Intervista a Ugo Moriano




A tu per tu con l’autore


Innanzitutto, ti faccio i miei complimenti per il libro. A beneficio di chi, come me conosce da poco i tuoi personaggi o non li conosce ancora, puoi farci una loro fotografia e raccontarci un po’ come vi siete conosciuti e quando, in particolare, hai deciso di raccontare di loro? Quanto è forte il legame fra te, Angelo e Noemi?

Vi ringrazio per i complimenti che fanno sempre molto piacere. Angelo e Noemi li ho incontrati per la prima volta nell’autunno del 2010. Avevo terminato di scrivere il mio giallo storico “Arnisan il longobardo” e volevo ritornare a parlare di fatti più attuali, pertanto, come faccio sempre quando voglio scrivere, sono andato a passeggiare per giorni aggirandomi tra Imperia e Diano Marina. Durante quelle camminate lasciavo che, oltre alla possibile storia, si affacciassero alla mente potenziali protagonisti e un pomeriggio sono arrivati loro. La prima è stata Noemi, con tutta la sua esuberanza fisica, e poi le si è affiancato Angelo, con la sua competenza e pacatezza. Due opposti che insieme formano una squadra affiatata.

Fra i personaggi che ho incontrato, devo dire che hai saputo tratteggiarli in modo dettagliato e intrigante. Penso ad esempio all’anatomopatologo e all’esperto della scientifica. Mi ha poi molto colpita la mamma di Angelo, amorevole, sensibile, pratica e che tende ad avere un comportamento protettivo nei confronti del figlio ma anche nei confronti di Noemi, cosa che forse da parte della vera madre di lei non si avverte, e a riguardo ricordo i siparietti esilaranti al matrimonio. Puoi introdurci tu le figure di riferimento di questa storia?

Inizio da un’assenza ancora molto “presente” per i due personaggi, ossia il Vice Questore Raimondo Martini, il loro superiore, che però è scomparso nel romanzo precedente. Uomo scostante, ma molto attento nel proteggere i suoi uomini, elegante fino ad assomigliare a un dandy. La sua mancanza pesa nell’animo dei due ispettori. La madre di Angelo è sempre presente in ogni romanzo ed è il rifugio sicuro, anche se defilato, per tutti loro. Una donna che, oltre al figlio, accoglie chi è vicino a lui, inglobandoli in una famiglia ligure, cosa non facile. Anche i personaggi secondari hanno le loro personalità e storie che, libro dopo libro, aumentano di spessore, facendoli così riconoscere dai lettori. Ci tengo molto che queste figure non siano mai appiattite sullo sfondo, esse devono comunque avere profondità.

Nel tuo romanzo si tocca il tema del femminicidio in famiglia e degli abusi. Senza entrare troppo nel merito per evitare anticipazioni a chi deve leggere il libro, puoi spiegarci com’è nata questa storia e perché hai scelto di affrontare proprio questi argomenti?

Pur parlando di un femminicidio, io non amo particolarmente questa definizione. Per me le vittime sono tutte persone e ognuna di loro ha una rilevanza unica, indipendentemente dal genere. Non vi è un motivo particolare per cui ho scritto di questo argomento che purtroppo il Italia è tragicamente all’ordine del giorno. Come ho detto, io cammino e mi vengono in mente storie che poi elaboro e, se mi piacciono, le trasformo in romanzi.

Leggendo, mi sono imbattuta in una riflessione di uno dei tuoi personaggi, che ipotizzo essere legata alle storie precedenti, che però mi ha trovata concorde: “Una volta infangata la reputazione delle persone o delle organizzazioni, per quanto si cerchi di ripulirla, non si può evitare che continuino a riemergere schizzi nascosti.”. Quali possono essere gli strascichi a lungo termine di situazioni di questo tipo?

Purtroppo la calunnia, anche quando viene ampiamente smentita dalle prove, lascia sempre un’ombra sulla vittima, questo la rende un’arma terribile nelle mani di chi vuol ferire uomini o organizzazioni. Basta lanciare un’accusa, spesso anche non grave, ma rilevante mediaticamente, e il gioco è fatto. La vittima, pur innocente, non riuscirà mai a “ripulirsi completamente”, ci sarà sempre chi non le crederà e, anche a distanza di anni, seppur vago e sbiadito, il marchio impresso proditoriamente tende a restare. Per le strutture organizzate va ancora peggio perché, indipendentemente dalla loro irreprensibilità, in molti possibili utenti rimarranno impresse le accuse e pertanto eviteranno di avvicinarle.

