Intervista a Mauro Valentini




A tu per tu con l’autore


Ciao Mauro e grazie ancora per la tua disponibilità. 

Tengo molto a questa intervista in quanto, senza voler esagerare, sei a mio avviso una delle voci più capaci e attendibili della cronaca del nostro paese.

Ho avuto il piacere di poter recensione due dei tuoi libri d’inchiesta (quello sulla vicenda di Marco Vannini e quello sulla sparizione di Mirella Gregori) e inizio col chiederti come sia possibile affrontare questioni così dolorose, a braccetto con le famiglie coinvolte, mantenendo una lucidità giornalistica, ma non facendo mancare la necessaria e umana empatia, cosa che per altro appare ben evidente dai tuoi libri, senza che la veridicità dei fatti ne sia minimamente intaccata.

Innanzitutto grazie per le tue parole. Non perché siano lunsinghiere ma perché mi restituisce il senso di quello che ho scritto. Perché vero è che è difficile entrare in sintonia con i familiari delle vittime, ma io sento che è necessario per rendere a chi legge il senso di sgomento, ma anche di speranza e di rivincita di chi è stato colpito da quelle vicende che noi chiamiamo cronaca nera.

Soprattutto la vicenda di Marco Vannini, svoltasi in un’epoca in cui la cronaca giornalistica ha avuto una presenza importante, dando voce a familiari e testimoni, ha sollevato mille polemiche sull’influenza che l’opinione pubblica (coadiuvata dalla stampa) possa avere sulle sentenze dei Tribunali. Personalmente, ho avuto la netta impressione che le inchieste giornalistiche siano invece state di aiuto alle indagini, più che di ostacolo; ma tu, indubbiamente più autorevole, cosa hai da dire in merito?

Io  credo che le inchieste giornalistiche abbiano avuto il merito non di condizionare le giurie. Questa è la tesi dei difensori degli assassini (ormai li possiamo chiamare così lo dice la sentenza). Il “processo mediatico” come lo si definisce spesso, in realtà è semplicemente la sintesi del lavoro che i giornalisti dovrebbero sempre fare: esser vigili e attenti al lavoro degli organi inquirenti e poi di informare l’opinione pubblica. E nel caso Vannini questo soltanto è accaduto.  E per fortuna è accaduto

Le due vicende affrontate nei tuoi libri (che invito davvero a leggere per fare chiarezza) presentano due situazioni assai diverse.

Riguardo a Mirella, purtroppo nessuno sa quale fine abbia fatto la ragazza; riguardo a Marco, l’unica certezza è che sia stato ucciso, ma il mistero circa cosa sia avvenuto nei momenti antecedenti e successivi alla sua morte resta sospeso. 

Vorrei sapere, a tuo parere, quale differenza intercorra, in quest’ultima storia che tanto ha appassionato gli italiani, tra verità processuale e verità storica. La ricostruzione emersa dalle sentenze ha fatto coincidere, a tuo avviso, le due verità?

Sì, secondo me la verità è quella processuale. Quello che non sapremo mai perché Ciontoli non ce lo dirà mai, è il motivo di quello sparo. E quel motivo è legato ai motivi poi per cui tutti non hanno chiamato i soccorsi. Ma tutto il resto è chiaro.

Sempre in merito alle due vicende e alla mia personale convinzione che un bravo giornalista sia di aiuto alle inchieste giudiziarie, più che di ostacolo, vorrei un tuo parere su quanto sia stato tralasciato e non approfondito sulla vicenda di Marco Vannini, che tanto ha scosso l’opinione pubblica. Nello specifico, se tu potessi rivolgere due sole domande agli indagati, in merito a quanto accaduto, su cosa li incalzeresti?

Due domande sarebbero troppe. Ne basterebbe una: Perché non avete avuto pietà di lui e di voi? 

Ho letto e recensito molto su fatti di cronaca nazionali e internazionali (dai bravissimi Rule ed Ellroy alla preparatissima Rebecca Godfrey) e trovo che le tue inchieste abbiano niente da invidiare alle loro.

In particolare, la vicenda narrata da Rebecca Godfrey (che, per chi volesse, è reperibile nella nostra rubrica Real stories) ha molti tratti in comune con quella di Marco Vannini (la spietatezza, l’omertà, i futili motivi, una giovane vita spezzata, l’opinione pubblica schierata) e ha ottenuto un grandissimo e meritato successo a livello internazionale.

Hai mai valutato una traduzione dei tuoi libri, in modo che siano leggibili da un pubblico più ampio che sicuramente incontrerebbero?

Ci stiamo lavorando e ci spero fortemente. Non solo per prestigio personale ma anche e soprattutto perché queste vicende sono transnazionali perché parlano di istinti, miserie e nobiltà umana che non hanno confini.  Per esempio Netflix sta producendo true crime in serie TV  che narrano di storie europee che non conoacevamo ma che tanto somigliano alle nostre.

Nel rinnovarti i miei e i nostri complimenti per l’accuratezza delle tue inchieste e per la sensibilità con cui riesci ad affrontarle, ti ringrazio per la tua disponibilità, nell’attesa di affrontare per la nostra rubrica una della altre tue interessanti inchieste.

Io ringrazio voi perché la vostra non è mai una semplice lettura ma va oltre la cronaca sempre, alla ricerca di una lettura più profonda.

A cura di Kate Ducci

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