Recensione di Sara Zanferrari
Autore: Marco Franzoso
Editore: Mondadori
Genere: narrativa
Pagine: 144
Data di pubblicazione: 10 marzo 2020
Sinossi. Alberto scopre di avere un male incurabile: invece di condividere l’inquietudine con chi lo circonda si procura un bastone e degli occhiali da cieco e si rifugia in un luogo già remoto, al riparo anche da se stesso. Entra in un parco, si siede su una panchina. Qui trova, forse per la prima volta, lo stupore di essere vivo. Accanto a lui si siede una giovane donna, Flavia. Si parlano. Flavia si racconta e si confessa. Ha un bambino, e un marito ossessivamente geloso. Nasce qualcosa di semplice, inatteso, che sembra parlare con la voce profonda del destino. L’intesa, il desiderio di ritrovarsi, l’attrazione: l’amore insomma, che nessuno dei due cercava e che li sorprende senza difese. Alberto è sempre più coinvolto in quelle confessioni di violenza subita e, non avendo nulla da perdere, entra nella vita di Flavia come la provvidenza. Tuttavia se il suo drastico intervento abbia liberato o condannato all’infelicità la donna che ama non è dato sapere. Perché Flavia, com’è arrivata, un giorno come un altro scompare per sempre. Ad Alberto non resta che scrivere: affidare a un diario il racconto di ciò che è accaduto, ormai sicuro che “le parole sanno sempre dove andare” e che quindi, in un modo a lui ancora sconosciuto, prima o poi arriveranno a Flavia. È questo il destino delle parole e il destino di ogni racconto che dicono l’amore, liberi entrambi dalla vuota comunicazione a tutti i costi che è dei tempi nostri. Siamo di fronte a una storia dentro una storia, dentro un’altra storia ancora, in un meccanismo concentrico e tecnicamente perfetto. Una dichiarazione d’amore per la letteratura, perché scrivere – e leggere – realizzano il passaggio del testimone più universale e intimo. D’altra parte, si sa, chi legge ama.Marco Franzoso affronta con delicatezza e passione il romanzo sentimentale, non ha paura del cuore, e costruisce un orologio di emozioni che suona con precisione assoluta, che ossessiona e convince. Una storia d’amore? Forse. Struggente, estrema. Un’opera che riverbera l’intensità dei classici russi e accende il ritmo incalzante di un romanzo d’azione, che non molla mai il lettore.
Recensione
Il destino.
Quanto peso ha il destino nelle nostre vite e quanto piuttosto le scelte che facciamo, le persone che siamo e diventiamo?
E che direzione, e che importanza, hanno le parole? Dove vanno quando le pronunciamo, o le scriviamo, e quali conseguenze possono avere?
Alle volte penso che sia stato il destino a farmi andare al parco proprio quel giorno, a quell’ora, e a farmi sedere proprio su quella panchina. Destino, sì, avevo sempre ridicolizzato quella parola, eppure sono troppe le coincidenze che si sono concentrate in pochissimi secondi. Sembrava che tutto avesse concorso a far trovare proprio a me quel diario e a farmelo trovare a cavallo di quella seconda adolescenza che talvolta ci coglie dopo i quarant’anni. Mi è stato “recapitato” proprio allora, quando quelle parole potevano colpirmi in profondità e mostrarmi una verità che mi ero sempre tenuta nascosta. Possiamo chiamarlo “caso” tutto questo? Be’, se la parola destino non vi piace, trovate voi il termine più adatto, non sono certo le parole a rendere importante la vita, casomai sono le conseguenze delle parole, ma su quelle non deteniamo alcun potere. Possiamo solo stare a guardare e attendere. Pag. 9
Lasciare lì il diario significava regalargli un destino non solo di cosa, di oggetto, ma di barca stipata di parole il cui corso non necessariamente sarebbe stato lineare, però sarebbe stato il suo, o il loro, delle parole, perché le parole sanno sempre dove andare, ma non sempre seguono le strade disegnate da noi. Si costruiscono passo dopo passo il loro percorso secondo tempistiche a noi sconosciute che, tuttavia, ogni volta, le conducono miracolosamente al loro porto sicuro. Pagg. 10-11
Marco Franzoso regala. dopo “Il bambino indaco” e il precedente “L’innocente”, un’altra storia di straordinaria intensità, in cui pagina dopo pagina ci ritroviamo nostro malgrado completamente avviluppati nel racconto di un incontro apparentemente banale, che invece coinvolgerà le vite di molte persone, in modo anche piuttosto drastico.
