Intervista a Massimo Bacigalupo




A tu per tu con Massimo Bacigalupo

 

A tu per tu con Massimo Bacigalupo, professore emerito di Letteratura americana all’Università degli Studi di Genova, scrittore, traduttore, vicepresidente dell’Accademia Ligure di Scienze e Lettere, qui in veste di traduttore italiano di Louise Glück premio Nobel per la Letteratura 2020.

 

 

Professore, da fervida amante della poesia, non posso nascondere la mia felicità per l’assegnazione del Premio Nobel 2020 per la Letteratura alla poetessa americana Louise Glück. Ne sono altresì piacevolmente stupita, in quanto Glück, pur pluripremiata oltreoceano, non risulta ai più particolarmente nota. Come ha reagito Lei, che ne è la voce italiana avendo tradotto due delle sue opere – L’iris selvatico e Avernoalla notizia? Ne aveva sentore?

Non sapevo che Glück fosse fra i papabili, dunque molta e felice sorpresa.

 

Leggo di Glück l’interessante discussione circa il suo poter essere definita una poetessa confessionale o no. Sembrerebbe prevalere la scuola di pensiero che non lo sia, in quanto nei suoi versi, pur intimistici, il privato appare distaccato, in trasparenza. Converge in questo anche l’elemento biografico che la vede molto ritirata e sfuggente alle definizioni. In quest’ottica come immagina abbia reagito la poetessa alla notizia del conferimento del Nobel? Occasione che inevitabilmente pone di fronte a un pubblico e a un giudizio…

Glück è persona ultrasettantenne e molto indipendente. Penso che abbia provato piacere e preoccupazione per l’invasione del privato che un Nobel rappresenta. Ma ha avuto altri riconoscimenti importanti ed è sopravvissuta…

 

 

Ha tradotto Glück in tempi non sospetti, lontano da qualunque eco mediatica. Come si è avvicinato emotivamente alla sua poesia? E’ stato agevole entrare in empatia con i suoi versi? Come ha proceduto nella pratica? C’e qualcosa che oggi cambierebbe nelle sue traduzioni?

Ho proposto un’autrice significativa a un editore, Giano, che nel 2002 mi chiedeva consigli. Tutto qui. Sono insoddisfatto delle mie traduzioni, e spero di poterle rivedere presto se saranno ristampate. Già sulla quarta di copertina di Averno ho accolto un suggerimento della editor di Glück e scritto “Un’estate dopo l’altra è finita”. In origine avevo tradotto: “Estate dopo che l’estate è finita” (Summer after summer has ended), l’estate di San Martino. Questa mi sono convinto è la versione giusta, basta leggere il resto della poesia (“Ottobre”). Che ho ristampato con la traduzione corretta nel numero di marzo del mensile “Poesia” di Nicola Crocetti.

 

Ricorda la prima poesia che ha letto di Glück? Che immediata percezione ne ha ricavato? Approfondendo e addentrandosi poi nella lettura, e nel corso degli anni, ha trovato conferma la sua prima impressione o è mutata?

La prima lettura è stata la raccolta The Wild Iris che ho poi tradotto. Credo che all’inizio con Glück si rimane spaesati, il processo di capirla e capirne il valore per me è continuato addirittura dopo averla tradotta. Una raccolta va compresa nel suo insieme, nei suoi riferimenti interni. Un lavoro complesso.

 

Quale è stata la poesia che più la ha colpita di Glück e quale vorrebbe tradurre? Ha in progetto traduzioni di altre sue opere?

Un testo di sapore più tradizionale, “La stella della sera” (in Averno), colpisce immediatamente. La prima parte di “Ottobre” è una cantilena trascinante. Ma Glück è soprattutto una scrittrice coi piedi per terra, senza sdilinquimenti, “matter-of-fact”. Dice poco e chiaro per esempio nella poesia psicoanalitica “Prismi”. Quanto a tradurla ancora, lo farò volentieri se mi sarà chiesto. Sto rileggendo l’ultima affascinante raccolta, Faithful and Virtuous Night.

 

A Suo avviso la poesia di Glück si caratterizza più per ciò che esprime, per le tematiche che affronta, oppure per ciò che tace o schiva?

La riserva pur nel parlare chiaramente. Ma molte delle vicende narrate sono frutto di invenzioni, di sogni. E’ una autrice che cambia da una raccolta all’altra, narra storie, cerca di trovare il filo…

 

Ci parlerebbe più nello specifico delle due raccolte tradotte in italiano L’iris selvatico e Averno, per invogliare all’approccio di lettura chi ancora non conoscesse Glück?

L’iris selvatico è la storia di un giardino dove i fiori parlano a chi li cura della loro breve esistenza, e chi li cura parla della sua esistenza a un’entità superiore, che come il Dio della Bibbia è un po’ seccata dal piagnisteo umano. Averno è un viaggio con Persefone all’Ade e un ritorno alla terra. Storia di un’iniziazione alla maturità. Il mito si intreccia al rapporto di Glück con la madre e la sorella, se poi di questo si tratta: “Voi ragazze, diceva mia madre, dovreste sposare / un uomo come vostro padre. // Questa era una sua frase. Un’altra: / Non c’è nessuno come vostro padre”. Più semplice di così…

La ringrazio moltissimo, Professore, per la sua  disponibilità, competenza e passione per la letteratura.

Sabrina De Bastiani

 

A cura di Sabrina De Bastiani