Una storia palermitana
Autore: Francesca Maccani
Editore: Rizzoli
Genere: Narrativa
Pagine: 320
Anno di pubblicazione: 2022
Sinossi. Palermo, 1897. Lavorano in coppia, in sincrono perfetto, Franca e Rosa: le dita sottili ed esperte arrotolano foglie di tabacco da mattina a sera. Amiche da sempre, le due ragazze sono cresciute insieme in un borgo di pescatori spalmato ai lembi della città, accanto alla Manifattura Tabacchi dell’Acquasanta. Diverse come il sole e la luna, impetuosa Franca e timida Rosa, respirano tutto il giorno l’aria greve della fabbrica, sotto lo sguardo predatorio dei padroni. Anche fuori da lì, il mondo delle sigaraie è governato dagli uomini – mariti, padri, fratelli: il lusso delle ville del centro lo possono solo sognare, e se lo conoscono, è perché si sono vendute ai signori che le abitano per arrotondare la misera paga da tabacchine. Perderla è impensabile, e per questo le madri sono costrette a tenersi i figli neonati legati dietro la schiena, mentre faticano chine sui sigari. Ma all’ennesimo sopruso, Franca decide che è ora di alzare la testa e lottare per un diritto che alle femmine sembra negato: la dignità. Così, insieme a Rosa e Salvo, un sindacalista che ha il suo stesso spirito indomito e appassionato, combatterà per aprire un baliatico all’interno della Manifattura, uno dei primi asili per i figli delle lavoranti in una fabbrica nel Regno. E scoprirà il prezzo da pagare per difendere le proprie idee e il proprio amore. Una storia vera, di riscatto e amicizia, che illumina una battaglia pionieristica e ancora sconosciuta, sullo sfondo di una Palermo che non finisce mai di incantarci.
TRAMA
Franca e Rosa sono due giovani donne nella Palermo del 1897 le quali, per contribuire al sostentamento delle rispettive famiglie, lavorano come operaie alla Manifattura Tabacchi. Qui, le due grandi amiche sono costrette a subire angherie e soprusi continui da parte di uno dei responsabili, Ninni, il quale punisce le operaie per ogni piccola mancanza, sottraendole la giornata di paga. Franca e Rosa sono due caratteri quasi opposti, Rosa anela a un marito e ad una famiglia, Franca, libera e indomita ha quale aspirazione il miglioramento delle condizioni lavorative delle operaie e in particolare, vorrebbe la creazione di un asilo all’interno dello stabilimento per evitare alle madri con figli piccoli la sofferenza ed il peso della separazione dai propri piccoli durante le lunghe giornate di lavoro. Il comportamento ribelle di Franca, però, attira l’attenzione di Ninni il quale s’incapriccia della donna, la desidera, non certo per amore, quanto più per volontà di affermare il proprio privilegio di “maschio” e la sua posizione di potere. Franca riesce a svincolarsi da ogni assalto fino al giorno in cui, grazie a un tranello tesogli da Ninni e da un altro dei responsabili della manifattura, sarà costretta a cedere. La sua lotta per le operaie verrà pagato a caro prezzo, ma neppure la sofferenza patita le farà abbassare il capo dinnanzi alla prepotenza e pur di soddisfare la propria sete di vendetta e quietare il disagio che sente crescere dentro di sé, sarà pronta a tutto. Uno spaccato di vita popolana che si dipana nell’arco di poco più di un anno e che, di contorno alle vicende di Franca, Rosa e delle altre operaie della Manifattura, racconta la Palermo più intima di fine Ottocento.
Recensione di Bruno Balloni
Recensire questo romanzo mi risulta assai difficile, il motivo principale è dato dalle aspettative. Sulla fascetta che accompagna il volume Stefania Auci scrive
“Una storia piena di speranza e di rabbia, una testimonianza di lotte sociali nella Palermo della Belle Epoque”.
Mi aspettavo quindi pagine intrise di sudore e sangue, rabbia per l’appunto, lotta, sofferenza, una prosa per intenderci alla McCarthy, alla Littell, alla Steinbeck… invece no, quello che ho letto è molto diverso.
Sì, c’è un cenno alle richieste per un miglioramento delle condizioni sul luogo di lavoro, è descritta l’estrema indigenza delle classi proletarie, ma la fame e il dolore si leggono senza percepirle, o almeno, io non l’ho percepite, non ho sentito il puzzo delle fogne a cielo aperto, non ho visto lo sporco delle case fatiscenti e non ho udito le urla dei bambini affamati perché le descrizioni, bellissime, curate e accurate sono tuttavia ammantate da quell’alone poetico che ne attutisce la portata.
Il linguaggio è perfetto, non c’è parola o aggettivo fuori posto, una prosa sicuramente ricercata ed elegante e indubbiamente piacevole alla lettura ma, e torno al punto iniziale, non era ciò che sinossi e presentazione mi avevano promesso.
“Le donne dell’Acquasanta” è quindi, a mio modestissimo quanto poco autorevole parere, un buonissimo racconto di costume nel quale vengono descritte le condizioni miserevoli di vita, in particolare della popolazione proletaria femminile palermitana di fine Ottocento e delle angherie al quale doveva sottostare pur di portare a casa quanto necessario alla sopravvivenza della famiglia.
Non una saga familiare, sebbene sia quello lo stile, quanto più la “saga” di un desiderio di emancipazione ante litteram portato avanti da un manipolo di donne coraggiose che si dipana con una trama lineare nel cui sviluppo la scelta di anticipare a fine capitolo ciò che accadrà in seguito disinnesca l’effetto sorpresa rendendo la stessa piuttosto prevedibile.
Consigliatissimo a chi ama la scrittura elegante e le storie dai contenuti forti ma edulcorate per non lasciare strascichi a fine lettura.
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Francesca Maccani
è trentina di origine e palermitana d’adozione, è docente di lettere alla scuola secondaria. Nel 2018 vince il premio Donna del Mediterraneo col saggio “La cattiva scuola”(edizioni Tlon), scritto a quattro mani con Stefania Auci. Esordisce nel marzo del 2019, con “Fiori senza destino” (Sem), finalista al premio Berto. Pubblica racconti per varie riviste cartacee e on line.