Recensione di Sabrina De Bastiani
Autore: Lavinia Petti
Editore: Longanesi
Collana: La Gaja scienza
Genere: narrativa
Pagine: 448 p.
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. In una Napoli oscura e segreta di primordiale e inquietante bellezza, dove si venerano antichi dèi, i morti si confondono con i vivi e le leggende sembrano prendere vita, Lavinia Petti intreccia una storia di amore e morte che porterà Fanny alla scoperta delle proprie origini e forse delle origini di un’intera città.
«Quella di Lavinia Petti è una Napoli ricamata di misteri.» – Io Donna
Napoli, quartiere Forcella. In una fredda notte d’inverno, una neonata viene abbandonata nella Ruota degli Esposti dell’ospedale dell’Annunziata. Al collo ha una catenina di rame con due misteriosi oggetti, una chiave arrugginita e una moneta antichissima. Adottata da una famiglia di estrazione popolare, Francesca Annunziata, che si fa chiamare Fanny, trascorre nelle campagne del Moiariello che sovrastano la città un’infanzia libera e selvaggia, fatta di avventure solitarie alla scoperta di vecchi ruderi e di notti popolate da sogni inquietanti, forse premonitori, che le valgono l’appellativo di janara, strega. Alla vigilia dei suoi quattordici anni, la ragazza scopre per puro caso la verità sul suo passato. Furiosa per quello che considera un vero e proprio tradimento da parte delle persone più importanti della sua vita, Fanny scappa di casa e trova rifugio in una grotta vicino al mare. Per la prima volta è del tutto sola, e ha con sé soltanto gli oggetti con cui è stata trovata. Nonostante l’impresa le paia impossibile, decide di andare alla ricerca dei suoi veri genitori proprio a partire da quegli enigmatici amuleti. E in questa avventura verrà aiutata e ostacolata da una fantasmagorica galleria di personaggi partoriti dagli anfratti più arcani della città.
Recensione
Sorridere era ciò che faceva quando la vita lo prendeva alla sprovvista.
E cosa si fa quando un libro ad ogni pagina prende alla sprovvista? Se il romanzo è “La ragazza delle meraviglie”, si sorride, sì, ma sopra ognuna della miriade di emozioni che Petti ci sollecita e ci pizzica addosso, ci si incanta, come e più non potrebbe fare nemmeno un esercito di quei gechi che, tu lo sai Gennà, sono fate.
La scrittura fluida e salda di Petti, il suo talento imaginifico e al contempo così calato nel reale, lo sguardo fresco e curioso con cui ricama una storia sua che poi è la storia nostra e del nostro bisogno di quella punta di fiaba nella vita, con cui racconta di una città, Napoli, che non smette di svelarsi e rivelarsi maliarda e ammaliatrice, sono un afflato di Carlos Ruiz Zafon che esce dalla penna dell’autrice come respiro totalmente nuovo e proprio, e trascinano, letteralmente trascinano, in una storia che corre veloce e che non ha bisogno di fermarsi per vedere se reggiamo il passo, perché ci tiene saldamente per mano.
Napoli assomiglia a un gigantesco ragno che traballa su centinaia di gambe. Sono le sue scale. È uno dei segreti meglio custoditi della città. Le scale, le gradonate e le pedamentinecorrono dalla punta delle colline alle sponde del mare. (…) Una delle gambe di Napoli è la salita del Moiariello, che si scioglie come un nastro di pietra sulla città, costeggia il Reale osservatorio astronomico e sbuca nel bosco di Capodimonte, riserva di caccia degli antichi re.
Lungo le sue rampe, una mattina di fine inverno, giunse Francesca Annunziata Esposito.
Francesca Annunziata Esposito, Fanny, la protagonista assoluta, si affaccia alla vita dalla Ruota degli Esposti dell’ospedale dell’Annunziata e da lì in avanti ogni suo passo sarà rivolto a conquistarsela, la vita, a mangiarsela di curiosità sana, mossa dall’idea che il suo futuro non possa prescindere da quel passato che l’ha generata e che vuole a tutti i costi affrontare, (ri)trovare.
Non è una resa dei conti, quello che anima l’avventurosa ricerca di Fanny, è la metafora del crescere, dei suoi annessi e connessi, di tutto quello che ci fa crescere, ci forma attraverso le molteplici forme che l’Autrice ci fa incontrare, se siamo capaci di coglierne gli stimoli.
Saranno altri, tanti, i personaggi che Francesca Annunziata incontrerà. Ognuno di loro ci stupirà, ci commuoverà, rappresenterà per noi qualcosa di tramandato o di temuto.
Risulterebbe facile, e sarebbe comunque a suo modo appropriato, definire Lavinia Petti un talento visionario: lo è, senza dubbio.
Ma a patto di ammettere che Petti mutua quel che è invenzione in un’osservazione del mondo e dei suoi dettagli che affata di disarmante bellezza e disarmandoci durante un volo plastico di incredulità sospesa, ci innamora di queste pagine.
Lavinia Petti
è nata a Napoli nel 1988. Laureata in Studi Islamici all’Istituto Orientale di Napoli, ha vinto vari concorsi letterari (Premio Tabula Fati, Premio Robot, Premio Book’s Bar, Scrittura Giovane). Nel 2015 ha pubblicato con Longanesi il suo primo romanzo, Il ladro di nebbia (Premio Brancati 2016), tradotto in molte lingue. Nel 2019 pubblica La ragazza delle meraviglie (Longanesi).
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