La luna non sparirà




Chi Zijian


Traduttore: Valentina Potì

Editore: Piemme

Genere: Narrativa

Pagine: 336

Anno edizione: 2024


Sinossi. Al crocevia tra Cina, Russia e Mongolia, in un luogo remoto e quasi magico, scorrono le vite degli evenchi, popolo nomade abituato a vivere seguendo le stelle, le albe e i tramonti, secondo i ritmi di quella natura che per noi, in Occidente, è diventata una lontana sconosciuta. Nascite, morti, amori, amicizie, vite vissute in un contatto magico e viscerale con il mondo naturale. Ma anche per gli evenchi è tempo di cambiare… le loro terre non sono più ospitali, il clima non più affidabile, perfino il moto apparente delle stelle è diventato incerto: è il momento dell’ultimo viaggio. Una sola donna si rifiuta di arrendersi alla modernità; è la più vecchia della tribù, col viso segnato dalle stagioni e dai venti. È lei stessa, ormai parte della natura che la circonda, a raccontare questa epica storia, lei che non ha mai dormito una notte senza il cielo stellato sopra di sé.

 Recensione di Bruno Vigliarolo


La luna non sparirà, romanzo vincitore del Premio Mao Dun nel 2008 (già pubblicato in Italia col titolo Ultimo quarto di luna), è un’opera potente e al contempo lirica: un racconto lungo, che percorre l’intero Novecento da una prospettiva inconsueta e remota.

Chi Zijian trasporta il lettore al confine tra Cina, Russia e Mongolia, sui picchi montuosi che da secoli ospitano i clan degli evenchi: pastori nomadi, allevatori di renne che seguono l’avvicendarsi delle stagioni in territori impervi, tra fiumi ghiacciati e foreste intricate.

Attraverso la voce di un’anziana donna della tribù (l’unica a rifiutare il trasferimento a valle, in un moderno centro abitato), l’autrice narra l’epopea di tre generazioni: un drammatico ciclo di vita, amore e morte cui fa da sfondo la maestosità, terribile e pura, degli inverni sino-siberiani.

Pagina dopo pagina prende forma un universo intriso di realismo magico. Si impara a decifrare il presagio portato dal vento e a leggere i segnacoli nascosti nel crepitio del fuoco, nella luce argentea della luna. Si assiste alle danze infaticabili degli sciamani, chiamati a mediare tra il mondo degli spiriti e quello degli esseri umani.

Il rapporto tra evenchi e natura è simbiontico e ancestrale; un legame profondo, rispettoso, che tuttavia trascende i moderni canoni ambientalisti: perché la sacralità dei boschi e dei fiumi, degli orsi e dei lupi coesiste con la necessità di cacciare, di trarre l’indispensabile sostentamento. E quella natura benevola, generosa, può tramutarsi senza preavviso in una matrigna crudele.

La scrittura di Chi Zijian è limpida, evocativa. A tratti quasi una prosa poetica. La voce narrante ama digredire in racconti e leggende che punteggiano, e spesso approfondiscono il ricordo lineare degli eventi, i backround degli innumerevoli personaggi descritti.

La storia del Novecento fa la sua apparizione a più riprese, pur giungendo come un’eco lontana: dall’invasione giapponese fino all’ascesa del Partito Comunista Cinese, nulla sembra davvero scalfire la transumanza solitaria degli evenchi.

Solo il tempo, alla fine, insidierà la fierezza e le antiche usanze dei pastori di renne. Il cambiamento climatico, il disboscamento, la modernizzazione ormai inarrestabile avvicineranno alla resa gli uomini e le donne della tribù. Tutte tranne una.

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Chi Zijian


È nata nel 1964 a Mohe, al confine tra Cina e Russia. Membro della China Writers Association, ha scritto diversi romanzi ed è tradotta in molte lingue, tra le quali l’italiano, l’inglese, il francese, il giapponese e il coreano. Ha vinto il Premio Letterario Mao Dun nel 2008 con questo romanzo e il Premio Lu Xun nella categoria racconto in tre diverse occasioni, unica scrittrice a esserci riuscita.