Alberto e Flavia si incontrano su una panchina al parco «la seconda a destra» dopo la cascatella, di fronte al tiglio che si inchina verso l’acqua e al piccolo albero dalle foglie scure protetto da un cappotto di edera e un cigno nero che nuota.
Un luogo caro ad Alberto, dove ha vissuto moltissimi momenti fondamentali della sua vita, e il destino sembra farlo nuovamente, facendogli incontrare questa giovane donna, bella e fragile, poco dopo aver ricevuto la notizia di avere un tumore incurabile. La notizia lo colpisce con una forza devastante, lo stordisce, lasciandolo, lui che è medico, senza risposte a quelle domande a cui lui stesso si è trovato tante volte a rispondere ai propri pazienti.
E nasce, quasi per caso, un desiderio come di sparire (forse per non pensare)…o piuttosto, di vedere senza esser visto (forse per non dover dare conto a nessuno della direzione che sta per prendere la sua vita, suo malgrado): compra un paio di occhiali scuri e un bastone da cieco e va a sedersi su quella panchina, sicuro di non essere disturbato.
Al contrario, arriva Flavia che pezzo per pezzo distrugge le sue resistenze, raccontandogli di sé stessa, fra timidezze, insicurezze, dolori, lacrime e sorrisi, che lei crede lui non possa vedere, mentre invece Alberto vede eccome, e si imprimono nel suo cuore, assieme ai rumori, agli odori, ai gesti di Flavia, come quello di girare con la mano i capelli dietro l’orecchio.
Giorno per giorno, la panchina diventa il loro “luogo” di appuntamento, ogni mattina alle 11, la loro “casa”, dove si aprono l’uno all’altra, e si innamorano. La storia però non finirà lì e regalerà molti momenti di tensione emotiva e colpi di scena.
Un romanzo, dunque, che sotto l’apparente tranquillità di innocui incontri quotidiani al parco, sa dosare la tensione narrativa, i dialoghi, gli accadimenti e tenere il lettore incollato fino alla fine.
E ancora una volta, così come ne “L’innocente”, costringe ad interrogarsi sulla terribile (se vogliamo) importanza delle parole.
A cura di Sara Zanferrari
Marco Franzoso
Marco Franzoso è nato nel 1965. Dai suoi romanzi (Tu non sai cos’è l’amore, Westwood dee-jay) sono stati realizzati spettacoli teatrali. Da Il bambino indaco (Einaudi, 2012) Saverio Costanzo ha realizzato il film Hungry Hearts, interpretato da Alba Rohrwacher e Adam Driver (entrambi premiati con la coppa Volpi al festival di Venezia del 2014). Nel 2014 esce sempre per Einaudi il romanzo Gli invincibili. Nel 2015, per l’editore Rizzoli, esce il romanzo Mi piace camminare sui tetti, nelle intenzioni dell’autore, primo volume di una “saga”. Nel 2018 viene pubblicato L’innocente (Ed. Mondadori), vincitore nel 2019 del Premio Mondello. Lo stesso romanzo è stato recentemente opzionato per la realizzazione dell’omonimo film. Il suo più recente romanzo, L’innocente, è uscito per Mondadori nel 2018 e ha vinto il premio Mondello 2019.
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