Recensione di Chiara Forlani
Autore: Margherita Gobbi
Editore: Ianieri Editore
Genere: Thriller
Pagine: 248
Anno di pubblicazione: 2021
Sinossi. Florence Cretaz e Sebastian Grange abitano in Valle d’Aosta e si conoscono da anni. Psicologa lei, commissario di polizia lui, hanno vissuto alcune sconfitte cocenti. Una li ha uniti e poi separati: non essere riusciti a rintracciare Ginevra, una ragazzina scomparsa che per età e sorte rievocava trascorsi dolorosi delle loro storie personali. Ritrovandosi qualche tempo dopo, perché coinvolti nella ricerca della mano che ha ucciso due donne, saranno di nuovo fianco a fianco, a caccia della verità. Gli indizi si affastellano: il passato oscuro di un liutaio, la pece greca sui luoghi dei delitti, i fiori lasciati accanto alle vittime, certe saponette fatte in casa… Il commissario si districherà a fatica tra le piste da seguire e sarà la psicologa a indirizzare le indagini su un suo nuovo ed enigmatico paziente. E dal passato, inaspettatamente, riaffiorerà anche qualche indizio sulla sorte di Ginevra. Insieme ad altre grida d’aiuto fino ad allora inascoltate.
Recensione
Il romanzo parte in quarta con il rinvenimento del primo corpo: quello di una donna smembrata. La scena dove tutto si svolge è idilliaca. “In lontananza si sentivano i gridi acuti delle marmotte e anche lì attorno c’era traccia delle piccole buche dove quegli animaletti erano soliti rifugiarsi. La luce del giorno stava per nascondersi dietro il massiccio del Rutor, meta di tanti turisti. Solo la cima dello Chateau Blanc era ancora illuminata dal colore di fuoco di un tramonto mozzafiato.” Siamo in Val d’Aosta e capiamo subito che ci troviamo di fronte a un giallo d’autore, a un’indagine serrata che non ci risparmierà niente.
Non c’è spazio per il buonismo e il lieto fine nel giallo psicologico di Margherita Gobbi: c’è invece un’analisi acuta della devianza che i traumi vissuti in età infantile possono provocare. Da lettrice accanita di thriller, ho apprezzato la tecnica con cui è stato “costruito” il libro: c’è un continuo spostamento nel tempo e nello spazio, flashback e flashforward si alternano e tengono alta l’attenzione del lettore.
Lo scenario in cui il giallo si svolge è maestoso: una Val d’Aosta estiva, più calda del normale, con le sue cime, i boschi, i sentieri e i rifugi dimenticati da tutti. Anche la parte del libro che si svolge in pianura, nei dintorni di Piacenza, presenta una natura rigogliosa:
“Finalmente la primavera era arrivata con un tripudio di profumi e colori. Nei campi circostanti, ogni albero, ogni arbusto, tutta la natura stava rinascendo. Dopo giorni di pioggia scrosciante e lunghe notti nere, quella mattina il sentiero che andava verso il boschetto brillava sotto il sole.”
Tutto il romanzo si svolge in pieno giorno, ma le tinte fosche non mancano. I personaggi vengono analizzati a fondo, l’occhio indagatore dell’autrice ne presenta ogni piega dell’animo, le bassezze, i ricordi che fanno male. I protagonisti Sebastian Grange, commissario capo di Aosta, e Florence Cretaz, psicologa, hanno entrambi uno spirito inquieto, sono stati messi alla prova dalla vita sia nel corpo che nella mente e ne portano le ferite. Hanno subito gravi perdite nel passato e cercano di riscattarsi con questa indagine, dove nulla è scontato e i depistaggi sono continui e sapienti, tanto che il lettore arriva al termine del libro senza essere riuscito a individuare il colpevole dei due efferati omicidi.
Il commissario Grange si è meritato in valle il soprannome di Marasso, perché i suoi ordini assomigliano ai morsi di una vipera, la psicologa Cretaz è diventata forte come le rocce che scalava da giovane durante i suoi trekking. Gli altri personaggi sono ambigui e misteriosi. E poi c’è l’avanti e indietro nel tempo che destabilizza il lettore, gli fa nascere dubbi, lo disorienta.
Ci sono alcuni elementi del passato dei protagonisti che ritornano nel romanzo: la barbarie dell’uccisione del maiale da parte dei contadini, il sapone fatto in casa, imposto come strumento di punizione ai propri figli da parte di una madre degenere, che li costringe a strigliare i mattoni del pavimento con una spazzola per giorni interi, usando appunto acqua e sapone. E le stelle di Betlemme, fiori di pianura che assomigliano vagamente ai bucaneve ma hanno sei petali, posti vicino ai corpi senza vita, come marchio dell’assassino. Oltre alla pece greca, una strana resina che si usa anche per fare i violini.
I chiaroscuri della vita umana serpeggiano lungo tutto il libro, la lingua usata da Margherita Gobbi è asciutta ed efficace, l’autrice non si perde nei dettagli ma spinge il lettore verso l’obiettivo finale. Nel romanzo, il passato ritorna come un macigno, incombe sulla vita di tutti, buoni e cattivi. I confini tra colpevoli e innocenti sono sfumati, come accade nella realtà della vita umana.
I colpi di scena non mancano, in questo libro che ci mette a confronto con la parte oscura di noi e non ci permette di interrompere la lettura, risvegliando le nostre paure.
“Quando intravide la sagoma di ciò che aveva colpito la vetrata, il suo volto si tramutò in una maschera di cera. Il rumore che l’aveva frastornata era stato causato da un animale. Non un uccello, però. Ma la testa mozzata di un maiale.”
A cura di Chiara Forlani
Margherita Gobbi
Margherita Gobbi, 1972, è nata e vive a Bologna, dove lavora nel settore educativo dal 1990. Laureata in Scienze dell’educazione, da molti anni si occupa di infanzia e adolescenza, indagando ciò che si nasconde dietro alle storie più complesse e difficili. Nel 2021 ha ricevuto vari riconoscimenti per opere inedite: con il romanzo Isole sommerse ha ottenuto il secondo posto al Premio internazionale Città di Castrovillari e menzioni di merito ai premi Rocco Carbone e Ascoltando i silenzi del mare. Con il racconto Una giovane detective lungo la via Emilia è stata selezionata tra i due finalisti di Spoleto Calling. Con il racconto Caffè Ugo’s è finalista ai premi Marguerite Yourcenar, Seneca e Città di Castellana Grotte.
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