Recensione di Davide Piras
Autrice: Gabriella Brugnara
Editore: Morellini
Genere: Romanzo
Pagine: 257
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. «Ricordati Ali che quando arrivi a destinazione sei giusto a metà strada per tornare indietro”, mi sussurrava ad ogni partenza.»
Ilaria vive un’infanzia magica, circondata dall’amore travolgente della madre Caterina e dai suoi racconti portati dalla voce dell’Ora del Garda, il vento che puntuale raggiunge il loro giardino nei pomeriggi estivi. Crescendo, la ragazza rifiuta questi che le sembrano inganni, “cose per donne di poca sostanza”, diventa ingegnera, specializzandosi nell’eolico. Con le ali che la madre le ha nascosto nel nome, prende il volo verso un futuro di successo realizzando con determinazione i suoi progetti: gli studi e il lavoro all’estero, i viaggi, il matrimonio, i figli. Come il vento, si sente cittadina del mondo, mentre la madre, appena può, si rifugia tra i suoi monti trentini. D’improvviso nella sua vita quasi perfetta, dove tutto sembra sotto controllo, Ilaria si trova a dover fare i conti con una strana inquietudine. Inizia allora per lei un viaggio non previsto, un lungo percorso di ritorno verso quella parte di sé che ha tentato di cancellare, e che la riporta all’infanzia e al legame con la madre. A complicare la situazione un tragico incidente e un plico di misteriose lettere d’amore che mettono in discussione le sue certezze.
Recensione
“La voce del vento” di Gabriella Brugnara coglie una nuova sfumatura “atmosferica” rispetto a quella che descrisse il mai abbastanza compianto Carlos Ruiz Zafón nel suo leggendario romanzo “L’ombra del vento”.
Se per lo scrittore spagnolo il vento aveva una forma così tangibile da generare la proiezione della sua stessa ombra, per l’autrice trentina il vento ha invece una voce sommessa: un sussurro continuo che racconta storie andate, e riporta al tempo felice attraverso suoni e profumi mai dimenticati.
In ogni luogo del mondo la voce del vento ha tonalità e lingue differenti: il maestrale in Sardegna, la bora a Trieste, i monsoni in Africa spirano col loro idioma.
Per Ilaria – la protagonista del romanzo – la voce del vento è quella tiepida dell’Ora del Garda, che si insinua in lei durante l’infanzia e non va più via: diventa parte del suo corpo, della sua mente, una coscienza interiore che inaspettatamente riprende a mormorare quelle stesse parole che le accarezzavano i capelli quando era bambina.
Ma le cose, una volta adulti, spesso perdono l’aura magica e assumono significati diversi. Quella di Ilaria per il vento è una passione forte, inconscia, che la spinge a diventare ingegnera e a progettare pale eoliche, quasi che mantenere ininterrotto il rapporto con le correnti d’aria le impedisse d’invecchiare e accorgersi di essere ormai più madre che figlia.
Perché Ilaria si è invece sentita sempre più figlia che madre e moglie, nonostante abbia due figli e un marito. Ci sono momenti di rottura nella vita delle persone, istanti fragili che sembrano messi lì proprio in attesa di essere frantumati. E una volta infranti, questi istanti determinano il prima e il dopo. Il momento che segna per sempre la vita di Ilaria accade durante un viaggio di lavoro a Parigi, una città che sembra aver maledetto la sua esistenza fin dal primo viaggio nella capitale francese.
È un tragico incidente a riportare Ilaria alla sua infanzia. Un dramma che la costringe a guardare con occhi nuovi il ruolo dei suoi genitori, ma soprattutto la obbliga a guardare dentro se stessa e ad ascoltare con più attenzione la voce di quel vento che arriva dal passato.
Tutto verrà messo in dubbio da un faldone di lettere: le certezze, le relazioni, la reale identità di sua madre. Attraverso un lungo flashback, Gabriella Brugnara ripercorre la vita di Ilaria che cerca di svolgere un’indagine profonda per fare chiarezza su ciò che è veramente importante.Lo stile è curato, asciutto, anche se i continui soliloqui rendono a tratti faticosa la lettura.
Pur trattandosi di una sorta di diario, la narrazione avrebbe giovato di un uso maggiore dei dialoghi. A raccontarci la vicenda è la voce della stessa Ilaria, con i suoi dubbi, le sue paure, le incertezze di madre e il desiderio di mantenere intatto il quadro della sua infanzia.
Una vicenda nella quale tutto appare vero ma niente è come sembra, la protagonista affronta
il viaggio più duro per un essere umano, quello alla ricerca di se stessi e dei propri sentimenti.
Perché parafrasando Gustave Flaubert, se è vero che il presente ci sfugge e l’avvenire ci tormenta, è altrettanto vero che il passato ci trattiene; in questo caso servendosi della voce del vento.
Gabriella Brugnara
nata a Giovo (TN) e residente a Trento, dottorato di ricerca in letterature comparate all’Università di Trento, da oltre dieci anni collabora alla pagina culturale del Corriere del Trentino. Ha pubblicato diversi saggi in riviste letterarie e per Silvana Editoriale la monografia Gabriele d’Annunzio e la città di Trento. Alla Trento azzurra e silenziosa. Con Òccupati, preòccupati. Occupàti, preoccupàti ha vinto il I premio nella sezione saggi del Premio Francesco Gelmi di Caporiacco, dedicato a “La storia e i nostri figli”.
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