L’amore mio non muore




ROBERTO SAVIANO


Editore: Giulio Einaudi Editore

Collana: Stile Libero big

Genere: Narrativa

Pagine: 344

Anno edizione: 2025


Sinossi. Rossella Casini ha poco più di vent’anni, è di Firenze, ha un padre e una madre affettuosi che non le fanno mancare nulla. La sua è un’esistenza tranquilla, anche se siamo nell’Italia del ’77, le piazze sono animate dalle contestazioni politiche, nelle strade si riversano rabbia, violenza, molta eroina. Ad agitare la vita di Rossella, da un giorno all’altro, ci pensa Francesco: lui è uno studente calabrese fuori sede. Il sentimento che nasce fra loro è qualcosa che nessuno dei due aveva mai provato. Trascorsi i primi mesi spensierati, Rossella scopre che la famiglia di Francesco è legata a una potente ‘ndrina della Piana di Gioia Tauro. Durante una vacanza a Palmi, dove ha portato anche i genitori, assiste allo scoppio di una faida: un vortice di violenza che travolge tutto e tutti, dal quale Rossella sceglie di non scappare, almeno non senza Francesco. È convinta che il loro amore sia così potente da fermare la mattanza. Che sia il lievito necessario per cambiare il corso delle cose. Il 22 febbraio 1981 Rossella Casini sparisce misteriosamente dopo aver annunciato il proprio rientro a casa. Nessuno la rivedrà più. Sebbene il corpo non sia stato ritrovato, è riconosciuta dallo Stato come vittima di ‘ndrangheta. Roberto Saviano ha scritto il romanzo della sua storia, un’avventura umana che strazia, ricolma d’amore, di violenza e di coraggio.

 Recensione

di

Loredana Gasparri


L’amore suo non muore. E nemmeno il ricordo. È la prima cosa che mi è venuta in mente, chiudendo il libro.

Non riuscirò a dimenticare questa storia e quello che mi ha tirato fuori. Ho cercato di farlo, dedicandomi subito dopo a finire un altro libro che avevo messo da parte temporaneamente per concentrarmi su questo, dall’argomento più leggero e con il finale felice assicurato.

Per quanto sia una tecnica che funzioni al 100%, questa volta ho dovuto constatare che Rossella non se n’era andata. Si era solo seduta pazientemente sullo sfondo, in attesa di riavere la mia attenzione.

Purtroppo, non può rispondere alle mie molteplici domande. Forse non saprebbe neanche farlo, nemmeno se avesse scelto diversamente e camminasse ancora tra noi, e avesse voltato le spalle al suo amore immortale ma portatore di morte, dimenticandosi di Palmi, dell’intera Calabria, o dell’intero genere maschile.

Una domanda, però, rifiuta di mettersi in pace a dormire, e se non posso farla a lei, o al suo spirito, la scrivo qui, per chi vorrà leggere questo scritto e si sentirà di rispondere. Ne è valsa la pena?

Aver vissuto un amore annichilente, aver coscientemente guardato in faccia il tradimento e la morte e sapere che la propria vita, il proprio sacrificio e il proprio coraggio, per quanto immensi, non valevano nulla a paragone delle credenze tribali e arretrate contro cui si sono scontrati? Se sacrificare significa rendere sacro, che cos’ha reso sacro il suo gesto?

Rossella è stata coraggiosa quanto un comandante che affronti in campo aperto un’intera legione di nemici freschi e armati fino ai denti. Credo che il suo coraggio sia di quel genere innato, quello che si trova intrecciato nelle fibre del muscolo cardiaco dal primo concepimento.

Il coraggio di sentire un amore smisurato come quello, che l’ha invasa delle sue spore e ne ha diretto la vita, trasformandola in qualcosa di totalmente opposto alla ragazza che conosciamo quando apriamo il libro. Siamo nel 1977, e lei ha poco più di vent’anni, ed è una studentessa universitaria a Firenze. Vive con i genitori, ha un fratellastro e una migliore amica bizzarra, e i ritmi di vita di chi sta costruendo il proprio futuro, non troppo adulto, ma nemmeno più bambino.

