranno in scena con ruolo di protagonista.
Cosa legge Gianni Mattencini? E cosa consiglia di leggere?
Amo i romanzi in cui viene fornito al lettore qualcosa di più della narrazione cronachistica degli avvenimenti, in cui lo scrittore si misura con un lavoro impegnato sulla lingua conferendo al contempo ai personaggi spessore introspettivo. Ma non farò nomi di scrittori viventi nemmeno sotto tortura. Posso invece dire di avere debiti consistenti nei confronti di Pavese e Bassani, Brancati e Tabucchi, Sciascia e Fenoglio, Parise e Cassola, Moravia e Morante, Ginzburg e Yourcenar, per citare soltanto alcuni di quelli che vivono ormai soltanto nei loro scritti.
Il team Thrillernord
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