Recensione di Francesco Morra
Autore: Veronica Galletta
Editore: ItaloSvevo
Genere: Narrativa
Pagine: 304
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Elena, giovane studentessa, abita sull’isola di Ortigia insieme al padre, ex militante del Partito comunista, e alla madre, che vive chiusa in camera da diversi anni, circondata da libri che impila secondo un ordine chiaro solo nella sua testa. Quando all’improvviso la donna va via di casa, Elena cerca di elaborare la sua assenza dando inizio a un viaggio ri-tuale attraverso i luoghi dell’Isola, quasi fosse una dispersione delle ceneri. Parallelamente, nel tentativo di fare luce su un evento traumatico della sua infanzia, di cui porta addosso i segni indelebili, la ragazza capirà che i ricordi molto spesso non sono altro che l’invenzione del passato.
Recensione
La realtà ha solo bisogno di essere ridotta in forme sempre meno complesse, più semplici da decifrare, da controllare, e basta.
Nel mare magnum di esordi che pullulano il panorama letterario italiano esce nel maggio 2020 Le isole di Norman di Veronica Galletta edito dalla casa editrice ItaloSvevo e dopo poco vince il Premio Campiello Opera Prima.
Una sinossi che calamita il lettore sommata ad una cura eccellente per l’oggetto libro che ha le pagine intonse e per leggerlo si devono separare tagliandole con un tagliacarte: meraviglioso.
Veronica Galletta, con una voce salda in queste pagine racconta una storia fatta di ricordi e maturazione della protagonista Elena che vive l’assenza della madre, andata via improvvisamente da casa abbandonando lei e il padre.
Sì ma non solo una elaborazione e somatizzazione di ciò sono intrise le pagine di questo romanzo intenso. Elena da piccola ha subito un incidente domestico che le ha lasciato delle bruciature da lei denominate isole.
Questo modo trascurato e vago di avere a che fare con il corpo, un accidente che ci portiamo dietro, un impaccio materiale e terreno che sporca con i suoi dolori e i suoi contrattempi una vita di pensieri alti, di speculazioni e di intenti nobili, dove anche le parole sono di troppo, figuriamoci le esternazioni del corpo; una carcassa di cui vergognarsi, da frustare quando non funziona a dovere, e da ignorare quando funziona. Lo detesta. Detesta suo padre e il suo corpo, pensa.
La giovane matricola di Geologia, già prima di non rivedere la madre capisce che qualcosa non va nella sua genitrice e quando scompare alterna momenti di liberazione a voglia di capire il motivo di tale gesto. Cerca risposte anche con una propria singolare strategia di disseminare libri appartenuti alla madre in giro per l’isola assieme a mappe che lei, Elena, ha redatto rispetto alla disposizione dei volumi in pile che giorno per giorno la sua genitrice cambiava nella sua stanza.
La natura dell’isola siciliana, il grecale e il mare contaminano. Il ricordo è una costruzione umana che seleziona e non racchiude tutto il vissuto. E’ una parzialità cognitiva per antonomasia.
Ecco, forse è sempre così. Si aspetta una cosa per tanti anni, e poi alla fine accade, e quando accade non succede nulla di nuovo, anzi. Quello che si è, quello che si è fatto, perde il poco senso che ha avuto fino a quel momento, e rimane solo buio intorno.
Elena cresce, è spossata e gravata da angosce acuite da quanto le è successo e piano piano nel progredire delle pagine si libera, a suo modo, e libra aprendosi ad affrontare la vita.
È il pianeta terra quello, regione della sofferenza, provincia della malattia, località della disperazione
L’industria editoriale italiana a volte si tuffa nella ricerca spasmodica di esordi, una vera e propria caccia. La Galletta è un caso prezioso. Riesce con una lingua chiara ed essenziale a descrivere ambientazioni e un fortissimo pathos ed empatia verso i personaggi di cui costruisce una mirabile caratterizzazione. Limpidi i pensieri e le riflessioni e veramente notevoli, tanto da appuntarli e conservarli.
Ecco cosa succede a coltivare il silenzio. Il silenzio poi ti si fa attorno, anche quando ci sarebbe bisogno di parole.
Un libro che apre tante porte nelle menti di ognuno che consulta queste pagine. Il filo rosso della narrazione si dipana elegantemente senza punti di caduta. Lineare nella forma che l’autrice conferisce alla sua opera d’arte. Scrivere è un dono che Veronica Galletta ha ed estrinseca in questo suo lavoro. Il canone letterario italiano è fiorente e fortunatamente ampio e variegato. La qualità c’è e fortunatamente alcuni premi come il Calvino, di cui l’autrice è finalista, fanno uno scouting che permette poi a case editrici illuminate, l’ottima ItaloSvevo ha una notevole collana Incursioni, di regalare a noi lettori un libro che picchia duro nei nostri cuori e che finitolo ci accompagna ed è un tassello e mattoncino della nostra educazione culturale.
A cura di Francesco Morra
Veronica Galletta
è nata a Siracusa e vive a Livorno, dove lavora per un ente pubblico.
Ha un dottorato in ingegneria idraulica, un marito e un figlio. Ha scritto diversi racconti pubblicati su riviste online («Colla», «L’inquieto», «Abbiamo le prove»). Con il monologo Sutta al giardino ha vinto nel 2013 il premio per monologhi teatrali PerVoceSola del Teatro della Tosse di Genova.
Nel 2017, con Pelleossa, è stata finalista alla III edizione del Premio Neri Pozza. Le isole di Norman, finalista della XXVIII edizione del Premio Calvino, è in libreria da aprile 2020 per le edizioni ItaloSvevo; il 1° giugno 2020 si aggiudica il Premio Campiello Opera Prima.
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