Recensione di Sara Ammenti
Autore: Elena Loewenthal
Editore: La nave di Teseo
Genere: Narrativa
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Lea è una ricercatrice universitaria di paleografia, moglie di un uomo distratto e madre di un bambino piccolo e due gemelli adolescenti insofferenti; Pietro un professore di filologia affascinante e riservato, sposato a sua volta. Si incontrano a un convegno in Calabria dedicato al Codex Purpureus Rossanensis, un antico manoscritto bizantino, e subito tra loro scatta una fortissima attrazione che li porta a passare una travolgente notte di passione. Forse questo desiderio inaspettato nasconde la scintilla di un sentimento più forte, un’esigenza di abbandonarsi l’uno nell’altro che si approssima all’amore. Pietro e Lea si perdono di vista, si scrivono, cercano indizi l’uno dell’altra nelle tesi dei rispettivi studenti, negli incontri accademici, nelle righe dei testi antichi, ma per una serie di coincidenze fortuite non riescono mai a rivedersi. Solo nel 2019, dopo vent’anni di occasioni mancate, finalmente si ritrovano. Ed è come se il tempo non fosse passato e tutto fosse rimasto solo in sospeso, nello spazio bianco della vita. Il loro legame, pur a distanza di anni e con l’età che avanza, non si è mai spezzato. Eppure, il destino li separa ancora, e Lea dovrà affrontare questa nuova, improvvisa, assenza nel ricordo dell’ultimo gesto che le è rimasto addosso, una carezza. Elena Loewenthal racconta la storia di un amore perfetto – delicato come le pagine di un antico manoscritto – che accompagna, senza mai spegnersi, gli inciampi della vita dei due protagonisti. Due anime che si sono scelte, e continuano a farlo.
Recensione
“Il sesso, e fors’anche l’amore, sono fatti di misure. Di pieghe di pelle che si scoprono compatibili fra loro, di cavità e convessità che combaciano, della capacità di ascoltarsi i corpi a vicenda. E loro due sono un vuoto e un pieno perfetto: combaciano sempre. Sono la frase che colma la lacuna, la presenza che cancella l’assenza. Sono l’istante in cui tutto comincia: fuori dal tempo, prima del mondo.”
L’amore non è mai perfetto, non esiste scienza che sappia ricostruirne la formula esatta, eppure Elena Loewenthal ci sfida, ponendoci dinnanzi all’unica perfezione possibile, l’assenza.
Lea e Pietro si conoscono ad un convegno che riguarda un preziosissimo codice alto-medievale, il Codex Purpureus Rossanensis. Lei è una paleografa, lui un filologo; entrambi, pur se in modi diversi, si occupano di costruire, ricostruire, studiare, colmare lacune. Una vita di studi dedicati a trovare l’archetipo, il manoscritto non noto dal quale derivano, direttamente o indirettamente, tutti i codici noti, il modello più fedele possibile all’originale. E il destino vorrà che proprio loro due, incontrandosi, daranno forma all’archetipo dell’amore stesso, la forma più vicina possibile all’idea
di perfezione. Scoprire d’improvviso, quasi per caso, che esistono le storie perfette e sono proprio quelle che in fondo non esistono, ma la cui assenza si fa sentire con forza per una vita intera.
L’autrice, grande conoscitrice dei testi alto-medievali, compie qui un lavoro preciso e sapiente di continua sovrapposizione tra il piano puramente filologico-testuale e quello legato alla sfera dei sentimenti. Lo fa servendosi di una prosa semplice ma molto puntuale: il tempo dell’azione è sempre il presente, i pensieri e i discorsi diretti si sovrappongono, lo stato di veglia lascia spesso posto al sogno e lo studio dei testi si trasforma in paleografia dei sentimenti: due anime che sembrano muoversi per caso ma che, con la loro danza d’amore, stanno scrivendo il senso di una vita. Il manoscritto lacunoso diviene così un’allegoria dell’amore, dove il vero significato non è tangibile, ma nasconde tutta la sua essenza in ciò che manca.
Così, sia Lea che Pietro continuano ognuno la propria vita, ognuno con il proprio matrimonio che nel romanzo è quasi una distrazione, una parentesi lunga una vita tra gli unici momenti di vita vera, quelli in cui i due possono finalmente incontrarsi e unire i propri corpi in una danza che toglie il respiro.
“Una riga, un capoverso, una parola dimenticata. Tutto quello che manca apre in noi degli spazi bianchi. E’ quello che manca, a schiudere, a dare significato. Capisci, Lea. Anche tu e io. Tu mancavi a me, io mancavo a te. Ora non più. Anzi sì, e quanto. Ma adesso lo sappiamo. La consapevolezza della lacuna è molto più del tutto.”
La Loewenthal ci porta dritti all’origine del desiderio, all’essenza pura dell’amore, ma compie una scelta precisa nel romanzo, più o meno condivisibile: ci preserva, quasi fino alla fine, dal dolore. Perché è chiaro che una forma così ardente di sentimento porti una buona dose di sofferenza, ma qui non compare, quasi mai.
Si sottintende tutto ciò che non sia strettamente necessario al racconto di Pietro e Lea: di loro due, insieme, sappiamo tutto, anche i dettagli più intimi e profondi, ma dell’assenza, della perdita, della loro quotidianità, dei mariti distratti, delle mogli distanti, dei figli, delle gelosie, della mancanza, dell’attesa…nulla.
Fino a quando, proprio sul finire, poche pagine ci regalano il racconto di una vita, la lacuna, il salto du même au même. E allora ecco che il cerchio si chiude, l’archetipo è finalmente e completamente ricostruito.
A cura di Sara Ammenti
Elena Loewenthal
(Torino, 1960) lavora sui testi della tradizione ebraica e traduce letteratura d’Israele. Scrive di saggistica e narrativa. Collabora a “La Stampa” e a “Tuttolibri”. Insegna presso lo IUSS di Pavia. Ha pubblicato fra il resto: Attese (2005, finalista al premio Strega), Eva e le altre. Letture bibliche al femminile (2007); Conta le stelle, se puoi (2008, premio Campiello Selezione della Giuria, premio Roma 2009). Nel 2015 è uscito Lo specchio coperto. Diario di un lutto, nel 2019 il romanzo Nessuno ritorna a Baghdad. Dal 2015 al 2017 è stata addetto culturale presso l’Ambasciata d’Italia in Israele. Dal gennaio 2020 è il direttore della Fondazione Circolo dei Lettori di Torino.
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