La canzone di Šaljapin




Ivy Low Litvinov


Sinossi. Mosca, anni Venti. Come tutte le mattine, una donna di servizio porta la colazione all’ospite della casa al piano superiore. Quella mattina, però, entrando in casa, la donna trova il corpo dell’uomo riverso su un giradischi con un coltello conficcato nel torace. Un giallo che corre ripido su una trama ricca di colpi di scena perfettamente montati dall’autrice che, in una Mosca in piena fase rivoluzionaria, ambienta un romanzo capace di lasciare il lettore a bocca aperta.


Traduttore: Susanna Marrelli Ricci

Editore: Ago Edizioni

Genere: Giallo

Pagine: 304

Anno edizione: 2025

 Recensione

di

Giusy Ranzini


Ci sono romanzi gialli che, oltre a raccontare un mistero da risolvere, diventano veri e propri affreschi di un’epoca, capaci di trasportare il lettore dentro un mondo lontano, ma pulsante e vivido. La canzone di Šaljapin di Ivy Low Litvinov appartiene senza dubbio a questa categoria: un’opera in cui la tensione narrativa del giallo si intreccia con la raffinatezza di un racconto storico e psicologico.

La trama si apre con un’immagine potente: un appartamento moscovita negli anni Venti, un giradischi che continua a suonare e un cadavere riverso, trafitto da un coltello.

È un inizio folgorante, quasi cinematografico, che cattura immediatamente il lettore e lo getta in un’atmosfera sospesa tra inquietudine e curiosità. Da quel momento, la narrazione procede con un ritmo serrato, ma mai affrettato, bilanciando perfettamente i colpi di scena con l’approfondimento dei personaggi e dei loro segreti.

Litvinov non si limita a costruire un enigma da risolvere: crea un mosaico di figure complesse, animate da passioni, ambizioni e paure che riflettono la società russa di quegli anni turbolenti.

La Mosca post-rivoluzionaria emerge come un palcoscenico inquieto, in cui la tensione politica e sociale si insinua tra le pieghe della quotidianità. È un mondo in bilico, dove la fragilità individuale si scontra con le trasformazioni collettive, e proprio in questo contesto il delitto acquista un significato che va oltre la cronaca nera.

La scrittura di Ivy Low Litvinov colpisce per eleganza e precisione: non indulge in descrizioni superflue, ma sceglie ogni dettaglio con cura, lasciando che siano le immagini, i gesti e gli sguardi a rivelare ciò che le parole non dicono apertamente.

L’autrice è maestra nel mantenere viva la tensione, inserendo indizi sottili e deviazioni narrative che spiazzano e sorprendono, senza mai scivolare nell’artificio. La lettura diventa così un gioco raffinato tra autore e lettore, in cui ogni pagina sembra aprire nuove possibilità interpretative.

Mi ha colpita il modo in cui il romanzo intreccia la dimensione musicale con quella narrativa: “La canzone di Šaljapin”, che dà il titolo all’opera, diventa metafora della voce profonda della Russia, della sua anima appassionata e tormentata.

La musica non è solo sottofondo, ma un filo che lega i personaggi, evoca ricordi, accende emozioni e accompagna il mistero, come se il canto stesso custodisse una verità segreta.

Leggere La canzone di Šaljapin significa immergersi in un giallo che non è mai puro esercizio di genere, ma un viaggio dentro la storia e la psicologia umana. È un romanzo che lascia il lettore senza fiato non solo per la trama ben congegnata, ma per la capacità di evocare un mondo complesso e vibrante, fatto di passioni represse, illusioni e contraddizioni.

Ivy Low Litvinov ha scritto un libro che conquista sia chi ama i gialli classici sia chi cerca una narrativa densa di atmosfera e spessore storico. Un’opera che dimostra come la letteratura di genere possa raggiungere vette altissime quando sa unire il piacere dell’intrigo con la profondità del contesto e dei personaggi.

Un piccolo gioiello da riscoprire, capace di lasciare un segno nella memoria di chi legge.

Acquista su Amazon.it: 

Ivy Low Litvinov


Ivy Low Litvinov (1889-1977) è stata una scrittrice e traduttrice britannica, moglie del diplomatico sovietico Maxim Litvinov. Nata a Londra in una famiglia ebrea anglosassone, si trasferì in Unione Sovietica nel 1920 dopo la Rivoluzione Russa e vi visse per la maggior parte della sua vita adulta, anche se con il matrimonio dovette spostarsi all’estero per il servizio diplomatico del marito. È stata un’esponente della cultura e una figura di spicco a Mosca, ma si sentì sempre un po’ un’outsider e il suo soggiorno in URSS fu motivato dalla lealtà personale verso il marito e i figli piuttosto che da simpatia per l’ideologia comunista