Nel tuo libro si legge: “Il bisogno di essere costantemente connessi e raggiungibili ormai è diventato quasi coercitivo.” ed effettivamente è vero, ormai siamo connessi in qualunque momento o quasi, i posti senza rete si trasformano nei nostri momenti di isolamento dal resto del mondo e tutto sommato, è un gran bene che ancora ve ne siano. Come vive Ugo Moriano il suo rapporto con la tecnologia e i social?

Vivo il mio rapporto con la tecnologia e i social con ponderata moderazione. Spesso mi capita di restare distante dal telefono anche per ore, uso principalmente un solo social e la sua fruizione è unicamente legata al mio essere scrittore, non divulgo mai nulla di personale. Sfrutto solo in minima parte lo smartphone, mentre apprezzo molto il computer, su di esso scrivo, navigo e, quando ho tempo e voglia, mi cimento in molto datati giochi strategici. Non vivo l’ansia da connessione. Se mi viene inviato un messaggio, rispondo sempre, ma senza l’affanno di doverlo fare nel giro di pochi minuti. Se stai annegando chiamami, non mi scrivere su whatsapp!

Ad un certo punto si legge: “Spesso anche per gli insegnanti la scuola, anziché un luogo di cultura, può trasformarsi in una fonte di frustrazioni o addirittura di soprusi.”. Cosa ne pensa Ugo Moriano a riguardo e come è arrivato a questa conclusione?

Ho da poco compiuto 65 anni e pertanto sono entrato in un’aula scolastica a metà degli anni Sessanta. Il maestro (ho avuto un maestro e non una maestra), poteva anche essere privatamente criticato, ma il rispetto, gli era sempre dovuto. Stessa cosa poi per i professori. Avevano un ruolo che li poneva in cattedra e questo non lo si discuteva. Oggi queste figure importantissime spesso sono sminuite oltre ogni limite, soprattutto all’interno delle famiglie che pongono i loro amati pargoli su piedistalli altissimi. Il potere, anche quello di insegnare, esiste solo se viene percepito, se no svanisce. Praticamente oggi nulla impedisce a un discente di far impazzire i propri docenti. Siamo arrivati a casi estremi in cui si colpisce l’insegnante e alla fine tutto finisce senza neppure un buffetto sulla guancia. Ciò porta a frustrazione e senso di inutilità. Insegnare, a mio parere, sta diventando una professione eroica dove oltre alla preparazione diventa necessaria anche molta abnegazione. Naturalmente, un tale contesto conduce anche a molti casi di totale demotivazione professionale. Conosco molti insegnanti e qualcuno anche molto da vicino.

Libri Frilli è sinonimo di territorialità. Puoi farci una panoramica dei luoghi in cui il tuo romanzo prende vita e poi si evolve e, puoi spiegarci come mai hai scelto proprio questa parte di Liguria? 

Sono un ligure, figlio di liguri e così via, e pertanto mi sarebbe stato impossibile ambientare altrove perché io amo questa terra avara, parca, dove il mare spesso confina con le propaggini delle colline e poi, nel mio Ponente Ligure, subito dopo ci sono le Alpi. Queste zone vengono indicate come “La Riviera”, ma oltre alle città e ai paesi rivieraschi, ci sono tutti quelli dell’entroterra, dove il mare è invisibile e intorno a te ci sono solo valli e promontori, posti in cui i nostri bisnonni nascevano e morivano spesso senza mai aver visto un’onda marina o una barca. I liguri di ponente non hanno mai amato particolarmente il mare e chi lo doveva solcare sapeva che era fonte di pericoli. Ecco, questo è lo scenario dove si muovono i miei due ispettori.

Ci sono già altri manoscritti pronti a farsi conoscere per il futuro?

Sto portando a termine un nuovo romanzo storico ambientato al tempo di Costantino, inoltre quest’inverno dovrebbe arrivare nelle librerie una graphic novel tratta da un mio precedente romanzo. Con l’anno nuovo tornerò a parlare di Angelo Ardoino e Noemi Vassallo, ancora protagonisti di un noir Frilli.

Ugo Moriano scrittore e anche un grande lettore? Se sì, quali sono i tuoi autori preferiti e poi, visto che siamo in Thrillernord, fra i suoi autori c’è spazio anche per quelli nordici?

Sono un lettore compulsivo, anche se devo ammettere che, da quando ho iniziato a scrivere, i miei ritmi di lettura sono scesi a due o tre romanzi al mese (prima li avrei terminati in una settimana). Sono onnivoro e spazio tra tutti i generi, anche se i gialli e i romanzi storici la fanno da padroni. Ho letto naturalmente il ciclo di Stieg Larsson, Jo Nesbø e Camilla Lackberg.

Grazie per la tua disponibilità a nome mio e della redazione di Thrillernord.

Loredana Cescutti

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