Intervista a Roberto Pegorini 




A tu per tu con l’autore


 

Partiamo proprio da te, Roberto. Giornalista, scrittore, grande esperto di noir e lettore sopraffino. Ti identifichi e realizzi  con uno di questi tuoi aspetti in particolare o pensi che la scrittura possa essere per te la sintesi e la realizzazione di tutto quanto?

Mi viene sempre difficile parlare di me. Sono giornalista da trent’anni e scrittore di noir da una quindicina. Sono due professioni che hanno punti in comune, come si può immaginare, ma anche tante differenze che possono sfuggire se non le provi in prima persona. A questo si può aggiungere la mia sfrenata passione per la lettura, in particolare di romanzi noir, gialli, thriller e crime, che un lavoro non è visto che nessuno mi paga, ma che mi prende davvero tanto tempo libero. Per tornare alla tua domanda/riflessione, diciamo che mi identifico nell’essere giornalista, mi realizzo nell’essere scrittore e mi completo immergendomi nei libri altrui, che poi mi portano a migliorare la mia vena creativa e, spero, la mia tecnica narrativa.

Lo Hijab mancante, fresca uscita per i tipi di Todaro vede il ritorno di un protagonista che fin da subito aveva colpito i lettori, l’ispettore Valerio Giusti. Un personaggio molto ben sviluppato, con caratteristiche e peculiarità che ne restituiscono luci, ombre e su tutto una fortissima cifra umana. Ho l’impressione che il cognome che hai scelto per lui sia in qualche maniera una dichiarazione di intenti … sbaglio? Ci parli di lui, dall’ origine a oggi al suo futuro, per quanto puoi dirci? 

Sai che in realtà il suo cognome è nato casualmente? Tendo a usare nomi e cognomi semplici per i miei personaggi e solamente a romanzo ultimato, parlo di “Almeno non questa notte”, il primo con protagonista Valerio, mi è stato fatto notare che il cognome era appropriato. Se devo parlare di Valerio Giusti, posso dirti che l’avevo creato per un racconto inserito in un’antologia che ospitava tanti colleghi illustri. Si chiamava “Ladri a Milano”. Beh, il racconto è piaciuto talmente tanto che mi sono posto da solo la domanda: Valerio potrebbe reggere un romanzo intero? E così è finito che ne ha retti addirittura due, più un altro racconto, ma questa volta addirittura con un prequel: un Valerio Giusti agente di polizia da circa un anno. Ed è stato molto divertente immaginarlo senza il bastone del comando tra le mani anche se già con un carattere piuttosto spigoloso e già convinto che la verità deve essere messa al primo posto, davanti a qualsiasi interesse personale.

Cosa hai dato a  Valerio Giusti  di Roberto Pegorini? E cosa Valerio Giusti ha dato a Roberto Pegorini?

Qui siamo all’eterno dilemma dello scrittore: il personaggio sei tu? In realtà posso subito dirti “no”, nel senso che se mi metto a raccontare delle esperienze e del carattere di Roberto potrei fare della buona autobiografia che però è totalmente differente dallo scrivere romanzi. E poi la mia vita è affascinante per me ma sono convinto che apparirebbe noiosa agli altri. Poi è chiaro che qualcosa del sottoscritto, scivoli nel personaggio, ma credo che questo valga un po’ per tutti gli autori. Probabilmente la malinconia di fondo di Valerio, che tende a nascondere neanche tanto bene davanti agli altri, è qualcosa che appartiene anche a me. Forse il vero segreto è mettere un po’ in tutti i personaggi, principali e secondari, qualcosa di noi e non in uno solo. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, Valerio a me ha dato tanto. Innanzitutto mi ha permesso di entrare nella grande famiglia della Todaro Editore, compiendo un salto di qualità professionale e umano che ritengo notevole. Poi posso dire che Valerio è di una coerenza quasi ostinata e devo ammettere che da quando scrivo di lui, mi ritrovo a chiedermi se anche io riesco ad avere lo stesso atteggiamento nella vita di tutti i giorni. E spero proprio possa essere così.