Quando il libro si chiude, 4 anni dopo, Rossella si è trasformata in contadina, fidanzata nemmeno troppo tollerata del venerato figlio maschio, il Principinu, di un’agiata famiglia di proprietari terrieri con legami pesanti quanto una schiavitù a vita. E poi fuggiasca, peccatrice del più orrendo dei crimini contro la ‘famiglia’ e i legami di sangue, contro l’onore, e infine vittima sacrificale, sminuita e dimenticata.

Ed è anche il coraggio di chi si è visto tradire in pieno dal letterale amore della vita, ha perdonato o comunque non ha corrotto la fierezza del proprio sentimento, e ha camminato a testa dritta al patibolo, con la convinzione di essere ancora in grado di fare la differenza, e di cambiare le cose, senza vacillare.

Io ammiro Rossella. Fino alla fine, lo ammetto, ho sperato che in qualche modo il suo destino fosse stato un po’ meno devastante di quanto descritto nella sinossi e nelle scarsissime notizie su di lei. Ho sperato che non fosse così sola, alla fine. Però io sono una maniaca dei finali netti e precisi, possibilmente felici. Se non felici, netti, con una porta aperta alla speranza. E non sono così coraggiosa, così disposta a lasciarmi invadere da un sentimento d’amore così totalizzante. Come ho detto, ammiro Rossella, ma la guardo anche come se fosse di una specie diversa. E continuo ad ammirarla.

Il finale, come ho detto, è una notte scura. Infinita, perennemente scura. Non c’è una luce netta che alla fine chiarisca definitivamente che cosa le è capitato. L’autore, Roberto Saviano, concepisce tre epiloghi diversi. Uno fantasioso, ma che non nasce dalla sua immaginazione di scrittore, ma da illazioni e insinuazioni disseminate dai carnefici di Rossella e dai loro fiancheggiatori, che per me ha il sapore del disprezzo e dell’umiliazione.

Uno brutale, che arriva dal racconto di uno degli imputati, che riferisce di una conversazione ascoltata in carcere a proposito della fine della ragazza. Sono parole, però. Non ci sono fatti concreti, ma considerando gli interlocutori di quella conversazione, e incrociando i loro spostamenti e le loro azioni, quell’epilogo feroce sembra il più probabile. Purtroppo, è sembrato così anche a me. Il terzo è una sorta di sogno della stessa ragazza.

Mi è piaciuto il libro?

Sì. No. , perché scritto con uno stile e uno spirito forti, molto vivi. Saviano mantiene un equilibrio sottile e dinamico tra l’immedesimarsi nei personaggi ed essere il narratore a lato del palco, che racconta, indica, commenta, deduce. È uno stile che non ti permette di abbassare l’attenzione nemmeno una volta, perché rischieresti di perderti tanto. Un movimento, un pensiero, un personaggio che gira le spalle e scompare. Sì, perché Rossella e il suo amore mi stanno stimolando a riflettere. Se do l’impressione di essere di parte con lei, è perché lo sono. L’oggetto del suo amore, di cui non voglio nemmeno ricordare il nome, è un particolare indegno che sì, quello sì che se ne sta cadendo sempre di più nel fiume Lete dei personaggi dimenticabili e senza nerbo.

No, perché la storia racconta di una realtà che mi piacerebbe che non fosse reale. Mi piacerebbe che questo tipo di racconto, in cui legami tribali d’ignoranza e crudeltà maciullano le persone che li affrontano e che ne vogliono uscire, appartenesse al genere della fantascienza o dell’horror di vampiri e licantropi, senza alcun legame con la realtà. E invece, nel mondo in cui respiriamo, lavoriamo e usciamo con amici e parenti, esiste davvero chi è disposto a calpestare, tradire, e uccidere in nome del cosiddetto onore. Ma qui, dov’è l’onore?

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Roberto Saviano


(Napoli, 1979) è autore di best seller internazionali, da cui sono stati tratti film e serie tv, come GomorraZeroZeroZeroLa paranza dei bambini. Fra i suoi libri più recenti, GridaloSolo è il coraggioCuore puro e Noi due ci apparteniamo. In qualità di sceneggiatore ha vinto nel 2008 il Grand Prix du Jury a Cannes per Gomorra e nel 2019 l’Orso d’argento a Berlino per La paranza dei bambini. Per Einaudi ha pubblicato il libro con Dvd La parola contro la camorra (2010) e L’amore mio non muore (2025). Dal 2006 vive sotto scorta.

A cura di Loredana Gasparri

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