Intervista a Roberto Graniglia




A tu per tu con l’autore


 


Chi è Roberto Graniglia?

Sono nato a Taranto, ma vivo e lavoro a Firenze ormai da più di vent’anni. Sono un ingegnere, con un dottorato in chimica e insegno matematica e fisica nelle scuole superiori. La mia passione per la scrittura nasce un po’ per caso, vista la mia formazione prettamente scientifica. Ho sempre letto tanto, anche fumetti, e mi ha sempre appassionato il genere thriller/horror. Mi sono ritrovato a scrivere il mio primo racconto (Il lungo Samhain) circa undici anni fa, quasi per gioco, come una specie di passatempo nelle pause di lavoro in studio. Poi il racconto è stato pubblicato da una piccola casa editrice e ha riscosso e riscuote ancora oggi un discreto successo. Grazie al mio primo romanzo mi è capitato di conoscere dal vivo Giovanni Lombardo Radice (attore e sceneggiatore di grande talento) che ha amato tanto la storia e che mi ha proposto di creare con lui un treatment cinematografico basato sul mio libro. La cosa mi ha spinto a continuare a scrivere e adesso sono arrivato al settimo romanzo.

Cosa o chi ti ha ispirato nella tua scrittura?

Nella mia scrittura sono certamente stato ispirato da tutti i racconti e i fumetti che ho letto negli anni, ma moltissimo è dovuto alla mia fantasia. A volte mi baso anche su storie vere che poimodifico con la mia immaginazioneÈ difficile spiegare quello che succede quando arriva l’ispirazione, ma posso dirti che per me ècome vedere scorrere un film. È come se io fossi lì con i personaggi, sono dentro la scena con loro e descrivo quello che accade, tentando di passare al lettore le sensazioni che provo mentre scrivo. Raccontata così sembra addirittura una cosa semplice, ma in realtà dietro ogni storia c’è una lunga preparazione, c’è lo studio dei personaggi – ognuno dei quali, per risultare credibile, deve avere sempre la sua personalità e il suo modo di parlare o di agire – ma c’è anche una fase di studio dei luoghi dove vivono e si muovono i protagonisti. Tutto questo serve a rendere la storia più realisticae interessante.

Leggendo il tuo libro, L’oscuro Incantatore, è palese il tuo modo di entrare nella psiche dei personaggi, cosa ti porta ad immergerti nel profondo della loro mente?

Come ho già detto, per creare un racconto intrigante è fondamentale delineare al meglio la psicologia (o la psicopatologia…) dei personaggi che si muovono nella storia. Li rende più credibili e soprattutto, leggendo il racconto, il lettore si fa meglio un’idea di chi ha di fronte: simpatizza per un protagonista oppure odia profondamente un altro… Serve per far immergere meglio il lettore nelle scene, per tentare di catturare l’attenzione di chi legge e per creare empatia con i protagonisti della storia. La caratterizzazione dei personaggi è importantissima per scrivere un romanzo che sia davvero interessante ed emozionante. È un lavoro cruciale, ma anche molto difficile: i personaggi in fondo sono tutti nella mia testa e rischierebbero di parlare sempre come parlerei io se fossi in quella situazione, risultando tutti uguali o poco interessanti. Invece quando creo un personaggio me lo immagino e costruisco anche tutto il suo passato, cosa lo ha portato ad essere lì, immaginandomi cosa direbbe e cosa farebbe lui in quel momento. E queste sue reazioni e tutti i suoi pensieri devono restare coerenti e riconoscibili per tutto il libro, senza che vengano troppo filtrati dal mio pensiero o dal mio modo di agire. Ci sono dei personaggi lontanissimi dal mio modo di vivere o di vedere le cose e quindi riuscire a farli “stare in scena” e renderli credibili sarebbe impossibile se non mi creassi a priori tutta la loropsicologia da cima a fondo. La cosa non è banale, prevede tanto lavoro prima e durante la stesura del romanzo, ma ritengo che sia basilare per la riuscita complessiva del racconto.

Oltre L’oscuro Incantatore hai scritto molti altri romanzi, quale di questi è quello che senti più tuo? E perchè?

È una domanda che mi pongono spesso durante le presentazioni, ma ti garantisco che non è semplice sceglierne uno, perché sono davvero legato a tutti in qualche modo. Il lungo Samhain – ad esempio – è un racconto semplice e “acerbo”. Quando mi capita di rileggerlo mi fa quasi tenerezza e lo sento molto lontano dal mio modo di scrivere attuale, ma è stato il mio primo romanzo, mi ha permesso di farmi conoscere e da lì è partita la mia passione. Figurati che in questi anni tanta gente mi ha contattato su Facebook solo per chiedermi di scriverne il seguito e così è nato poi L’oscuro incantatoreA moltissimi lettori è piaciuto tanto anche Il cuore di Marta, un racconto che è stato molto complesso da scrivere e che ha un posto particolare nel mio cuore. È ambientato nel sud Italia e ti confesso che avevo un grosso magone addosso mentre scrivevo delle vicende di Francesco, il protagonista.  Sono legatissimo anche a La casa diroccata – una storia claustrofobica tra incubi e realtà – perché è il primo mio libro a essere stato proposto da Amazon nella sezione Prime Reading e che è stato per diverse settimane al primo posto tra i thriller in quella selezione di opere. Mi ha fatto letteralmente uscire dall’anonimato. Poi c’è la raccolta di racconti Cinque passi nell’incubo, che tratta di alcune storie macabre realmente avvenute e dove ho messo insieme un po’ di racconti brevi che sono arrivati in finale in alcuni concorsi letterari che mi hanno reso un po’ più visible al grande pubblico nel corso degli anniInsomma, ognuno dei miei libri ha dentro qualcosa di me, un piccolo pezzetto personale, una parte della mia vita che ho provato a mettere su carta, insieme a tutte le emozioni che avevo addosso mentre raccontavo quelle storie. Sono tutti piccoli frammenti, sparsi e nascosti in giro per i miei libri e sono legato a tutti in maniera particolare, anche per le soddisfazioni personali che ognuno di questi è riuscito a regalarmi.

