La portalettere




Francesca Giannone

Editore Nord 2023

Narrativa, pag.413

Sinossi. Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta? Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista. Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno. E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello. Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe. Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.


Recensione di Cinzia Passaro

La portalettere è un romanzo corale che parla del Salento e di chi ci abita in un arco temporale che va dal 1934 al 1961. La storia si apre e si chiude con Anna Allavena che lascia la sua terra, la Liguria,  per seguire l’amato marito Carlo Greco a Lizzanello in provincia di Lecce che ha deciso ditornare grazie anche all’eredità di uno zio.

Di Anna, della sua vita nella sua terra sappiamo ben poco, pochi accenni alla famiglia d’origine e ai luoghi abbandonati; conosciamo la sua passione per la lingua francese in cui si esprime, in contrapposizione al dialetto salentino che proprio non sopporta, e la capacità di calmarla la preparazione del pesto, contrapposto al pasticcio di carne della cognata Agata.

Della nuova vita non sopporta il modo di essere della gente del sud, rumorosa e chiassosa, invadente in contrasto con i ricordi, pochi, della sua vita in Liguria a Pigna.

Di certo si evince una certa modernità, rispetto al periodo storico trattato, non solo per la scelta di Anna di diventare portalettere, ma anche di Anna che entra nel bar del paese e ordina caffè corretto con grappa e delle stesse donne di Lizzanello  che usano frequentarlo. Alla forestiera poteva capitare di peggio, essere guardata male, malissimo come succedeva all’epoca in tutti i paesini di provincia nell’Italia degli anni ’30, perché i bar erano appannaggio maschile e le poche donne che vi entravano erano considerate delle poco di buono.

Altra situazione atipica Agata, Carmela e la stessa Anna hanno un unico figlio, in un periodo in cui la famiglia numerosa era la “normalità”. In più, tanto Carmela quanto Lorenza godono di una libertà che rendono Lizzanello un paese emancipato, considerando che parliamo degli anni ’30, ’40 e ’50. Una nota a parte come è presentato  il sogno di Daniele di diventare sarto per le donne, il pregiudizio che fosse un lavoroprettamente femminile tanto quanto quello di portalettere fosse maschile, credo che questo sia un errore, i sarti esistono da molto prima del periodo narrato. La storia forse sarebbe stata meglio collocarla tra gli anni ’60 e 70, sarebbe stata più credibile.

Mi si perdoni queste note a mio avviso dolenti, che mancano di una verità storica, per il resto ho amato il romanzo, letto in poco più di un giorno, con una trama intrigante e avvincente, i personaggi ben caratterizzati così come i luoghi, che conosco in quanto autrice salentina io stessa.
Vi ho camminato in quelle vigne, in quelle strade e piazza di paese, nuotato nel mare limpido e preso il sole su quelle spiagge di sabbia, respirato i profumi e rimasta estasiata sotto quel leccio.  Ho anche sofferto con i protagonisti, i loro pregiudizi e le loro contraddizioni.

Antonio s’innamora di Anna al primo incontro e con lei si accontenta di condividere la passione per i libri, scambiandoli e sottolineandoli, lanciandosi messaggi apparentemente innocenti. Nonostante il turbamento di Anna, l’amore per Carlo è grande e sincero. Carlo risulta un tantino capriccioso, usa quasi la determinazione della moglie di diventare portalettere come pretesto per buttarsi tra le braccia di Carmela, l’altra, l’ex fidanzata, usata e buttata dopo che il capriccio e passato. Carmela nel tempo diventa cattiva, con il marito Nicola, con il figlio Daniele, non ne ha forse motivo? Carlo  ne esce uomo dei suoi tempi e del sud, consumato dai pregiudizi, dai pettegolezzi e ne crea di suoi, quasi a voler fronteggiare questa donna anticonformista, comunista e visionaria che fa sua la lotta per i diritti delle donne che comincia a farsi sentire e a farsi sempre più forte.

Antonio con il suo amore inconfessabile, tradisce non solo Agata, per cui ho provato davvero compassione, pur incarnando la moglie ideale non è apprezzata né rispettata, neanche amata dalla figlia soggiogata dalla zia “che viene da lontano”, non sufficientemente considerata da quella cognata con cui auspicava un rapporto stretto come sorelle; Antonio tradisce anche suo fratelloCarlo con i suoi pensieri, lo fa in maniera inconscia condividendo le idee di Anna, facendosi paladino delle sue scelte, dandole sempre ragione al tempo stesso lo protegge non svelando il segreto di Carlo, che peserà sulle vita dei protagonisti e di sua figlia Lorenza.

Sono tante le storie che s’intrecciano in questo romanzo; Giovanna la pazza che invece è solo fragile e non capita, Melina con cui la vita non è stata per niente generosa e poi i tanti abitanti di Lizzanello con cui la “forestiera” intesse rapporti, leggendo le lettere dal fronte dei figli, mariti e padri partiti in guerra. Chi si mostra quasi subito solidale con Anna sono i colleghi dell’ufficio postale: Tommaso, Carmine, Elena e Chiara. Non meno importante il rapporto con il figlio Roberto e il ricordo della figlia Claudia.

Alla fine la forestiera è amata e stimata dai più e, nonostante gli intrighi e i pregiudizi di genere, riesce a cambiare le cose a Lizzanello.

Una storia in cui  si apprezzano gli ottimi dialoghi, un romanzo autoconclusivo che però  lascerebbe spazio a una continuazione con i protagonisti che avrebbero ancora tanto da raccontare.

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Francesca Giannone


è pugliese, si è laureata in Scienze della Comunicazione e ha studiato al Centro Sperimentale di Cinematografia. Trasferitasi a Bologna, ha curato la catalogazione dei trentamila volumi della Associazione Luigi Bernardi e ha frequentato il corso biennale di scrittura della Bottega di Narrazione “Finzioni”. Ha pubblicato vari racconti su riviste letterarie, sia cartacee sia online. Tornata a vivere a Lizzanello, il suo paese di origine in Salento, ha continuato a scrivere e a coltivare l’altra sua grande passione, la pittura; il suo soggetto d’elezione sono le donne.