Recensione di Francesca Marchesani
Autore: David Grossman
Editore: Mondadori
Traduzione: Alessandra Shomroni
Genere: Narrativa
Pagine: 300
Anno di pubblicazione: 2019
Sinossi. “Tuvia era mio nonno. Vera è mia nonna. Rafael, Rafi, mio padre, e Nina… Nina non c’è. Nina non è qui. È sempre stato questo il suo contributo particolare alla famiglia”, annota Ghili nel suo quaderno. Ma per la festa dei novant’anni di Vera, Nina è tornata; ha preso tre aerei che dall’Artico l’hanno portata al kibbutz, tra l’euforia di sua madre, la rabbia di sua figlia Ghili, e la venerazione immutata di Rafi, l’uomo che ancora, nonostante tutto, quando la vede perde ogni difesa. E questa volta sembra che Nina non abbia intenzione di fuggire via; ha una cosa urgente da comunicare. E una da sapere. Vuole che sua madre le racconti finalmente cosa è successo in Iugoslavia, nella “prima parte” della sua vita, quando, giovane ebrea croata, si è caparbiamente innamorata di MiloŠ, figlio di contadini serbi senza terra. E di quando MiloŠ è stato sbattuto in prigione con l’accusa di essere una spia stalinista. Vuole sapere perché Vera è stata deportata nel campo di rieducazione sull’isola di Goli Otok, abbandonandola all’età di sei anni e mezzo. Di più, Nina suggerisce di partire alla volta del luogo dell’orrore che ha risucchiato Vera per tre anni e che ha segnato il suo destino e poi quello della giovane Ghili. Il viaggio di Vera, Nina, Ghili e Rafi a Goli Otok finisce per trasformarsi in una drammatica resa dei conti e rompe il silenzio, risvegliando sentimenti ed emozioni con la violenza della tempesta che si abbatte sulle scogliere dell’isola. Un viaggio catartico affidato alle riprese di una videocamera, dove memoria e oblio si confondono in un’unica testimonianza imperfetta.
Recensione
Ho letto molto di David Grossman e ogni volta lui ha questa capacità di insinuarsi dentro le mie viscere. Come un parassita, come una coltellata. Trasforma le parole scritte in sensazioni da vivere sulla pelle in prima persona.
Qui si parla di una famiglia che si riunisce per festeggiare i novant’anni di nonna Vera. Per l’occasione ci sono proprio tutti, anche Nina, scappata dalle sue responsabilità di madre anni prima. Ci si incontra tutti nella stessa stanza e le parole non dette e i sentimenti sepolti per anni galleggiano nell’aria.
Così la combriccola ritrovata decide di fare un viaggio per girare un documentario sui luoghi d’infanzia di Vera. Queste riprese poi serviranno a ben altro. In un vortice di emozioni Grossman ci racconta di come Vera, tradisce e abbandona tutto quello che rimane della sua famiglia pur di proteggere il nome di suo marito. Un amore che supera ogni confine, ogni barriera. Un amore eterno e infrangibile. La sostanza più pura e distillata che esista, e loro non l’avevano scoperta semplicemente, l’avevano creata.
La donna in questo campo di prigionia ha un compito. Proteggere una pianta, farle ombra sotto al sole cocente, immolare il suo corpo per quelle foglie e fargli scudo dai letali raggi. Una metafora orribile sulla vita, considerando che lei ha lasciato tutto per andare lì. Non ha protetto quello che più amava per andare su quell’isola di roccia, a proteggere ore e ore al giorno sotto al sole qualche foglia per evitare che si seccasse. Sono questi piccoli dettagli.
Quei discorsi tra madri e figlie anni dopo che rendono Grossman un grande scrittore. Uno che non ha bisogno di storie intricate e descrizioni infinite.
Lui legge dentro alle persone, le ribalta e le fa vedere anche a noi che abbiamo il dono di usufruire della sua incredibile capacità narrativa.
Ama talmente tanto le donne, le idolatra in ogni loro millimetro che anche se dovesse descrivere la donna più meschina e cattiva del mondo, lo farebbe comunque con uno sconfinato amore, con cura. Un libro breve, un piccolo pugno nello stomaco che lascia un livido per qualche giorno.
David Grossman
è un autore israeliano di romanzi, saggi e letteratura per bambini, ragazzi e adulti, i cui libri sono stati tradotti in numerose lingue. Ha cominciato la sua carriera lavorando in una radio israeliana come corrispondente di un programma per ragazzi. Il suo stile è stato definito «semplice e avvincente»: scrittore impegnato politicamente per trovare una soluzione al conflitto tra arabi e israeliani, è noto in tutto il mondo per i suoi scritti, editi in Italia da Mondadori (se non diversamente specificato). Tra le sue molte opere, ricordiamo i romanzi Vedi alla voce: amore (1998, ripubblicato da Einaudi l’anno successivo), Ci sono bambini a zig-zag (1998), Il libro della grammatica interiore (1999), Che tu sia per me il coltello (2000), Qualcuno con cui correre (2002), Col corpo capisco (2005), A un cerbiatto somiglia il mio amore (2008), Caduto fuori dal tempo (2012, ispiratogli dalla morte del figlio Uri, di leva nell’esercito israeliano e ucciso durante la guerra lampo con Hezbollah in Libia, nel 2006), e Applausi a scena vuota (2014). Tra i suoi saggi sulla questione israeliana e mediorientale citiamo La guerra che non si può vincere (2005), Con gli occhi del nemico (2008), On combat. Psicologia e fisiologia del combattimento in guerra e in pace (Libreria Militare Editrice, 2009) e On killing. Il costo psicologico di imparare ad uccidere (2015). Vincitore del prestigioso Man Booker International Prize nel 2017. Nel 2019 pubblica per Mondadori La vita gioca con me.
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