La selva degli impiccati





Recensione di Marianna Di Felice


Autore: Marcello Simoni

Editore: Einaudi

Genere: Storico

Pagine: 400

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Anno Domini 1463, Parigi. Rinchiuso in un pozzo dello Châtelet, François Villon si vede ormai appeso alla corda del patibolo quando gli viene proposto un accordo: in cambio della vita dovrà stanare dal suo nascondiglio Nicolas Dambourg, il capo dei Coquillards, una banda di fuorilegge ritenuta ormai sciolta e di cui il poeta avrebbe fatto parte in gioventú. Ma Dambourg, per Villon, è molto piú che un vecchio compagno di avventure… Seguito come un’ombra da un misterioso sicario, Villon dovrà districare una vicenda in cui si mescolano avidità, sete di potere e desiderio di vendetta. E fare i conti con l’irruenza di Joséphine Flamant, una fanciulla dai capelli di fuoco, infallibile con l’arco, divenuta brigante dopo aver assistito al linciaggio dello zio a causa di una lanterna. Una lanterna dentro la quale si credeva fosse imprigionato un demone.

Recensione

Nonostante il tempo atteso

Chi leggerà rimarrà sorpreso

Giacché l’abilità dello scrittore

Non deluderà il lettore.

Dopo questa breve rima ispirata da François Villon, posso asserire che il nuovo romanzo di Simoni è davvero coinvolgente e trascina il lettore nella Francia della seconda metà del ‘400. Chi non apprezza il romanzo storico non può capire, ma al lettore interessato l’autore regala una bella storia facendolo interagire con i personaggi che girano intorno a lui.

Chi legge non li guarda dal di fuori, ma si ritrova a osservarli da vicino, direttamente in volto notando le loro preoccupazioni, le loro paure, i loro sotterfugi, la loro tristezza e la loro felicità al solo incresparsi della fronte o ad un movimento degli occhi grazie alle perfette descrizioni dei personaggi che pongono il lettore vicino ad essi, nelle varie scene.

Il prologo rimanda a qualcosa che successe nel vicino passato che segnerà una parte dell’intera storia. Qualcosa di losco e meschino era successo, qualcosa che non succedeva solo nel passato, ma ancora accade, che porta taluni a diventar signori e porta talaltri all’arte dell’arrangiarsi o del mendicare.

Ma le malefatte non riescono mai alla perfezione, c’è sempre un errore che conduce chi le fa alla resa dei conti e in questo caso François Villon tirato fuori dalla buia e ristretta prigione dove lo avevano buttato e dalla quale doveva riuscire solo per essere impiccato, inizia ad indagare per volere di loschi e avidi figuri che dovevano giungere ad eliminare la loro spada di Damocle, colui che li arebbe rovinati. Invece Villon trova le prove di un vile gesto perpetrato ai danni di povera gente da parte di chi si reputa signore, ma che tale non è in realtà visto che l’avidità non è una caratteristica da gentiluomini. Leggere luoghi, modi di parlare, di vestire che risalgono al medioevo è una gioia per chi, come me, adora il periodo.

Non più oscurantista dei tempi odierni. I vizi sembrano esser rimasti uguali, le virtù allo stesso modo sono rare!

Villon può essere anche un baro o un ladro, ma rispetta chi ha avuto un occhio di riguardo per lui, chi gli ha fatto da padre, alla fine è umano e segue un codice d’onore che gli fa affrontare notevoli pericoli .

Tutto per far trionfare la giustizia del popolo, di chi non fa parte degli alti ranghi. Grande impresa per certi reietti dell’epoca che venivano presi come capri espiatori davanti ai crimini di certi nobili,  i quali volevano dettar legge sulla pelle dei meno fortunati attraverso intrighi e imbrogli. Villon è un uomo che non ha avuto vita facile, che è stato aiutato ma ha rifiutato l’aiuto di persone che seguivano certi dogmi che rendevano inaccessibile la sua libertà, perché Villon amava la sua licenziosità. Aveva poche pretese alla fine, truffare per avere soldi non per diventare potente,  ma per poter continuare a vivere tra donne e vino continuando a comporre versi tra la satira e il romantico.

