Recensione di Giuseppe Tursi
Autore: Giorgio Falco
Editore: Einaudi
Genere: narrativa
Pagine: 392
Anno di pubblicazione: 2017
Sinossi. «Mi sentivo convalescente, ma non ero deluso dal lavoro. Soffrivo, dall’età di diciassette anni, di una nevrosi politica ed economica, più che individuale.» Da bambino Giorgio Falco amava la divisa da autista degli autobus, che il padre indossava ogni giorno per andare al lavoro, tanto che a Carnevale voleva vestirsi come lui, anziché da Zorro, chissà se per emularlo o demolirlo. Questo romanzo autobiografico non può che cominciare così, con la storia del padre: solo raccontando l’epopea novecentesca del lavoro come elevazione sociale, come salvezza, Falco ne può testimoniare il graduale disfacimento, attraverso le proprie innumerevoli esperienze professionali, cominciate durante il liceo per pagarsi una vacanza mai fatta. Operaio stagionale in una fabbrica di spillette che raffigurano cantanti pop, il papa e Gesù, per 5 lire al pezzo. Venditore della scopa di saggina nera jugoslava, mentre in Jugoslavia imperversava la guerra. Aspirante imprenditore di un’agenzia che organizza «eventi deprimenti per le élite». Redattore di finte lettere di risposta ai reclami dei clienti. Una lunga catena di lavori iniziati e persi, che lo conduce alla scelta radicale di mantenersi con le scommesse sportive. È la fine, o solo l’inizio. Perché questa è anche la storia – intima, chirurgica, persino comica – di un lento apprendistato per diventare scrittore. E di come possa vivere un uomo incapace di adattarsi.
Recensione
Sin dai suoi esordi Giorgio Falco ha avuto una particolare attenzione per la tematica del lavoro, rifacendosi a quella corrente letteraria che prende il nome di letteratura industriale, di cui hanno fatto parte scrittori illustri come Paolo Volponi, Luciano Bianciardi, Ermanno Rea e più recentemente Giuseppe Culicchia, Francesco Dezio, Vitaliano Trevisan, per citarne solo alcuni.
Giorgio Falco scrive un’autobiografia in cui racconta i molteplici lavori svolti prima di diventare, a tutti gli effetti, uno scrittore e vivere così della propria arte.
Ipotesi di una sconfitta si apre con un intero capitolo dedicato al padre dello scrittore, il quale, emigrato dalla Sicilia negli anni Cinquanta, trova lavoro presso l’azienda di trasporti atm, a Milano. Giorgio Falco prenderà per tutta la vita a esempio quel padre che con sacrifici, dedizione e passione è riuscito a garantire una vita dignitosa alla propria famiglia.
L’autore quindi compiuti i diciassette anni cerca di seguire le orme del padre. Inizia a lavorare in una fabbrica in cui si assemblano spillette dei Duran Duran, Che Guevara e del Papa. Successivamente cambia mestieri e mansioni: venditore porta a porta e allenatore di Basket. Lavori occasionali e precari che non danno nessuna prospettiva futura. Poi arriva, finalmente, la chiamata in una grande azienda. C’è l’esplosione delle compagnie telefoniche. Giorgio Falco viene assunto nel call center. Osserva da vicino gli italiani impoveriti di quegli anni. Il campionario umano che conosce nel suo lavoro un giorno sarà materiale narrativo per le sue storie.
Oltre a un’analisi approfondita del lavoro contemporaneo, Falco riesce a raccontare, con una scrittura lucida e precisa, la storia dell’Italia, con le sue – troppe – contraddizioni.
Ipotesi di una sconfitta è un libro che mette in risalto la notevole scrittura di Giorgio Falco, il quale riesce a tenere vivido l’interesse del lettore nonostante le quasi quattrocento pagine del romanzo.
Grazie alla sua grande dote narrativa, Falco rende interessanti parti del libro che altrimenti sarebbero risultati poco rilevanti ai fine del testo. In conclusione, posso affermare che questo romanzo è tra i migliori del suo genere. Riesce a fare riflettere il lettore sulle precarie condizionilavorative in cui il nostro paese riversa ormai da decenni.
A cura di Giuseppe Tursi
instagram.com/giuseppetursi.libri
Giorgio Falco
Giorgio Falco (Abbiategrasso, 30 novembre 1967) è uno scrittore italiano.
Esordisce con Pausa caffè (Sironi 2004). Per Einaudi pubblica L’ubicazione del bene (2009), La gemella H (2014, finalista al Premio Campiello e vincitore, tra gli altri, del premio SuperMondello, del Premio Volponi e del Premio Lo Straniero), e Ipotesi di una sconfitta (2017).
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