Recensione di Laura Salvadori
Autore: Megan Campisi
Traduzione: Alessandro Storti
Editore: EditriceNord
Genere: narrativa
Pagine: 400
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Ha rubato solo un pezzo di pane, ma la giovane May avrebbe preferito essere impiccata come tutti gli altri ladri. Invece il giudice ha scelto per lei una condanna peggiore della morte: diventare una Mangiapeccati. Dopo la sentenza, May è obbligata a indossare un collare per essere subito riconoscibile e le viene tatuata la lettera S sulla lingua. Da quel momento, non potrà mai più rivolgere la parola a nessuno. Poi inizia il suo apprendistato presso la Mangiapeccati anziana che, nel silenzio più assoluto, le insegna le regole del mestiere. Un mestiere spaventoso: raccogliere le ultime confessioni dei morenti, preparare i cibi corrispondenti ai peccati commessi e infine mangiare tutto, assumendo su di sé le colpe del defunto, la cui anima sarà così libera di volare in Paradiso. Le Mangiapeccati sono esclusivamente donne, disprezzate e temute da tutti, eppure indispensabili. E infatti, un giorno, May e la sua Maestra vengono convocate addirittura a corte, dove una dama di compagnia della regina è in fin di vita. Dopo la confessione e la morte della donna, però, alle due Mangiapeccati viene portato un cuore di cervo, un cibo da loro non richiesto e che rappresenta il peccato di omicidio. Sconcertata, la Maestra di May si rifiuta di completare il pasto e viene imprigionata per tradimento. Rimasta sola, la ragazza china la testa e porta a termine il compito, ma in cuor suo giura che renderà giustizia all’unica persona che le abbia mostrato un briciolo di compassione. Quando viene chiamata ancora a prestare i suoi servigi a corte, May intuisce che una rete di menzogne e tradimenti si sta chiudendo sulla regina e che solo lei è in grado d’intervenire. Perché essere invisibile può aprire molte porte, anche quelle che dovrebbero restare chiuse per sempre…
Ispirandosi alla figura realmente esistita della Mangiapeccati, questo romanzo coinvolgente e dalla straordinaria potenza narrativa ci regala un’eroina modernissima, che rifiuta il ruolo impostole da una società che la umilia in quanto donna, e che grazie alla sua forza di volontà e determinazione riuscirà a cambiare il proprio destino.
Recensione. Una lettura entusiasmante, un romanzo acclamato fin da subito, che non ha deluso le mie aspettative e mi ha regalato momenti di pura evasione e di coinvolgente emozione.
Inizio così la mia recensione, con toni entusiasti che non sono usuali per chi come me legge tanto e che è destinato ad essere sempre più esigente. Devo dire che non trovo pecche in questo romanzo, che è un’opera di fantasia ma che è così bene inserito nel periodo in cui è ambientato da assumere anche una connotazione storica.
Siamo nell’Inghilterra georgiana e l’occhio del lettore beneficia di un affaccio particolare su quest’epoca, che ci viene raccontata dal punto di vista dei meno abbienti: servette, mendicanti, derelitti. Una intera e variegata classe sociale, chiusa dall’ignoranza, dal peso delle superstizioni e appesa al cappio delle credenze popolari. Poveri che credono in un Dio castigatore, che punisce i peccatori e che si erge a giudice supremo sulla povera gente, già vessata da una giustizia sommaria, nelle mani di pochi.
Si vive di espedienti, di carità, di timore di Dio e si rifugge l’abominio del peccato e della colpa.
May è orfana e per uno strano scherzo del destino si trova a vestire i panni della “mangiapeccati”, una figura temuta ma necessaria, colei che ascolta la confessione dei peccati dei moribondi e si accolla le loro colpe, attraverso il “Pasto”, che consiste nel mangiare i cibi che raffigurano i peccati compiuti in vita dal morto. Una tradizione che affonda le proprie radici nella storia e che consiste in una sorta di traslazione dei peccati attraverso il rituale del pasto.
May è poco più di una ragazzina. E’ inesperta, non sa leggere né scrivere, è sola. Un granello di sabbia di fronte agli ingranaggi infidi e scriteriati della giustizia divina e temporale. Ma si farà spazio in un mondo ostile, riuscendo a trarre dalla propria missione gli insegnamenti e l’esperienza che la porteranno ad acquisire consapevolezza, crescita interiore e una grandissima maturità.
Insomma, una vera e propria eroina, dotata di una grande forza interiore, capace di trasformarsi in una giovane donna consapevole delle proprie attitudini e della propria forza interiore.
Il romanzo è scritto in prima persona. La voce di May è fresca, senza filtri, ingenua ma anche profonda, capace di analizzare la situazione politica e sociale del tempo e di guardarsi dentro con grande chiarezza. May riesce a stigmatizzare il proprio bisogno di contatto umano ma anche a trarre vantaggio dalla propria posizione, che è scomoda ma che le permette, per certi versi, anche di rendersi invisibile. Una voce infantile, che non nasconde i propri limiti e che costituisce la forza di questo romanzo, rendendo al massimo l’immedesimazione del lettore negli usi e nei costumi del tempo.
May incarna la solitudine, l’emarginazione, l’indifferenza. Eppure è capace di grandi slanci di generosità, di accoglienza verso i bisognosi, di compassione. Ma è anche obiettiva e impara a indossare una corazza per cogliere le opportunità che le si parano davanti. May è libera, quando si renderà conto di potersi sdoppiare tra il ruolo che la società le ha assegnato e cucito addosso come una maledizione e il suo essere semplicemente una ragazzina qualunque.
Il romanzo, oltre che ad una finestra su uno dei periodi più affascinanti della storia inglese, racchiude anche un piccolo giallo che stuzzicherà gli amanti dei misteri e dei complotti. May si renderà protagonista della scoperta di una verità scottante, che ricercherà con coraggio e perseveranza, fino all’epilogo, dentro ad una affascinante cornice di intrighi di Corte, di gelosie, segreti e veleni.
La prosa della Campisi è perfetta per narrare le gesta di una emarginata contro un sistema farraginoso e corrotto. Evocativa, efficace nel rendere giustizia ai sentimenti e ai pensieri della protagonista, piena di immagini, pura e priva di virtuosismi. Semplice e lineare come i pensieri di May, che rimangono pur sempre i pensieri di una adolescente inesperta.
La custode dei peccati è davvero un piccolo capolavoro di narrativa. Emozionante e avvincente, pieno di ingenuità che diventa consapevolezza e poi forza. La storia di una piccola donna costretta a portare sulla schiena un peso insopportabile, che muta in opportunità, consapevolezza e bisogno di giustizia. Una piccola donna che non si ribella con la forza e con il sangue, ma con l’uso intelligente del silenzio e che incarna tutto ciò che possiamo racchiudere nel concetto di eroe storico e morale.
Megan Campisi
Drammaturga, scrittrice e insegnante, Megan Campisi ha frequentato la Yale University e l’École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq. Nel corso della sua vita, ha svolto diversi lavori, tra cui la guardia forestale e la sous-chef a Parigi, per poi girare il mondo come esperta di teatro fisico. Originaria della California, attualmente vive a Brooklyn con la famiglia. La custode dei peccati è il suo esordio nella narrativa.
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