Che caratteristiche deve avere un buon thriller per quella che è la tua idea su questo genere a te tanto caro? E cosa ti porta a mescolarlo con elementi paranormali, dandogli una sfumatura horror?

Be’, diciamo che per me un buon thriller deve certamente mettere ansia al lettore e riuscire a farlo sentire parte dell’azione, a catapultarlo nel racconto insieme ai protagonisti. Il lettore deve essere lì, sentire gli odori, vedere i colori e udire i rumori della scena e restarne impressionato. Inoltre un bel libro thriller deve invogliare a continuare la lettura, deve spingere il lettore a cercare sempre nuovi indizi per capire quello che sta succedendo, per scoprire lentamente chi è il cattivo e cosa lo spinge ad agire così.  Nei miei thriller, come giustamente facevi notare, mi piace virare anche un po’ nel paranormale e nell’horror perché sono argomenti che ho sempre cercato ed amato nelle mie letture. Ogni tanto voglio lasciare qualche dubbio al lettore; adoro raccontare storie che possano risultare credibili, ma mi piace inserire qualche traccia che li allontani dalla lucidità e dalla razionalità degli avvenimenti. Sono sicuro che ci siano tante cose che non sono scientificamente spiegabili nella realtà che ci circonda. Come ho scritto nella prefazione di Cinque passi nell’incubo, spesso la scienza, la razionalità e la logica devono essere messe da parte. A volte le cose succedono e basta, senza che ci sia dietro una spiegazione logica. La mente umana e il metodo scientifico non riescono a dare un senso a tutto ciò che accade intorno a noi. C’è sempre qualcosa che resta nell’oscurità ed è proprio lì che il nostro pensiero si incaponisce, è lì in quella zona di buio che noi ci fermiamo, dove restiamo in tensione con i muscoli contratti in attesa di scoprire qualche nuovo particolare ed è lì che vorrei portare i miei lettori.

Sono un promotore delle nuove penne/autori emergenti, spesso portano a vere e proprie scoperte, come è successo nel tuo caso, credo che promuovere nuovi autori sia una grande cosa per aiutarsi a vicenda, cosa ne pensi?

Sono davvero felice delle tue parole lusinghiere e della tua recensione. È bello sapere di essere riuscito a passare qualche emozione forte a chi, come te, legge molto e soprattutto ha letto tantissimi racconti di genere thriller. Non è semplice riuscire ad angosciare e far appassionare qualcuno a un mio racconto. È bello sentire che alla fine di un mio libro il lettore ha ancora la voglia di leggere qualche altro mio racconto. Quando ci riesco credo di aver svolto bene il mio lavoro di scrittore. Io dico sempre che alla fin fine non saremmo nulla senza qualcuno che legge le nostre storie. Il nostro lavoro non avrebbe senso se non riuscissimo a passare le nostre sensazioni a chi legge lestorie che creiamo. E questo concetto è ancora più vero soprattutto quando si tratta di scrittori“sconosciuti”, come me. Non essendo nelle vetrine di tutte le librerie, noi piccoli autori viviamo grazie al passaparola e alle recensioni che i lettori lasciano online, rendendoci un po’ meno invisibili…In Italia, come ben sai, non è facile riuscire ad emergere e farsi conoscere, soprattutto perché non si legge tanto e poi perché i libri thriller sono ancora più di nicchia. Quindi quando qualcuno del settore ti scopre – come hai fatto tu con me – ci si sente realizzati; sono felice di aver accompagnato qualcuno nel viaggio che io ho vissuto mentre scrivevo il libro. Per questo ti ringrazio infinitamente perché per noi, illustri sconosciuti, il fatto di ricevere una bella recensione è sempre una spinta a continuare a scrivere, soprattutto in un momento come questo in cui la cultura e la scrittura purtroppo sembrano contare poco.

Quali sono i tuoi progetti letterari futuri?

Ultimamente sto lavorando al seguito delloscuro incantatore. Sentivo il bisogno di chiudere il cerchio e di parlare adeguatamente di Joe Malanthan, di farlo uscire un po’ dall’oscurità nella quale è sempre stato avvolto nei primi due romanzi che lo riguardano. Anche questo sarà ambientato in America e anche qui ci saranno alcuni dei miei personaggi ricorrenti (come il capitano Crane e il tenente Dillinger) che hanno dato origine a una serie che inizia dal mio primo racconto. Non posso dirti molto altro, ma posso anticiparti che questo romanzo sarà la conclusione della trilogia che parte da Il lungo Samhain e che passa per L’oscuro incantatore e sarà il più lungo e il più complesso tra tutti i libri che ho scritto fino ad ora.

 Roberto Graniglia

A cura di Anthony Brigida

 

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