Nel tuo romanzo la parte del leone la fa una Milano colta nel suo essere crogiolo multietnico. La tua resa dell’ambiente e’ magistrale e denota anche, oltre all’oggettività mutuata dal tuo essere giornalista, una profonda conoscenza e un grande amore. Ci parli della Milano di Valerio Giusti?

La Milano di Valerio Giusti non è quella della Milano da bere, del Duomo, della Galleria, ma anche di corso Como. La sua è una Milano più periferica e più “sporca”, se mi passi l’aggettivo. Racconto quella parte della città che talvolta è come la polvere fastidiosa da nascondere sotto il tappeto che invece c’è eccome anche se provi a far finta di nulla. È una Milano spesso degli ultimi, di chi pensa che per loro riscatto non possa esserci e si rassegna. È una Milano della microcriminalità che chi fa il giornalista di “nera” come me conosce molto bene. E poi è una Milano notturna che è completamente diversa da quella diurna. Basti pensare ai tanti senzatetto che incroci con il buio e che con la luce del giorno spariscono, mi verrebbe da dire “chissà dove”

La trama noir si svolge e si dipana in quel terreno accidentato che sono i conflitti e gli interessi multietnici, appunto. Tu hai gestito la materia in maniera eccellente, complimenti davvero. Perché hai scelto questo tema così caldo e così ostico, oggi più che mai?

Il romanzo nasce due anni fa e il fatto che tu mi parli di “un tema così caldo e ostico oggi più che mai” ti fa capire che, purtroppo, certe problematiche sociali non fanno un passo in avanti da troppo tempo. La tematica dell’integrazione è delicata e chiaramente non si può risolverla in un due minuti. Tuttavia non si può nemmeno far finta che non esista o creare fazioni che si trasformano in curve da stadio sulla pelle delle persone. Come scrittore io racconto e non do giudizi, ma credo comunque che si vada sempre più verso una società multirazziale e dobbiamo tenerne conto. Scrivere un noir milanese inserendo personaggi stranieri mi sembra del tutto naturale se si vuole raccontare la realtà di tutti i giorni e non qualcosa di artificiale.

Oltre all’ispettore Giusti,  anche i comprimari sono davvero notevoli. Ci faresti una carrellata di presentazione ai lettori descrivendoli con tre aggettivi?

I personaggi sono veramente tanti, proviamo a scegliere i principali a partire dalla sovrintendente Melissa Gardini: leale, coraggiosa e insicura al tempo stesso. L’agente David Egger: spaccone, diffidente e fragile. L’agente Mirko Bettoni, il genietto del computer: moderno, pasticcione, tenero. Il medico legale Giulia De Carolis: spigliata, determinata, amica. Il vicequestore Antonio Calvanese: autoritario, comprensivo, protettivo.

Roberto, i tuoi progetti di scrittura futuri? Cosa bolle in pentola? E … in pentola bolle qualcosa per Valerio Giusti?

Io non so restare senza scrivere e lo farei anche se non venissi pubblicato. Per fortuna, però, non è così e per il futuro c’è molto che bolle in pentola. Nella primavera del 2025 uscirà un nuovo romanzo che sarà molto noir e per nulla giallo. Un lavoro a cui tengo molto perché sono anni che lo sto plasmando e ora diventerà realtà. Questo vorrà dire che Valerio Giusti si riposerà per un giro, ma con l’editore abbiamo già ragionato sul suo ritorno, visto che “Lo hijab mancante” pare stia piacendo davvero molto. Infine c’è un progetto che potrebbe vedere la luce molto più in là, un romanzo scritto a quattro mani con un collega che il solo pensare il mio nome accostato al suo, stento ancora  crederci.

A cura di Sabrina De Bastiani

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