Intervista a Samantha Bruzzone e Marco Malvaldi




A tu per tu con l’autore


Domanda indiscreta: rispondete se ne avete voglia. Quanto vi divertite a scrivere assieme i gialli sulla coppia Stelea – Martini? Come si riverbera tale scrittura sulla vostra vita di coppia?

M: Per esempio, adesso siamo qui a rispondere a questa intervista e abbiamo subito discusso su chi dei due rispondeva per primo, e chi ha perso ha preteso di usare il computer, mentre l’altro parla. Così può scrivere quello che vuole. Credo di aver risposto anche alla prima parte della domanda. 

S: Siamo entrambi permalosi e ogni volta che non siamo d’accordo con un’idea dell’altro/a sappiamo già che ci sarà da usare la diplomazia. Però quando invece una qualsiasi proposta viene accolta bene se non con entusiasmo, è ancora più soddisfacente. Inventarci storie ci diverte un sacco, l’importante è non raccontarcele tra noi… se non funziona, dobbiamo essere umili e riconoscere che sembrava una grande idea, ma in realtà è una vaccata.

Come vi dividete le competenze? Risponde al vero la mia intuizione che suppone che Serena Martini sia più legata a scrittura di Bruzzone e Corinna Stelea più a quella di Malvaldi?

M: Io lavoro e Samantha critica. No, a parte gli scherzi, l’intuizione è giusta: Corinna è scritta interamente da me, mentre Serena è in buona parte descritta da Samantha. In realtà il lavoro di Samantha è a monte, è lei che pensa la trama e le varie sottotrame. È come se lei fosse soggetto e sceneggiatura, mentre io sono regia e montaggio.

S: Esatto, all’inizio lavoro io e Marco boccia e taglia, poi i ruoli si invertono quasi interamente. Serena mi assomiglia e i suoi brontolii sono in gran parte i miei, Corinna invece è pensata da Marco, anche se un senso del dovere asburgico non appartiene a nessuno di noi due.

Premesso che, da biologo che si è diplomato dopo un lungo internato in Dipartimento di Igiene lavorando su analisi chimiche, ho molto ammirato la vostra competenza e bravura nel costruire un giallo fondato su elementi essenziali di chimica analitica, vi chiedo: come avete fatto a “contenere” la vostra competenza di chimici e renderla così facilmente leggibile per qualsiasi lettore non esperto della materia? Vi hanno “tartassato” gli editor oppure eravate già così bravi voi?

M: Contenere è stato facile: la conoscenza che emerge dal giallo è molta più di quella effettiva. In realtà, abbiamo cercato di evitare gli errori comuni, quelli da serie tv tipo CSI dove vedi arrivare il chimico in camice pulito (impossibile, se lavori per davvero) che spiega l’abc dell’analisi a un altro chimico che in teoria dovrebbe sapere le stesse cose. Abbiamo scritto una prima versione, l’editor ha detto che non ci aveva capito nulla e ci ha detto cosa non aveva capito; a quel punto abbiamo aggiunto, e lì l’editor ci ha detto che avevamo aggiunto troppo, e abbiamo tolto. Dopo un certo numero di ripetizioni della procedura sopra descritta, siamo arrivati a convergenza…

S. Aggiungo solo che ci piace che le trame siano veritiere e accurate da un punto di vista scientifico e procedurale. Nessun particolare scientifico che trovate nel libro, che sia di enologia o di chimica forense, è inventato, anzi, la trama talvolta è stata adattata per dover giocare correttamente con le regole dello scibile umano. Per cercare di minimizzare gli errori abbiamo trovato un metodo sicuro: tartassiamo ogni volta alcuni amici molto competenti che, poverini loro, hanno accettato anni fa di farci da consulenti e ora iniziano a reclamare le royalties. 

Quanti vini avete assaggiato per documentarvi sulla materia? Eravate allegri o tristi dopo gli assaggi?

M: Allegri dopo aver bevuto, tristi quando è arrivato il resoconto della carta di credito. Abbiamo provato a dire a vari produttori “stiamo conducendo una ricerca letteraria e ci servirebbero dei campioni dei vostri prodotti”, la risposta media è stata “se credete che questa sia la prima richiesta di bere a scrocco che ci arriva da romanzieri alcolisti siete dei fresconi”.

S: Quanti vini? Oggi che siamo a dieta posso dire troppi ma parafrasando Linus, non si può essere tristi dietro ad un calice di vino. Soprattutto se in buona compagnia.

Quanto tempo avete impiegato a studiare i vari articoli del codice di procedura penale così appropriamento citati nei vari capitoli?
Siete arrivati a un passo dalla seconda laurea in giurisprudenza?

M: In realtà la capacità principale è stata quella di cercare nei codici, su Internet, l’articolo giusto e tentare di scegliere quello più adeguato. Sono contento che venga fuori una pseudoconoscenza della legge da parte mia, ma in questo caso è davvero una laurea presa su Internet: sono in grado di millantare, ma non di muovermi in modo coerente sulla materia. Di collegare correttamente due o più articoli, o di riconoscere quello più adatto. Devo dire che però la voglia di mettermi a studiare legge sul serio mi sta venendo.

S: Certo, basta che tu trovi un attimo di tempo tra informatica con cui ti diletti, calcio, linguistica computazionale che “ti intrippa”, ping pong, e, occasionalmente, scrittura. A parte gli scherzi, le citazioni degli articoli rivelano non una conoscenza della legge ma l’abilità di Marco di fare anche velocemente ricerche mirate con internet, uno strumento tanto pericoloso quanto essenziale.

A cura di Edoardo Guerrini

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