Recensione di Deborah Nardone
Autore: Sandro Veronesi
Editore: La nave di Teseo
Genere: Narrativa contemporanea
Pagine: 193
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. A Roma un tranquillo quarantenne che si guadagna da vivere scrivendo libri per ragazzi viene avvicinato da uno strano tassista, che lo convince ad ascoltare una rivelazione “pazzesca”: suo padre, morto da poco, non sarebbe stato il generale democristiano e bigotto che lui aveva sempre creduto, ma una spia russa al servizio del KGB. Da questo momento lo scudo protettivo che il protagonista aveva tenacemente costruito attorno a sé e alla sua famiglia comincia a sgretolarsi. Crollata anche l’ultima illusione, quella di una pace coniugale perseguita per anni, lo scrittore scopre – o meglio, dubita, senza averne la certezza – d’essere sempre stato diverso da come credeva di essere, con un padre diverso (una spia?), una moglie diversa (infedele?), e un diverso passato con cui fare i conti. In questo romanzo, vincitore del premio Campiello e del premio Viareggio-Repaci, Sandro Veronesi allestisce una irresistibile macchina narrativa – una macchina fatta di colpi di scena spettacolari, di movenze da romanzo giallo, di sipari comico-grotteschi sulla “incredibile” Italia di questi anni – e, insieme, suggerisce al meravigliato lettore che la storia che sta leggendo di null’altro parla, se non della sua vita più profonda.
Recensione
Sandro Veronesi ci porta a Roma nella vita di uno scrittore che in poche ore vedrà sgretolarsi davanti agli occhi tutte le certezze che con fatica aveva costruito pezzo dopo pezzo.
Tutto inizia quando, al rientro da una premiazione, Gianni Orzan si fa convincere da un tassista abusivo a salire sulla sua macchina.
L’uomo si rivelerà essere tutt’altro che un semplice autista: conosce infatti una verità sul padre dello scrittore che quest’ultimo faticherà ad accettare. Ma la rivelazione sulla doppia identità del genitore (generale democristiano/spia del KGB) sarà solo l’inizio di una serie di eventi che minerà nel profondo le convinzioni di Gianni sulla sua famiglia, sui rapporti umani, sul suo lavoro e soprattutto sulla vita.
Il protagonista per tutta la sua esistenza ha vissuto su terreni sicuri, ha ricercato con minuziosa precisione la tranquillità. Ha evitato con destrezza ed abilità qualsiasi situazione scomoda. Ma con la stessa destrezza la realtà dei fatti lo ha scovato e gli ha sbattuto in faccia la verità.
Suo padre non era un fascista, sua moglie non gli è stata fedele, qualcuno si è accorto della poca originalità dei suoi libri e forse la cosa più sconvolgente di tutte, anche lui prova attrazione per altre donne.
Tutto questo viene raccontato dal punto di vista del protagonista con un’ironia elegante e mai volgare. Una scrittura davvero coinvolgente, quella di Veronesi, che dipinge personaggi realistici in cui è molto facile identificarsi.
Una menzione speciale merita il finto tassista, anche lui di nome Gianni: sembra quasi di averlo già visto da qualche parte. Un uomo che potrà anche essere un po’ rozzo di modi ma che ha un mondo interiore ricchissimo. L’autore lo ha reso l’emblema della vita del protagonista, personificando un’apparenza che ad un certo punto crolla e rivela ben altro.
Arrivati alla conclusione del romanzo si ha l’assoluta certezza che la vicenda tragicomica che abbiamo letto sia una grande metafora sulla vita, un piacevolissimo mezzo che tra una risata e una riflessione lascia un importante messaggio al lettore.
A cura di Deborah Nardone
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Sandro Veronesi
scrittore italiano, fratello del regista Giovanni Veronesi. Ha compiuto i suoi studi nel campo dell’architettura, optando definitivamente per la scrittura a 29 anni. Risale infatti al 1988 il suo primo libro Per dove parte questo treno allegro. Con Gli sfiorati Veronesi inizia a rivelarsi come uno scrittore fantasioso e raffinato. Nel 1992 esce Cronache italiane, raccolta di articoli apparsi per la maggior parte sul supplemento domenicale de il Manifesto negli anni tra il 1988 e il 1991. Dopo lo studio sulla pena di morte nel mondo (Occhio per occhio), Veronesi scrive Venite, venite B 52 (vincitore del Premio Fiesole nel 1996), con cui si allontana fatalmente dalla narrativa della tradizione italiana, avvicinandosi a certi autori americani della cultura psichedelica, come Thomas Pynchon o Tom Robbins e ponendosi come figura atipica della nostra narrativa. La forza del passato (2000) vince il premio Viareggio e premio Campiello (da cui è poi tratto l’omonimo film di Piergiorgio Gay) e Caos calmo (2005) il premio Strega, poi film nel 2007 diretto da Antonello Grimaldi ed interpretato da Nanni Moretti. Ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie.
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