Tra le risate scaturite da versi creati dopo aver riempito boccali di vino tintinnanti e comportamenti dissoluti davanti a donne di mestiere, Villon portava avanti il suo obiettivo. Trovare l’ultimo re dei Coquillards. In realtà Villon tiene alla sua vita e avendo odorato da vicino l’olezzo della morte cerca di destreggiarsi alla meglio tra i vari pericoli e celebra la vita con i suoi versi. Dambourg, Josephine e gli altri Coquillards rimangono quasi nell’ombra davanti ad una personalità come quella di Villon.

Anche se i primi rischiano sempre la vita, nascosti tra gli alti alberi della foresta di Borgogna sempre pronti ad attaccare qualora si presentasse il nemico, per portare avanti le proprie proteste al contrario del protagonista che si ritrova, suo malgrado, in situazioni spiacevoli. La furbizia non gli manca, organizza bene la sua rete di spie per tirar su uno spettacolo che in realtà è la sua battaglia in onore di chi gli ha dato protezione in tempi passati. In lui si sente una nota nostalgica data da ciò che è la sua vita, da ciò che poteva essere e da ciò che continuerà ad essere.

Il personaggio di Villon domina la scena tanto da far sembrare gli altri come dei diversivi per distrarre il lettore e intrigarlo di più. Nemmeno la malia della Bruyères riesce a disorientare il lettore dal seguire le vicissitudini del protagonista. A far da cornice i luoghi dove si svolgono i fatti, si passa da una Parigi immersa nella nebbia misteriosa e insidiosa che nasconde clandestini e latitanti a una foresta di Borgogna rigogliosa in autunno seppur ingannevole. Un inganno che comportò da una parte grande miseria e dall’altra grande prestigio e ricchezza, uno squallido imbroglio, un misterioso re dei Coquillards con i suoi seguaci, una intricata foresta, un truffatore intimidito da dei potenti a loro volta spaventati dalle loro sorti, una maliarda gelosa della sua lanterna macchiata dal sangue di innocenti, un gran maestro dell’ordine di San Giovanni di Gerusalemme avido collezionista di reliquie, un amante ipnotizzato dalla malia di una donna, un semplice lestofante poeta che si ritrova in mezzo a tutto questo col compito di risolvere più di un enigma.

Sarò anche ripetitiva, ma Simoni non delude mai, sempre attento ai particolari e a render lieta la lettura anche se affronta temi storici che trattano di manipolazioni, abusi e malvagità con una nota positiva di rivalsa nei confronti degli arroganti macchinatori.Usando astuzia, ilarità e furbizia Villon cerca di sconfiggere malizia e ingiustizia per vedere se ci riuscirà il lettore la storia leggere dovrà!

Buona lettura!

A cura di Marianna Di Felice 

marisullealidellafantasia.blogspot.it

 

Marcello Simoni


Ex archeologo, laureato in Lettere, svolge il lavoro di bibliotecario. Ha pubblicato diversi saggi storici, ha partecipato all’antologia 365 racconti horror per un anno, a cura di Franco Forte (2011). Altri suoi racconti sono usciti per la rivista letteraria «Writers Magazine Italia». Con Il mercante di libri maledetti (Newton Compton 2011), il suo primo romanzo, ha vinto il Premio Bancarella. Nel 2012 sempre con Newton Compton ha pubblicato La biblioteca perduta dell’alchimista, nel 2013 Il labirinto ai confini del mondo e L’isola dei monaci senza nome. Del 2014 è L’abbazia dei cento peccati, e nello stesso anno il suo racconto “La prigione delle anime” appare nell’antologia Delitti di Capodanno, sempre per Newton Compton. Nel 2016 esce per Einaudi Il marchio dell’inquisitore, e nel 2018 Il monastero delle ombre perdute. Tra le sue recenti pubblicazioni si ricordano: Il lupo nell’abbazia (Mondadori, 2019) e La selva degli impiccati (Einaudi, 2020).

 

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