La bambina di cera




Recensione di

Cinzia Passaro


Autore: Roberta Castelli

Editore: Golem edizioni

Genere: Thriller

Pagine: 224

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Lo splendido e immaginario paese di Lachea fa da sfondo alle avventure del commissario Vanedda, un uomo controcorrente che ha deciso di sfidare pregiudizi e diffidenze e di fare il poliziotto in Sicilia, nonostante la sua omosessualità. In questa seconda indagine Vanedda, oltre a dover risolvere un intricato e misterioso caso che, tra presunti incidenti, messaggi misteriosi e strane sparizioni, vede coinvolta la famosa “mummia” di Rosalia Lombardo, dovrà fare i conti anche con i turbamenti del proprio cuore… Una storia avvincente che profuma di agrumi come la terra in cui è ambientata e di cui l’autrice ci fa sentire tutte le contraddizioni.

Recensione


Un romanzo semplice e allo stesso tempo avvincente, lo stile dell’autrice che rende la storia fresca e piacevole. La prosa è incantevole per l’uso, a piccole dosi, dei termini dialettali che non disturba ma anzi colora i dialoghi rendendoli autentici e trasportano il lettore in Sicilia. Il protagonista è il commissario Vanedda, siciliano doc , burbero, arrabbiato e insofferente, con la voglia di prendere a “tumpulate il suo sottoposto Vaccaro, ma che spesso rivela un cuore buono e disponibile nei confronti dei componenti della sua squadra, finemente descritti dall’autrice: l’ispettore Vaccaro e le sue infinite paure con il primo figlio in arrivo, la solerte agente Catena Caruso, il nuovo e avvenente sovrintendente Pierluigi Falco, l’indolente agente Mimmo Strano e Carmela, la donna delle pulizie, innamorata del commissario.

Un team strampalato, dove tutti contribuiscono alla risoluzione dei casi. Un’indagine dalla trama forse un po’ deboluccia, ma non per questo meno interessante, in particolare per il coinvolgimento della storia  di Rosalia Lombardo, la bambina palermitana, morta a soli due anni nel 1920, che il padre fece imbalsamare per mantenere le fattezze intatte, tanto che invece che morta sembra addormentata. Un caso di certo misterioso, non molto difficile da risolvere solo che questa volta Vanedda , solitamente in gamba e acuto osservatore, sembra perdere un po’ di lucidità,appare distratto dalla presenza di Pierluigi Falco l’ultimo arrivato, che lo indurrà in tentazione,tradendo con il pensiero il suo Giugiù.

Gerlando è il suo amore, il suo convivente con cui ha un rapporto sincero, dolcissimo che neanche i “cuttigghiari” possono mettere a rischio. Una sfida la loro contro la realtà della provincia, piena di pregiudizi e contraddizioni, che a Giugiù sta stretta, mentre Vanedda ha deciso di affrontarla avendo scelto di  vivere in Sicilia. Innamorato della sua terra, adora passeggiare in piazzetta, dove è solito acquistare una brioscia con gelato dall’ape coloratissima di Don Tannino, osemplicemente salire su al castello lasciandosi rapire dai ricordi, guardando il mare e la scogliera della magica Lachea, paesino immaginario che racchiude in sé i tanti scenari della bellissima isola.

Di Vanedda apprezziamo anche  la sensibilità olfattiva, ci fa sentire gli odori che lo circondano, dalle meravigliose zagare ad altri meno piacevoli. Attraverso Vanedda il lettore assapora l’ottima cucina siciliana, in particolare quando l’amico fidato, il professore Torrisi, che vede nel commissario il figlio mai avuto, ogni volta che va a trovarlo, gli porta ogni sorta di dolce prelibatezza: la brioscia cu’ tuppo, il cannuolo, il salame turco.

In quest’amicizia sincera vediamo come il professore non abbia pregiudizi e rispetti la storia che  Vanedda  ha con Giugiù, a differenza del padre che vuole ignorare la natura del figlio, tormentandolo con richieste inopportune: “nella speranza che una donna apparisse nella vita di suo figlio”. In questo romanzo il tema dell’omosessualità è trattato con una tale delicatezza che quasi fa scordare si tratti di un giallo-poliziesco.

Tocca il cuore il sentimento per la madre morta, mai dimenticata. Va a trovarla al cimitero dove la vista della sua foto gli reca conforto, instaura con lei un vero dialogo , le racconta dei suoi travagli amorosi e gli sembra di sentirla mentre era solita dire: “l’amore, Angiluzzo mio, non è cosa che puoi programmare e controllare, lo devi solo vivere”

Consiglio questo romanzo a chi ama i gialli non impegnativi e a chi ha Montalbano nel cuore.Roberta Castelli, totalmente diversa da Camilleri, ha saputo creare il commissario Vanedda che, pur con le sue differenze, lo ricorda molto.

Roberta Castelli


nasce nel 1978 in provincia di Torino ma cresce in Sicilia, una terra che ama profondamente. La scrittura è la sua grande passione da sempre e nel 2019, dopo una lunga esperienza come blogger, scrive due racconti che le fanno vincere una menzione speciale e una pubblicazione. Nel 2019 il suo racconto La macchia rossa, che vede per la prima volta protagonista il commissario Vanedda, è stato pubblicato nell’antologia noir “Il tallone di Achille” (Golem Edizioni). Nel 2020, sempre per Golem Edizioni ha pubblicato “La traccia del pescatore” romanzo finalista a EtnaBook2021. Il racconto Asia è stato pubblicato nell’antologia “Odio e amore in noir” (Fratelli Frilli Editori, 2021).

 

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