Intervista a Vincent Spasaro




A tu per tu con l’autore


 

Innanzitutto ho avuto la possibilità di leggere una storia molto bella, il passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza non è facile da capire.

Quanto ti sei immedesimato in Liam per raccontare questa transizione così “brutale”?

Ti ringrazio molto per i complimenti! Un romanzo dai connotati del dramma e del thriller rappresenta un’operazione complessa e rischiosa, per cui sono contento che la storia ti sia piaciuta. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza è un momento delicatissimo che determina molto di quello che saremo in futuro. Il fatto è che, quando passiamo attraverso questa fase della vita, semplicemente non ce ne accorgiamo: non esiste un manuale delle istruzioni per gestire la transizione. Sì è fragilissimi mentre ci si dimostra audaci, le convinzioni cambiano velocemente e si compiono scelte molto difficili con estrema leggerezza. La domanda che mi sono posto è: cosa accadrebbe se durante questo passaggio un bambino che non è ancora un ragazzo fosse posto di fronte a scelte che riguardano la vita e la morte? In fondo capita ogni giorno: ce lo dicono i telegiornali. Per farsi certe domande bisogna immedesimarsi profondamente nel protagonista. Bisogna essere Liam. Credo che questo faccia la differenza nella qualità del romanzo. Bisogna avere il coraggio di essere veri senza essere verosimili.

L’ambientazione è particolare: sei mai stato a Stromboli? Confesso che leggendo volevo trasferirmi l’indomani!

Sì, ci sono stato per fare ricerca sul romanzo e ho sentito quello che può aver sentito Liam: una terra primordiale dove la fantasia riesce a correre a briglia sciolta. Ho pensato che fosse un luogo incantato per un bambino che possiede una grande immaginazione: in definitiva una quinta meravigliosa per far da sfondo a questo dramma. In generale studio molto, faccio tanta ricerca quando scrivo un romanzo, si tratti della Sarajevo anni ’90 di “Assedio” o di Ginostra primi anni ’80 di “Morte sul Vulcano”.

Perché questo rapporto tra Liam, Pietro e Angelo? Così conflittuale, quasi da nemici?

Il mio romanzo è un thriller drammatico ma anche un romanzo di formazione. Spesso i romanzieri immaginano le bande di bambini come fossero associazioni culturali, evidenziando amicizie eterne e unità d’intenti. Invece i ragazzini costituiscono gruppi sociali esattamente come gli adulti: regole, disciplina, capi, rivoluzioni. La società è aggregazione ma anche lotta per emergere. E poi c’è un motivo più profondo: questi tre ragazzi, e anche Lullaby, provengono da luoghi e tempi lontanissimi e si ritrovano di colpo insieme. Vivere nella Sicilia profonda dei prima anni ’80 è molto diverso dall’abitare nella Londra degli stessi anni. È un conflitto Nord-Sud del mondo, tradizioni immutabili contro new age, aria condizionata contro mancanza cronica d’acqua potabile.

I genitori di Liam sembrano essere presenti all’inizio, perché secondo te hanno lasciato che Liam vivesse quell’estate senza rendersi partecipi? Forse è l’eredità hippie anni ’70?

I genitori di Liam vengono da un’Inghilterra permeata d’idee progressiste, forte senso civico e benessere. Sono convinti che la società organizzata abbia sempre le risposte giuste per riparare i torti. Ma, se ci pensi, anche loro sono protagonisti di un conflitto profondo della coppia e del ruolo sociale. Vengono toccati dalla forza primordiale del vulcano esattamente come Liam, e forse hanno anche meno strumenti di un bambino per adattarvisi. Sono parte del dramma e quindi sono anch’essi protagonisti del giallo.

Questo romanzo è in un certo senso un romanzo di guerra: un conflitto di tutti contro tutti. Figli contro genitori, amici contro amici, mariti contro mogli, poveri contro ricchi. E rappresenta forse anche il crollo di certi ideali in relazione a una normalizzazione che negli anni ottanta è stata durissima. Mi piacerebbe che il lettore fosse portato alla riflessione: in “Morte sul Vulcano” posso leggere un giallo, un thriller psicologico, ma anche un romanzo per certi versi sociale, una guerra di mondi. Secondo me questa è la via d’uscita dal thriller convenzionale: meno stereotipi e maggiore approfondimento psicologico.

A cura di Marina Toniolo

 

 

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