Recensione di Cristina Marra
Autore: Franco Vanni
Editore: Baldini + Castoldi
Genere: thriller
Pagine: 288
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. Due colpi di pistola, all’alba, spezzano il silenzio e la quiete del lago di Como. Un uomo viene trovato morto, riverso sul tender della sua barca a vela al largo di Pescallo, nel comune di Bellagio. A uccidere il ricco imprenditore Filippo Corti, detto «Il Filippino», è stato un proiettile sparato nel giorno del suo quarantesimo compleanno. A bordo con lui c’erano i suoi tre migliori amici e nessun altro: due uomini e una donna. Chi ha sparato e perché? «Il Filippino è un grandissimo figlio di puttana», dicono quelli che lo hanno conosciuto. Uno che la fortuna se l’è costruita da sé, a qualunque costo. I suoi tre amici no, sono cresciuti nell’agio. Ma nulla è come sembra, proprio a partire dalla verità sulla misteriosa figura del Filippino e dalla sua pericolosa corsa verso il successo, finita in tragedia. A indagare sull’omicidio è Steno Molteni, ventisettenne giornalista del settimanale milanese di cronaca nera «La Notte». Dalla stanza 301 dell’albergo Villa Garibaldi, dove vive e in cui la sera lavora come barista, raggiunge al lago la bella Sabine, fotografa di origini eritree. Gli interrogatori ufficiali e i sopralluoghi sulla barca invece sono portati avanti da Salvatore Cinà, maresciallo dei carabinieri di Bellagio prossimo alla pensione. Due indagini parallele, nel contesto meraviglioso del lago italiano più famoso nel mondo. Due verità diverse, destinate a incontrarsi.
Recensione
Stavolta Steno Molteni c’è cascato, il ventisettenne cronista di nera si è fatto ingannare da una bionda e avvenente avvocatessa che per tre notti ha diviso la sua stanza 301 all’albergo Villa Garibaldi e gli ha fatto pure trasgredire la regola “mai con le colleghe giornaliste, con le poliziotte, mai con le avvocatesse”, frustato e mortificato da quanto ha origliato da dietro la porta del suo bagno, scende nella hall mentre fuori dalla finestra “la primavera faceva danzare l’aria di Milano”.
Non troppo lontano da lì, a Pescallo, una frazione di Bellagio, la stagione dei risvegli e delle fioriture regala panorami mozzafiato e colori strabilianti, come quello di una rigogliosa pianta di glicine per anni la salvezza e il talismano dell’ormai anziano pescatore del lago, detto da tutti Santiago che, da quando era ragazzo, con la barca di alluminio, andava a pesca di lucci.
Adesso quella pianta con tutta la sua bellezza la detesta, così come il panorama e tutto il resto, gli anni addosso lo hanno cambiato, ma lui accusa quel glicine che “col tempo aveva perso il suo potere di riportare nella sua testa la pace degli uomini antichi”. Pace che quella mattina è squarciata da due spari uno dei quali colpisce a morte il quarantenne Filippo Corti sul tender della sua barca ormeggiata sul lago.
A bordo tre amici della vittima, i soli sospettati e l’arma rimasta in bella vista. In tempo reale Molteni è avvisato dell’omicidio dal signor Barzini della reception del suo hotel che come in un tam tam aveva aveva ricevuto la brutta nuova dal collega portiere e amico di un albergo di Bellagio, nonchè padre di Steno. La macchina narrativa della seconda indagine di Steno Molteni “La regola del lupo” di Franco Vanni, parte subito come lo fa la sua Maserati Ghibli guidata dall’amico clochard Alberto che lo accompagna per le vie del centro di Milano a indagare sulla vittima e scrivere un articolo particolareggiato per il settimanale “La Notte” .
