Recensione di Michela Bellini
Autore: Homeira Qaderi
Editore: Newton Compton editori
Traduzione dalla lingua inglese di Mariacristina Cesa
Genere: autobiografia
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Afghanistan. Homeira è cresciuta a Herat, una città devastata sotto l’occupazione russa, prima di trasferirsi a Kabul. La paura è stata sua compagna di giochi fin da bambina, ma lei non ha mai smesso di sperare e di sognare, grazie ai suoi amati libri, tutti i posti del mondo in cui il canto degli uccelli o il soffio del vento non fossero sovrastati dal suono delle bombe. Quando i talebani prendono il potere, però, la vita si complica ulteriormente per le donne e le ragazze afgane, che si vedono privare di ogni diritto: possono uscire soltanto coperte con il burqa e accompagnate da un parente maschio, e viene vietata loro ogni forma di istruzione. Homeira, che è sempre stata uno spirito libero, non può accettarlo. Ma sarà l’aperta ribellione al marito che le farà perdere il suo bene più prezioso: suo figlio.
Recensione
“La ragazza di Kabul” (titolo originale “Dancing in the Mosque”) è la narrazione autobiografica della vita di Homeira Qaderi, che risulta subito avvincente e piena di attrattiva per il lettore curioso di conoscere altri mondi.
Sono tanti gli aspetti che rendono interessante questo libro, che suscita emozioni forti e talora contrastanti, scritto bene, in uno stile incalzante e schietto.
La scrittrice ripercorre la sua vita da quando era bambina in Afghanistan, a Herat, nei primi anni ottanta, fino ai giorni nostri, dipingendo, talora anche in modo crudo, la realtà del suo Paese.
Quello che ci fa fare Homeira, è un viaggio dall’interno in questa realtà.
La Qaderi ci tira letteralmente dentro il racconto e ci ritroviamo a vivere con lei una ad una le ingiustizie e le violenze che patisce senza aver nessuna colpa, se non quella di non riuscire ad accettare la non vita che è imposta alle donne nel suo paese. Siamo lì con lei, parteggiamo e trepidiamo per la bambina ribelle che era e per i rischi che correva continuamente e seguiamo la sua crescita preoccupati per la sua salvezza.
La vediamo fraternizzare innocentemente coi soldati russi e non capire le sgridate che riceve poi a casa, giocare alla pari coi fratelli ed essere ripresa perché una bambina non deve correre. Fratelli che anche da grandi non capiranno la sua anima ribelle e la sua sete di cultura, nonostante il forte legame affettivo che hanno con lei, mentre la madre le dice: “Fai sempre cose che non dovresti fare».
Seguendo le vicende della scrittrice, viviamo dall’interno gli effetti dell’occupazione russa (1979-1989) sulla quotidianità degli afghani, che cercano di sopravvivere ai combattimenti quotidiani tra russi e mujaheddin nelle strade sotto casa e ai soprusi dei soldati.
Ci sorprendiamo a sperare con gli Afghani quando lei descrive il breve interregno di circa due anni tra i russi e i Talebani, nel quale la vita sembra riprendere con vigore: “Una volta partiti i russi, i bambini ricominciarono ad andare a scuola per recuperare gli anni di istruzione persi. Poco importava che le aule fossero ridotte a un cumulo di detriti, tombe di migliaia di bambini. Se c’erano i cancelli, mancavano i muri. Se c’erano i muri, mancavano le finestre. Vennero montate delle tende nei cortili, vere e proprie saune sotto il sole cocente.”
Siamo presi dallo sconforto alla notizia dell’avvento, nel 1992, dei Talebani, i quali vietano tutto ciò che non è pregare. Soffriamo insieme a questo popolo, già poverissimo, reduce dalla distruzione della guerra sul territorio, che precipita incredulo nell’oscurantismo più cupo, perdendo anche le poche occasioni di gioia del corpo e dello spirito, visto che neanche la canzone, la musica e la danza tradizionali sono più ammesse e persino ridere è vietato, soprattutto al genere femminile. Scopriamo che anche agli uomini è vietata ogni forma di istruzione e possedere libri è un reato pari al possedere armi che viene punito con la morte. Tremiamo con la giovane Homeira per le sue pericolose iniziative di ribellione al potere.
Insomma, è il carattere indomabile e vulcanico della protagonista ad attrarre irresistibilmente il lettore.
Homeira Qaderi sembra spinta da una necessità di libertà e giustizia che quasi la costringe a lottare per i suoi diritti e di conseguenza per quelli delle bambine e delle donne afghane in genere, combattendo la paura e affrontando rischi enormi. E noi siamo con lei, anche se a volte con qualche difficoltà, come quando, per salvaguardare la propria integrità e dignità di donna, arriva a lasciare il suo bambino.
Homeira Qaderi
è una scrittrice, educatrice e attivista afghana. È nata a Kabul, durante l’occupazione russa. Ha pubblicato sei libri in Afghanistan e Iran, per i quali ha ricevuto premi prestigiosi. Questo è il suo primo libro scritto in inglese.
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