Recensione di Cristina Marra
Autore: Siri Ranva Hjelm Jacobsen
Traduttore: Maria Valeria D’Avino
Editore: Iperborea
Collana: Narrativa
Pagine: 215 p., ill. , Brossura
Anno di pubblicazione: 2018
Un ritorno alle origini, un viaggio alla scoperta delle proprie radici e un omaggio alle Faroe, isole del cuore.
Questo e tanto altro nel romanzo d’esordio dell’autrice danese Siri Jacobsen che, traendo ispirazione dalle storie familiari, racconta in “Isola” una vicenda che parte dagli anni Trenta e arriva ai giorni nostri e che coinvolge i componenti di una famiglia che lasciano le Faroe in cerca di un lavoro o un destino migliori senza mai spezzare il legame con quei luoghi, con quella “casa”.
Un volto giovane e femminile emerge per metà dalle acque del mare, è un viso ciclopico e dalla forte simbologia mitologica e leggendaria, è il volto-isola della copertina, verdeggiante e selvaggia, con una casetta e degli alberi, e l’isola stessa è una casa, quella tanto ricordata con struggente nostalgia da Fritz e Marita, abbi e omma materni della giovane protagonista che non scorda i loro racconti e alla loro morte vuole andare a ritrovarli sull’isola.
A Suduroy, una delle isole dell’Atlantico, vivevano i nonni materni della ragazzina (io narrante di parte del romanzo) ed è su quell’isola che la giovane si reca con i genitori, la mamma e Tarantola, come chiama il suo papà,” la fisicità impacciata e quasi danzante, mi aveva sempre ricordato i passi lunghi e un po’ dinoccolati di mio padre”.
I capitoli, tradotti da Maria Valeria D’Avino, sono brevi ma dalla potente intensità narrativa e ripercorrono con uno stile poetico la vita e le scelte dei due coniugi Fritz e Marita che si intrecciano con la storia delle Faroe nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, della Guerra Fredda, dell’indipendenza dalla Danimarca.
Un viaggio nel tempo che sembra riemergere come fanno le “isole galleggianti”, alcune delle quali “erano solo di passaggio, altre avevano una loro rotta , erano come uccelli migratori e ricomparivano sempre nello stesso luogo”, così come l’autrice fa risalire a galla i ricordi di nonni e nipote in un’alternanza temporale senza fratture.
La scomparsa di omma e abbi non taglia il cordone ombelicale con quelle isole e con la storia familiare che vede tanti personaggi magnificamente caratterizzati, dal Ragnar Il Rosso e i suoi libri, alla prozia che lavorava la maglia alla faroese.
Se i pesci e le pecore sfamano gli abitanti delle isole anche nei periodi di guerra e favoriscono il commercio, sono i gabbiani i veri protagonisti del romanzo, siano essi il “proletariato del mare” come ama definirli Ragnar o il gabbiano che vive nel giardino di zia Beate e che “somigliava a un uomo anziano e tarchiato e che aveva sul petto un piumaggio sontuoso in cui affondava il becco quando tirava il vento”.
Siri Ranva Hjelm Jacobsen
(1980) Cresciuta in Danimarca da una famiglia originaria delle isole Faroe, dopo gli studi umanistici si dedica alla scrittura e collabora con diversi quotidiani e riviste. Con il suo primo romanzo, Isola, ispirato alla sua storia personale, si impone subito all’attenzione di pubblico e critica per l’originalità della sua voce poetica, tanto da essere affiancata ai grandi cantori del Nord, William Heinesen, Einar Már Guðmundsson, Jon Fosse e Jón Kalman Stefánsson.