Nello stesso momento sul luogo del delitto arriva il maresciallo Salvatore Cinà, che i bellagini chiamavano Lupo per via di una sua vecchia indagine e che ora, prossimo alla pensione, si trova di fronte un caso apparentemente troppo semplice. Se Cinà con esperienza e col suo modus che lascia trasparire una sicilianità conservata con orgoglio ha a che fare con i tre ricchi sospettati, a Milano Molteni ricostruisce la vita e le abitudini della vittima detta sin da giovanissimo il Filippino, figlio della portinaia di un pregiato stabile del centro che in poco tempo era riuscito a diventare un giovane uomo d’affari e addirittura a comprare quella casa dove la madre lavorava e lui giocava col figlio dei proprietari, Andrea, col quale viveva in simbiosi. Una scalata sociale inarrestabile era stata l’obiettivo del giovane Filippo che con ambizione e determinazione raggiunge successi e conquista un posto nell’alta società che le sue umili origini non gli avrebbero mai permesso di ottenere.
Tre amici hanno condiviso con lui successi, potere, vacanze e anche tradimenti, gli stessi che sono a bordo della dodici metri e vedere il suo cadavere riverso sul gommone. Andrea, Marco e Priscilla tre modelli per Filippo, da imitare, da superare e anche da cui prendere qualcosa, a cui sottrarre una caratteristica, una specialità, un sentimento a suo unico vantaggio. Sin da piccolo con loro si sente un randagio, un lupo solitario in mezzo a cani di razza, eppure la sua volontà e determinazione lo rendono piu’ forte e anche spietato nelle sue scelte.
Vanni ricostruisce la figura di un ragazzo solo che ha la velleità di diventare capobranco e fa muovere a suoi piacimento i tre amici troppo abituati agli agi, troppo addestrati al benessere e al superfluo. Filippo è selvaggio e selvatico e in questo risiede la sua sicurezza nell’affrontare gli ostacoli, non teme ma attacca, non chiede ma pretende o istiga e man mano che Steno raccoglie informazioni prende forma il lato piu’ nero della vittima. Sul lago iniziano le indagini, arrivano i Ris e il magistrato e anche la bella Sabine, la fotografa del settimanale con “un’arma segreta” per estorcere notizie e indiscrezioni. Vanni offre al lettore una scena del crimine chiara, pulita, tre possibili colpevoli e diversi occhi e punti di vista su quella barca, non solo quelli di uno strepitoso e sorprendente testimone oculare.
L’autore ha una scrittura limpida che non si perde in inutili dettagli o descrizioni e che mette sul tavolo tutti gli elementi come se il lettore fosse insieme a Cinà sulla barca o a Molteni a casa della vittima. La ricostruzione di una storia di ambizione e amicizia, di amore e sofferenza, di solitudine e emarginazione, è fornita con una tecnica a incastri che lascia volutamente qualche tassello fuori posto. I tre amici hanno orchestrato insieme l’omicidio o solo uno di loro ha agito?
Tutti avevano un motivo per odiare quell’amico troppo carismatico eppure tutti e tre erano insieme sulla sua barca a festeggiarne il quarantesimo compleanno. Figure comprimarie si muovono nella scena e se Steno alterna l’indagine al suo impegno come barman nell’albergo dove soggiorna a un prezzo di favore, Cinà già pensa ai giorni da pensionato e il lago conserva e custodisce brutture e inciviltà pronte a tornare a galla.
Franco Vanni
Franco Vanni (Milano, 1982), cronista al quotidiano «la Repubblica», ha seguito centinaia di casi di cronaca nera e giudiziaria. È docente al master in Giornalismo dell’Università Cattolica. Insegna all’Accademia del giallo. Con tre amici cura il blog di pesca anonimacucchiaino. it. Nel 2015 ha pubblicato Il clima ideale, suo primo romanzo, premiato come migliore esordio italiano alla trentesima edizione del Festival du Premier Roman de Chambéry. Nel 2017, con Andrea Greco, ha scritto il saggio d’inchiesta Banche impopolari. Nel 2018 ha pubblicato per Baldini+Castoldi il giallo Il caso Kellan, in cui compare per la prima volta come protagonista il giornalista-investigatore Steno Molteni.
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