A tu per tu con l’autore
In ‘Diciotto’ c’è il racconto di una mamma tenace e combattiva che non si arrende di fronte a nulla, c’è la storia di Emma, figlia di Martina Fuga, che il giorno dei suoi diciott’anni riceve un regalo inaspettato.
Sono felicissimo ed emozionato di intervistarti perché nel tuo libro ‘Diciotto’ scrivi una storia emozionante. Da dove nasce questa idea?
Io ho sempre scritto di Emma, soprattutto sui social, perché sentivo il bisogno di raccontare la sua storia e per cercare di avere un po’ di impatto nella cultura su questo argomento e quindi ho deciso di scrivere questo libro perché avevo tante cose da dire sul tema della disabilità ma anche dell’inclusione. Avevo l’urgenza di farlo prima che lei compisse diciotto anni perché non mi sentivo più in diritto di parlare al posto suo.
Perché ‘Diciotto’?
Diciotto’ perché la storia inizia in occasione del suo diciottesimo compleanno, un momento in cui appena prima della festa, io le dono questa scatola del tempo – ‘Capsule time’ in cui sono contenuti degli oggetti che hanno segnato la sua vita. Ad esempio, biglietti aerei di alcuni nostri viaggi, un libro che le leggevo quando era piccola ma ci sono anche diciotto lettere che scrivo a lei e che sono anche diciotto ricordi cruciali della sua vita, che sono state l’espediente narrativo per parlare dei temi che mi stavano a cuore.
In questo libro sono presenti due episodi della vita di Emma molto sgradevoli. Che cosa succede?
Allora, uno riguarda una gita negata: in quegli anni vivevamo in Francia e lei doveva andare con i suoi compagni in Spagna. Studiava spagnolo e facevano un soggiorno di studio, in Spagna, la scuola non ha acconsentito. Hanno detto che non erano in grado di sostenere la gita con una persona con disabilità, quella è stata un’occasione in cui avrei voluto spaccare tutto – l’autrice sorride-, come spesso mi capita, ma decisi di non lottare perché Emma mi fece capire che non aveva voglia di una mamma battagliera in quella situazione. L’altro episodio riguarda un episodio di bullismo che ha subito quando eravamo in Turchia in quell’anno, in una scuola dove lei ha fatto un’esperienza bellissima devo dire, e quello è stato l’unico momento, ma fu davvero un’esperienza straordinaria anche per lei, la fece crescere molto, gli diede l’occasione di relazionarsi anche con tanti ragazzi di tanti paesi e di tante culture diverse. Fu davvero una bella esperienza. In quell’occasione due ragazzine, un giorno, le hanno fatto un brutto scherzo e le hanno dipinto tutti i suoi quaderni e gli astucci con la colla e poi abbiamo scoperto, nel tempo, che avevano anche girato un video e l’avevano pubblicato sui social. Un video molto sgradevole. E fu una botta non indifferente.
Paura, gioia, rabbia e speranza sono quattro stati d’animo che il lettore percepisce leggendo ‘Diciotto’ In che contesto Martina Fuga ha vissuto queste emozioni?
Tutta la vita, cioè, è stato un turbine non c’è stato un momento di gioia un momento di rabbia un momento di… è stato un continuo frullatore devo dire. Sicuramente la rabbia è stata più nei primi anni, non i primissimi, avevo anche tutta la inconsapevolezza, poi dopo sono gli anni in cui incontri la burocrazia incontri l’indifferenza incontri la discriminazione allora lì, la rabbia cresce. Poi devo dire che maturando e crescendo anch’io, crescendo come mamma ho imparato anche a fare i conti anche con questo mondo.
Diciotto lettere che hai scritto da quando è nata Emma oppure le hai scritte in fase di stesura?
La maggior parte l’ho scritta in fase di stesura. Qualcosa invece ho scritto anche prima. Ci sono dei pezzi tratti dai miei diari che poi ovviamente ho rielaborato, però alcune cose sono scritte, diciamo mentre le vivevo.
Qual è stato il processo creativo che ha passato questo romanzo?
Ma allora io veramente dallo ‘zaino di Emma’, che ho pubblicato dieci anni fa, ho continuato sempre a scrivere su questo argomento ma non riuscivo a trovare la chiave per raccontare questi altri temi che mi stavano a cuore, finché nell’avvicinarsi dei suoi diciotto anni mi è venuta questa idea, di usare l’occasione del diciottesimo, di questo regalo, che poi dopo le ho fatto veramente ma in realtà prima è nato come espediente letterario.
Come l’ha percepito Emma ‘Diciotto’?
Emma è un egocentrica- sorride – un’adolescente egocentrica, quindi lei era gasatissima, come è stata felice anche dello ‘zaino di Emma’. La cosa bella è che lei è una donna molto consapevole e, ormai era matura per farlo, abbiamo letto ogni pagina insieme perché sentivo il dovere di chiederle il permesso di pubblicare la sua storia e tutto quello che c’è nel libro. Abbiamo vissuto anche un bel momento di condivisione alle pagine di questo libro.
Nella stesura di questo romanzo quali sono state le difficoltà da mamma che ha incontrato?
Beh, tirar fuori certi temi costa e scavare dentro sé stessi è scavare anche dentro le proprie fatiche, vuol dire anche tornare ad episodi anche dolorosi però è stato un percorso, ed oggi posso dire che mi ha fatto bene! sono anche molto grata alla casa editrice e all’editor che ha seguito il libro perché mi ha stanato in tanti punti. Nella prima stesura io li avevo raccontati in modo più superficiale e lui mi ha chiesto di approfondire e quindi mi ha aiutato andare in fondo a certi temi che io per protezione avevo evitato.
Dacci un aggettivo ed un colore che corrisponde a ‘Diciotto’.
Penso al colore Azzurro perché penso alla copertina che trovo stupenda e di cui sono molto felice quindi non posso che pensare a quello. Un aggettivo lo dico con un’ambizione, cioè, con un desiderio che sia universale, cioè non sia solo un libro per le mamme di persone con disabilità, ma sia per i genitori in genere, neanche solo per le mamme ma anche per i papà. Spero sia un libro sulla genitorialità e quindi ci conto.
A cura di Gabriel Uccheddu
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