La fabbrica del diavolo
Simone Filippini
DETTAGLI:
Editore: Sonzogno
Genere: Giallo
Pagine: 320
Anno edizione: 2024
Sinossi. A tredici anni, Kevin è costretto a lasciare la sua Toronto per trasferirsi a Marostica, un paesino veneto di diecimila abitanti, dove viene subito etichettato come «lo straniero». Integrarsi non è facile: nuova lingua, nuova scuola, nuova realtà… ma tutto cambia quando conosce Sara e Andrea, due coetanei che vivono nel suo stesso palazzo, sempre alla ricerca di avventure. La notte di Halloween, i due convincono Kevin a visitare una fabbrica abbandonata. Ma quello che era partito come un gioco finisce con il macabro ritrovamento di una valigetta piena di organi – forse d’animale? Nessuno sembra dar retta ai tre ragazzi, neppure quando la provincia viene scossa da una serie di delitti a stampo satanico. L’unico disposto ad ascoltarli è Nabil, un senzatetto di origini marocchine che dorme nella fabbrica, e che le forze dell’ordine additano subito come colpevole. Nel tentativo di scagionarlo, Kevin, Sara e Andrea si trovano intrappolati in una spirale di segreti e pregiudizi. Solo quando la verità inizia a venire a galla, i tre capiscono di essersi immischiati in qualcosa di più grande di loro – anche se potrebbe essere troppo tardi. Nel suo romanzo d’esordio, Simone Filippini costruisce un inquietante noir sui temi dell’amicizia, dell’integrazione e della lotta alle ingiustizie, osservando la realtà con gli occhi di tre adolescenti animati dal desiderio di diventare, un giorno, adulti migliori di quelli che li circondano.
Recensione di Barbara Aversa
Vi prometto una cosa: questo libro vi farà tornare indietro nel tempo.
Vi ricordate come ci si sentiva a 13 anni?
Immaginate che oltre ai tumulti interiori, alla difficoltà di pensare ad un proprio posto nel mondo, alle prime cotte, si aggiunga anche un trasferimento, addirittura da Toronto.
Kevin si trova a catapultato in questa nuova realtà, integrarsi non è affatto semplice finché non incontra Sara e Andrea, due ragazzi con i quali scatta subito un’amicizia, di quelle istintive, dove ti senti a casa.
Durante la notte di Halloween decidono di visitare una fabbrica abbandonata del loro paese ma l’avventura si trasforma ben presto in un incubo poiché si trovano davanti una valigetta e al suo interno ciò che di più macabro si possa immaginare ovvero degli organi, ma forse di animale?
Scappano via nel panico mentre le giornate scorrono con tutto ciò che caratterizza la vita dei giovanissimi. Il tentativo di farsi leggere le carte, ragazzi più grandi che non si comportano come dovrebbero, e nuove amicizie.
Infatti, all’interno della fabbrica scoprono esserci Nabil, un senza fissa dimora che si dimostra subito un buon confidente, e il suo fedele cagnolone Dartagnan.
“Nabil faceva parte di quel gruppo di persone a cui il mondo non fa paura. Quelle che si aggrappano a ogni istante, animate da una vitalità ingenua ma autentica.”
Quando arriva il primo delitto il gruppo di amici sembra vivere in un film, come se le cose non fossero reali. L’autore riesce a rendere molto bene la realtà immaginifica di un pre-adolescente dove i confini tra la fantasia, i film e ciò che accade davvero non sono ancora ben definiti.
“Quando sei ragazzino la tua attenzione si fissa su dettagli più insignificanti, senza accogliere il quadro generale”.
Piccole persone in formazione, che cercano la propria strada sì ma che iniziano molto presto a capire cos’è un’ingiustizia.
E ci si trovano catapultati dentro, questi ragazzi, un misto tra i Goonies e Stagioni diverse di Stephen King, piccoli detective anni 90 che però si interfacciano con una realtà davvero aberrante.
E non si arrendono. E non si fermano.
Nel mentre, i primi tumulti d’amore, inizialmente accennati ma poi potenti, quasi dolorosi, come un pugno che ti colpisce da dentro a fuori, senza lasciare lividi.
“Quel giorno la sensazione di non poterla stringere mi faceva più male del solito; un malessere che non so ancora descrivere e che non ho provato mai più in tutta la mia vita.”
Il coraggio… io penso che sia la chiave di questo libro che riesce ad attraversare tante tematiche: le relazioni con i pari, le difficoltà con i propri genitori, il dolore della perdita, l’abbandono. E tutto questo in un’età in cui ci si dovrebbe sentire sempre protetti, ma la realtà sappiamo che non è sempre così che va.
“Grazie per avermi capito e avermi fatto sentire a casa, quando una casa pensavo di non averla più. Grazie per aver spazzato via la mia nostalgia così tante volte, anche se solo per qualche secondo.
Un giorno mi hai detto “un Samurai non piange mai”, ma io non sono un Samurai, quindi concedimi di piangere”.
Un romanzo avvincente che non può essere racchiuso e non solo genere ma che sono certa di una cosa: riuscirà ad emozionarvi, leggendo le ultime pagine sono abbastanza sicura che come me sentirete travolti dalla nostalgia di giorni lontani, e commossi dalla potenza dei legami che si riescono ad instaurare quando si è molto giovani e che talvolta, come per miracolo o per un dono, sopravvivono al tempo, ci rendono diversi e ci segnano per sempre.
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Simone Filippini
(classe 1991) è sceneggiatore pubblicitario e insegnante di chitarra. Potteriano sfegatato, amante dei Beatles, della musica funk e del cinema horror, è cresciuto a pane (integrale) e Stephen King. Su TikTok, sotto il seguitissimo pseudonimo @ilgrammaticoantipatico, parla di scrittura e letteratura.
A cura di Barbara Aversa
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